Dibattito sul “complottismo”

Pubblichiamo di seguito un intervento di Valerio Bruschini sul complottismo, in risposta all’articolo dal titolo Arcana Mundi di Moreno Pasquinelli.
In fondo al pezzo di Bruschini potrete leggere un commento di Pasquinelli.

Complotto o comp-lotto
di Valerio Bruschini

1) Il titolo è un tentativo di sintetizzare, scherzosamente, una delle preoccupazioni di fondo di Moreno: la concezione complottista della Storia ha tra le sue conseguenze quella di indurre le masse e/o le avanguardie, come si diceva un tempo e fors’anche adesso, a non lottare e, prima ancora, ad avere una concezione della Storia stessa senz’altro errata ed in forte contrasto con quella marxista.
Naturalmente, non nego che il testo del Circolo pisano del PRC, da cui Moreno prende le mosse, sia per un  verso indifendibile e, per l’altro, patetico.

Tra l’altro, a me risulta che Mussolini abbia fatto varare, il 19 Maggio 1925 dalla Camera ed il 20 Novembre 1925 dal Senato, una legge, che, di fatto, portò allo scioglimento della Massoneria italiana [1], pur se è vero che, nel Partito Nazionale Fascista, vi fossero stati e vi fossero molti Massoni.
Naturalmente, non condivido la tesi che TUTTO, ciò che di storicamente determinante avviene, dipenda dall’occulta azione di segrete organizzazioni delle più diverse nature ed ancor meno l’invito, esplicito o implicito, alla non mobilitazione politica e sindacale. Nello stesso tempo,  ho l’impressione che Moreno, con l’acqua sporca del complottismo, getti via pure il bambino rappresentato dalla politicamente dovuta attenzione ad uno dei modi, non l’unico, di operare della classe dominante internazionale, e che, così, cada nell’eccesso opposto; cercherò, ora, di illustrare, rifuggendo da ogni “occultismo”, il mio punto di vista.

2) In primo luogo, va fatta chiarezza sul piano terminologico: – come è noto, complotto  significa: “… congiura, cospirazione, intrigo…” [2].
Pertanto, affermare di essere  complottisti o anticomplottisti significa accettare il lessico e, conseguentemente, la concezione del mondo prediletto/a non solo dagli araldi del complottismo stesso, ma anche dagli apologeti del Capitalismo.
I primi, infatti, come Moreno ha già messo in risalto, tendono a vedere in ogni evento significativo il risultato di una congiura, ordita da gruppi ristretti di intriganti cospiratori. Naturalmente, messe così le cose, i secondi, nei giornali e negli altri mass media, hanno buon gioco a ridicolizzare, non senza buone ragioni, i primi.
Non è, però, questo lo scopo principale di queste polemiche, poiché essi si prefiggono essenzialmente, in massima parte riuscendovi, di tranquillizzare la pubblica opinione, che è il vero bersaglio grosso a cui mirano, sul fatto che gli infinitamente democratici e sovrani governi del Libero Occidente non prendono ordini da nessuno, se non dal popolo, che, quindi, è il vero sovrano, che fanno tutto alla luce del Sole, cosicché tutto quello che c’è da sapere,  in campo economico, politico e militare, coincide perfettamente con quello che, ogni giorno, narrano i giornali ed i telegiornali, che, tra l’altro, “qui da noi” sono tanti e così “diversi” tra loro che, per forza di cose, devono esser veritieri; pertanto, non solo non vi sono ridicoli complotti, ma neppure progetti e piani da parte di nessuno.
Ammetto che, nei giorni di festa, nel corso dei quali mi fa piacere indossare il vestito del cittadino consapevole e “condecisore” del destino del proprio Paese, nonché del Mondo Libero, mi piace molto immaginarmi che Soros, Obama e Putin [3] si siano alzati senza avere né un progetto, né un piano di alcun tipo.
Ammetto che questo mi rende euforico, anche perché mi sento, non solo loro pari, ma anche un “tantino di più”, visto che io, magari, ho in mente di andare a visitare una località o, per lo meno, di andare a fare una partita a Scopone al bar, ovvero ho un progetto.

3) Scherzi a parte, voglio dire che i detentori del potere reale non solo hanno dei piani, ma anche, e comprensibilmente,  che fanno di tutto perché questi non siano conosciuti né dai loro avversari, né dalla cosiddetta pubblica opinione ed ancor meno da coloro che ne saranno le vittime, anche perché i loro progetti, dalla vampirizzazione economica del Terzo e del Quarto Mondo, all’impiego delle “bombe umanitarie ed intelligenti”, sono altrettanti crimini contro l’Umanità.
Il fatto che questi veri e propri Dracula siano ossequiati e si vedano attribuire i Nobel della pace, invece di essere trascinati davanti ad un autentico Tribunale internazionale dipende esclusivamente, come noi ben sappiamo, dai rapporti di forza.
Pertanto, una delle condizioni del successo è, come minimo, che i piani vengano conosciuti solo a giochi fatti, quando i buoi sono stati fatti uscire dalla stalla, come si suol dire.
A titolo puramente esemplificativo: l’invasione dell’Iraq è avvenuta nel 2003; Tony Blair è chiamato a risponderne, si fa per dire, solo in questo Gennaio 2010; nel frattempo, a prescindere, per un attimo, dagli incalcolabili costi umani per gli Iracheni, grazie a quell’aggressione gli Statunitensi si trovano, sia pur non del tutto a loro agio, in un Paese, che è tra i principali produttori di petrolio.

4) Inoltre, a mio avviso, proprio nella nostra epoca, i Macellai delle Borse e delle varie Case Bianche hanno maggior bisogno, che non nel passato, sia di nascondere , per quanto possibile, i loro reali scopi, sia di imbellettarli il più possibile, per rendere le loro azioni digeribili dagli stomaci, in qualche maniera più sensibili, dei loro stessi concittadini; altrimenti non si spiegherebbe il fiorire di espressioni, che fanno a pugni persino con la logica e di cui la “guerra umanitaria” è solo la più in sintonia con la nota frase di Orwell: “ La guerra è pace” [4].
Sicuramente, nessun attuale governante dell’Occidente potrebbe  più esprimersi come fece un noto uomo politico, nel 1920, quando: “ … la rivolta araba … ebbe come principale campo d’azione il territorio del Medio Eufrate, con i centri spirituali di Karbala e di Nagiaf.
Nello stesso periodo ci fu la sollevazione nell’area di Kirkuk e i britannici per reprimere le rivolte usarono ogni mezzo comprese le armi chimiche. L’allora ministro delle Colonie Winston Churchill era molto sensibile al costo di questi conflitti per cui sollecitò lo sfruttamento della moderna tecnologia come strumento di controllo coloniale: “Non comprendo questa schizzinosità sull’uso dei gas. Sostengo con forza l’uso di gas venefici contro tribù incivili” [5]”.

5) A questo bisogna aggiungere altri due elementi.

A) Nessuno meglio dei  veri decisori economici e politici conosce quanta miseria materiale e morale venga seminata ogni giorno nel mondo e come essa cresca rigogliosa. Le stesse statistiche elaborate, annualmente e “molto coscienziosamente”, dai cosiddetti organismi internazionali dicono perfino a noi comuni mortali che il divario tra l’Africa ed i Paesi ricchi, negli ultimi 50 anni, è aumentato, così come quello tra i Paperoni ed i poveri diavoli nell’opulento Occidente, a dispetto di tutte le litanie, che vengono ritualmente salmodiate, ad uso e consumo dei mass media, nei vertici internazionali.
Penso che non sia complottismo supporre che i decisori di cui sopra dispongano pure di altre più approfondite ed elaborate analisi; in ogni caso, già i dati a tutti noti sono loro più che sufficienti, per comprendere che, per lo meno potenzialmente, “il ghiaccio è sottile”, come recitava la copertina di una rivista dell’Autonomia Operaia di qualche decennio fa.

B) Inoltre, a mio avviso, i decisori sono molto più materialisti, magari non storici, di noi, cosicché tengono in grande considerazione il fatto che gli straccioni, gli sfruttati, gli, a torto o a ragione, insoddisfatti sono un numero elevatissimo e di per sé preoccupante; è vero che sono assolutamente disorganizzati e “senza più ideali, né bandiere”; è altrettanto vero, però, che pure una ciurma affamata, assetata e, per soprammercato, pure angariata può ribellarsi ed impiccare gli ufficiali agli alberi della nave.
Certo, poi, questa ciurma, composta da analfabeti di nautica, non saprebbe governare la nave e farebbe infallibilmente naufragio; ma i decisori sono … materialisti e non credono alla vita eterna, cosicché non sanno che farsene di questa postuma soddisfazione e preferiscono di gran lunga risparmiarsi la sottile emozione di scrutare l’orizzonte dondolando dal più alto albero della nave.
Bene, io penso che, molto comprensibilmente, i Signori della (bella) vita (propria) e della (altrui) morte non spasimino di svelare al colto pubblico ed all’inclita guarnigione, come si diceva nell’Ottocento, i progetti con cui intendono perpetuare il loro dominio, anche perché uno dei piani principali prevede la prosecuzione, fors’anche l’intensificazione, di quello che io definisco terrorismo economico con cui tenere soggiogati sia i miserabili della sterminata ( nel doppio senso del termine) periferia del “mondo civilizzato”, sia i “poveri di lusso” di casa propria.
Dall’alto del loro effettivo materialismo, essi sanno ed applicano benissimo l’aureo principio della scienza economica, che, peraltro, conosceva pure la mia nonna paterna: “Quando hai problemi a mettere insieme il pranzo con la cena, non hai tanti grilli per la testa”.
In tempi più recenti, un Compagno, appartenente a quella specie in via d’estinzione degli operai politicizzati, per spiegarmi perché, da un po’ di tempo, non prendeva più parte alle iniziative, mi ha detto: “Vale’, con 1200 Euro al mese, una moglie che non lavora e due figli che vanno a scuola, devo fare  un secondo lavoro e così non mi rimane più il tempo per niente; io mi rendo conto che, così, ci hanno assomarato, ma al momento non ci posso fare niente (traduzione, ammesso che ce ne sia bisogno: ci costringono a lavorare come i somari, con carichi sempre più pesanti e con i paraocchi, perché, anche volendo, non abbiamo più il tempo né per interessarci di quello che succede, né per partecipare a qualcosa).
Naturalmente, questa non è LA spiegazione della mancanza di mobilitazioni e di lotte perfino durante una crisi come l’attuale, ma una parte della spiegazione sì.

6) Moreno conclude il suo scritto, citando l’attentato di Sarajevo e sostenendo che il rango da questo avuto nello scoppio della Prima Guerra Mondiale sia stato prossimo al nulla.
Ora, è chiaro che quella guerra è stata partorita dai contrasti economici tra  il capitalismo tedesco e quello anglofrancese [6], che avevano reso la situazione talmente gravida di conflitti da rendere inevitabile, prima o poi, la resa dei conti armi alla mano.
Pertanto, si può prescindere dal rango attribuibile all’attentato di Sarajevo, mentre la preparazione e la realizzazione dello stesso si presta molto bene all’illustrazione della mia concezione.
Infatti, una parte della classe dirigente serba, quella che si riconosceva nell’associazione militare segreta “Unione o morte” o “Mano nera”, che dir si voglia, fornì armi e denaro ai giovani studenti bosniaci, che parteciparono all’attentato, ovviamente senza fare annunci nei giornali; così come  Nikola Pasic, Capo del Governo serbo e rappresentante di un’altra componente della classe dominante, avvertì, ma in via non ufficiale, il governo austroungarico del pericolo gravante su Francesco Ferdinando, poiché aveva un progetto politico diverso da quello del Colonnello Dragutin Apis, capo dell’”Unione o morte”.
Come ormai è noto, l’attentato, sia pure non al primo tentativo, riuscì, anche perché una parte della classe dirigente austroungarica, essendo contraria al progetto politico di Francesco Ferdinando, invece di accrescere la sorveglianza della polizia a Sarajevo in quel giorno cruciale, l’allentò, ovviamente guardandosi bene dal pubblicizzare questa sua decisione, sia allora che successivamente.
Tra l’altro, coloro che si liberarono, in questo modo del, per loro, pericoloso erede al trono, dimostrarono che, a volte, non è necessario agire in prima persona, ma è sufficiente lasciar fare ad altri.
Venendo a tempi a noi decisamente più vicini, è sufficientemente assodato che l’essenziale dell’operazione “Mani Pulite” fu decisa, a bordo della nave “Britannia”, da quella parte della classe dirigente, si fa per dire, italiana, che aveva deciso di rottamare un ceto politico ormai inutile ed impresentabile nei ”salotti buoni” della finanza internazionale, per sostituirlo con quello ruspante dell’allora PDS, che aveva fatto il voto di officiare tutti i riti richiesti dal Moloch/Dio del Capitale.
Questa ricostruzione è accettata pure dagli anticomplottisti, per lo meno alcuni di mia conoscenza, solo che a loro avviso questo dimostra l’inefficacia dei complotti, anche quando vengono effettivamente orditi, visto che il “Britannia” ha fatto un esemplare naufragio, poiché il beneficiario ultimo di tutta l’operazione è stato un tale Silvio Berlusconi, che non solo non era stato previsto, ma che ha impresso un’altra direzione al vascello Italia.
A mio avviso, il ragionamento è valido, ma a condizione che si creda che Forza Italia sia nata, quale novella Minerva, dalla testa di Berlusconi in una mattina della Primavera del 1994.
Invece, se si suppone che, mentre la cosiddetta Prima Repubblica andava in frantumi, un’altra parte della classe dominante stesse elaborando un altro progetto [7], naturalmente e comprensibilmente senza pubblicizzarlo, si può delineare un ragionevole scenario: nelle elezioni del 1994, si sono scontrati due schieramenti, ognuno dei quali dotato di un progetto di dominio, nonché di adeguate coperture internazionali, indispensabili per chiunque voglia governare in una provincia dell’Impero, cosicché, come avrebbe detto il profondo La Palice, uno ha vinto, mentre l’altro ha perso.
Nello stesso decennio, la Jugoslavia veniva sapientemente smembrata: se escludiamo che questo sia stato il frutto di un progetto elaborato dal Capitalismo internazionale, ovviamente tenuto segreto, non ci rimane che attribuire il suddetto smembramento a delle resuscitate Baccanti [8].

L’elenco potrebbe continuare, ma penso che il concetto di fondo sia chiaro: aderire allo schema complottismo-anticomplottismo, sparando ad alzo zero contro il complottismo, comporta, sia pur con le migliori intenzioni, il lasciare, come si diceva un tempo, i Compagni, soprattutto i giovani, concettualmente disarmati di fronte alle strategie, di volta in volta, messe in campo dalla classe dominante, che, sicuramente, non procede a tentoni e neppure per tentativi.

7) Infine: i “complotti” non determinano gli eventi e non trasformano in oro il vile metallo, ovvero non rovesciano le dinamiche economico-sociali, ma producono un qualche effetto, per lo meno nell’immediato; mi spiegherò con un paio di esempi.

A) Il colpo di Stato di Pinochet, che, nel 1973, sulla base del progetto elaborato per ordine di Nixon e di Kissinger, abbatté il governo di Salvador Allende, non trasformò, forse, il Cile in un terreno di caccia  per le multinazionali ed in un laboratorio in cui furono integralmente messe in pratica le teorie ultraliberiste di quel ”criminale di pace” di Milton Friedman?
Inoltre, non venne sterminata un’intera generazione di militanti politici e sindacali delle più diverse tendenze politiche? E, come dice  quell’aureo assunto politologico: “Pure quest’ultimo risultato niente non è”.

B) Nell’Ottobre 1987, venne ucciso Thomas Sankara a seguito di un colpo di Stato, orchestrato da Blaise Compaoré, “ … legato al presidente ivoriano filofrancese Houphouet-Boigny” [9].
“ Questa versione è stata confermata da altri testimoni liberiani, che parlano del coinvolgimento anche dei servizi segreti francesi e della Central Intelligence Agency (Cia)” [10].
In questo modo, il Burkina Faso è ripiombato in quella miseria ed in quella dipendenza dall’estero, da cui Sankara lo aveva, tra mille difficoltà, fatto uscire: “ In effetti Sankara portava il suo paese su una strada rivoluzionaria, i cui primi successi avrebbero potuto destabilizzare tutta la zona francofona” [11].

Per chiudere con una nota lieta, si può parafrasare una vecchia canzone: “E tu chiamalo piano, se vuoi,  se non vuoi chiamarlo complotto …”.

NOTE

[1] Questa complessa problematica può essere approfondita in: Storia della Massoneria italiana Dalle origini ai nostri giorni, di Aldo A. Mola, Bompiani, Milano, 1994; in particolare: Parte Terza, pp. 389 – 671.

[2] Complotto …, Il grande dizionario Garzanti della lingua italiana, p.549, Garzanti, Milano, 2008.

[3] Naturalmente,  ho scelto questi tre personaggi, perché indicano la categoria a cui mi riferisco, quella che potremmo chiamare dei Decisori economici e politici, non perché la esauriscano; altrettanto naturalmente, non attribuisco loro un potere infinito, anche perché quello di uno limita quello dell’altro; tuttavia, non mi sembra eccessivo immaginarli come detentori di un potere superiore a quello dei comuni mortali.

[4] Orwell George, 1984, p. 27, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1980.

[5] Galletti Mirella, Storia dei Curdi, p. 194, JOUVENCE Editoriale, Roma, 2004.

[6] Sul groviglio di contrasti intercapitalistici, sui reali moventi economici e politici, che condussero alla Prima Guerra Mondiale, nonché sulla complessa dinamica dell’attentato di Sarajevo, si rimanda
alla magistrale sintesi, in: Storia e coscienza storica, volume 3, pp.495 – 503, Bontempelli – Bruni, Trevisini Editore, 1983.

[7] Sulla progettazione e la nascita del Partito di Berlusconi, non è sicuramente la documentazione che manca; l’ultimo libro al riguardo da me letto è stato: L’odore dei soldi, Elio Veltri – Marco Travaglio, Editori Riuniti, Roma, 2006; particolarmente interessanti sono le pagine72 – 89.

[8] Erano le donne seguaci di Bacco; secondo il mito, fecero a pezzi il re di Tebe, Penteo, che voleva imprigionarle ed era contrario alla introduzione del culto di Dioniso/Bacco.

[9] Aruffo Alessandro, Sankara, p.108, Massari editore, Bolsena, 2007.

[10] Jaffré Bruno, Le ombre del Burkina Faso, in: Le Monde Diplomatique, p.17, Gennaio 2010.

[11] Ibidem.

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Commento di Moreno Pasquinelli  alla critica di Valerio Bruschini sul “complottismo”

La mordace critica di Valerio Bruschini sul tema del “complottismo” si presta ad alcune schematiche considerazioni. La prima, ad evitare un equivoco, che ogni polemica spesso porta con se. Esistono i complotti? Ma certo che esistono? Non c’è da scomodare il grande Macchiavelli per comprendere che la lotta politica, tanto più se essa decide chi debba salire al potere, implica un’alta dose di astuzia come pure il nascondimento all’avversario delle proprie mosse, siano esse tattiche o strategiche. La dissonanza con Valerio, molto di più coi “complottisti di ferro”, non consiste nel fatto che forze in lotta tra loro concepiscano e pongano in essere complotti, quanto nel rango che essi occupano nella scala dei fattori sociali e politici. Figurarsi se l’assassinio di Cesare da parte di Bruto non abbia avuto un posto nella storia di Roma o, per venire all’era nostra, l’eliminazione di Allende in Cile.
Anche i bolscevichi, tanto per fare un esempio a noi caro, dal momento in cui decisero si sferrare il colpo finale al governo Kerensky, si guardarono bene dal rendere noti ai nemici (e agli alleati incerti), le modalità e i tempi dell’attacco al Palazzo d’Inverno. In un certo senso, stando al Grande dizionario Garzanti che cita Valerio, i bolscevichi ordirono una “… congiura, cospirazione, un intrigo…”. Dal che Curzio Malaparte scrisse il noto libro “Tecnica del colpo di Stato”, descrivendo appunto la rivoluzione russa come un “colpo di stato  perfetto”, considerato perfetto per il “piccolo particolare” che la congiura bolscevica non fu carbonara ma accompagnata dalla mobilitazione popolare, da qualche centinaio di migliaia di soldati armati e dai Soviet. Dove sta il problema? Che da buon complottista Malaparte invertiva l’ordine dei fattori, mettendo in risalto l’elemento esoterico e congiuratorio e considerando del tutto secondari fattori macroscopici quali la guerra mondiale, il disfacimento dello Stato russo, la mobilitazione delle masse, il contropotere operaio e contadino,  la forza straripante del partito di Lenin, ecc.
In politica non è vero che cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. Cambia eccome!
Questo ci consente di giungere alla seconda considerazione. La differenza che passa tra chi come noi ammette il complotto e la congiura come tecniche (subordinate) della lotta politica e i “complottisti”, è la stessa che passa, ad esempio, tra chi ritiene fondamantali i fattori economici nello spiegare l’evoluzione sociale, e gli “economicisti”, ovvero coloro i quali fanno dipendere tutto dalle “leggi economiche”, e che dunque ritengono che la politica sia solo una mera ideologia atta al massimo ad abbindolare le masse, e che la coscienza non giuochi che un ruolo del tutto secondario nello spiegare i conflitti sociali.
Una caratteristica del “complottismo”, tanto per stare all’analogia di cui sopra, è appunto quella di essere l’antitesi speculare dell’economicismo: se quest’ultimo è una forma brutale di oggettivismo, il “complottismo” è una bieca forma di soggettivismo, per cui fattori come leggi sociali ed economiche, crisi generali, tendenze storiche obiettive, nella gerarchia dei fattori, sono meno decisive dell’azione cospirativa di questa o quella confraternita massonica di potere. Infatti quand’è che i complotti (cioè determinate azioni politiche o anche finanziarie cospirative) vanno in porto? Solo dal momento che adempiono agli interessi di grandi apparati statuali, politici o economici; solo dal momento che assecondano le tendenze dominanti e tengono conto di dati rapporti di forza. I complotti falliscono infatti non solo quando siano maldestramente organizzati, quando abbiano mal calcolato i rapporti oggettivi di forza tra i soggetti in campo, ma quando pretendono di farsi gioco delle “leggi” e della obiettive tendenze storiche, invertendo la causa con l’effetto. Ovvero quando i complottatori, forti delle loro posizioni cruciali nei gangli di questo o quall’apparato statuale o economico, si fanno prendere dal delirio di onnipotenza e sulla base di un’inversione dell’ordine dei fattori, assegnano a se stessi e al loro complotto un ruolo primario, che è invece, qui sta il punto, decisamente secondario.