Un colpo di Stato voluto dalla Francia per tagliare fuori la Cina

Il Niger torna agli onori delle cronache. Questa volta non per la ribellione dei Tuareg, che scuote il paese dal 1991 e che si inasprì nel biennio 2007-2008. Tra la nazioni più instabili dell’Africa occidentale, il Niger ha conosciuto l’ennesimo colpo di stato militare (il quarto dopo quelli del ’74, del ’96 e del ’99). Il 18 febbraio, al comando del colonnello Goukoye Abdur Karimou, l’esercito ha tratto in arresto e quindi rovesciato il presidente (golpista anch’esso) Mamadou Tandja, che a sua volta, il 4 agosto 2009, annullò la costituzione concentrando tutti i poteri nelle sue mani. Decisione che diede vita a grandi manifestazioni di protesta. Ma non è per andare incontro alla domanda di democrazia che i militari hanno cacciato Tandja. Dietro c’è la delicata questione dell’uranio e lo scontro tra Cina e Occidente per accaparrarselo.

I militari golpisti, autodenominatisi Consiglio Supremo per la Restaurazione della Democrazia (CSRD), hanno affidato i poteri presidenziali al generale Abdoulaye Adamou e Goukoye Abdoulkarim, si sono definiti “patrioti” e hanno fatto appello ai cittadini a restarsene a casa, pena la minaccia di arresto. Che i golpisti siano dei “patrioti” è ovviamente aleatorio. I primi a non crederlo sono proprio gli imperialisti occidentali, che hanno formalmente condannato il golpe, ma che dietro le quinte li hanno sponsorizzati e sostenuti.
Il presidente deposto, Mamadou Tandja, non era certo nulla di buono. Un despota corrotto, sempre pronto a vendersi al miglior offerente. Tutto andava quindi benissimo a francesi e americani i quali, cessate le ostilità per l’egemonia in Africa occidentale, con l’arrivo di Sarkozy all’Eliseo, lavorano e depredano di comune accordo. Corruzione a  gogò, bustarelle a destra e a manca, repressione degli antimperialisti, il tutto tra l’indifferenza  delle Nazioni Unite e dei vari organismi internazionali, occupati a metter semmai sotto accusa al-Bashir e concentrati a squartare il Sudan.

Tutto regolare, tra un golpe e un altro, fino a quando, qualche anno fa, il presidente deposto ha appunto deciso di vendersi al miglior offerente. Guarda caso questo miglior offerente si chiama Cina. Tra i paesi più poveri del mondo il Niger possiede grandi miniere di Uranio: si stima che abbia tra le più grandi riserve del pianeta. I francesi, via la grande compagnia Areva, detenevano i diritti d’estrazione, anzitutto della nuova miniera gigante di Imouraren. Ad un certo punto i rapporti tra il  Niger da una parte, e la Francia e gli USA dall’altra, si deteriorano. Il presidente Tandja stipula un contratto coi cinesi, ottenendo un sostanzioso aumento del prezzo dell’Uranio. La francese Areva perde così, dall’oggi al domani, la sua posizione di monopolio.
Apriti cielo!
La Francia, portandosi appresso tutto l’Occidente nonché la stessa Unione Africana, inizia a picconare il suo vecchio proconsole.
In nome di che? Ma ovviamente in nome della democrazia.
Dopo aver sostenuto tutte le malefatte del despota, i francesi iniziano a foraggiare le opposizioni interne a Tandja (a Niamey è un segreto di pulcinella che la francese Areva abbia finanziato lautamente le opposizioni), non solo i Tuareg del nord, dove si trovano le miniere, ma pure i rottami del Coordinamento delle Forze Democratiche della Repubblica (CFDR). Nel tentativo di rovesciare Tandja con le buone, spingono questa opposizione, a boicottare le elezioni svoltesi il 20 ottobre scorso. Fallito questo tentativo era nell’ordine delle cose che ci provassero con le cattive.
Ecco quindi il Colpo di stato del 18 febbraio, organizzato per riportare il Niger all’ovile geopolitico imperialista e tagliare fuori la Cina dall’estrazione dell’uranio. Altro che democrazia!