Quali conclusioni dopo “Tangentopoli 2”?
La Chiesa sta a Gesù Cristo come il capitalismo storicamente realizzato sta ad Adam Smith.
Ma su questo torneremo più avanti. Vorremmo svolgere prima brevi considerazioni sul vero e proprio tsunami di sterco che si sta abbattendo sul nostro paese. Parliamo della “frode tra le più colossali della storia d’Italia” (così la definisce il Gip Aldo Morgigni), ovvero dell’affaire Fastweb-Telecom.
La prudenza di certi commentatori (“non è ancora una seconda tangentopoli”) fa il paio con le patetiche e autoassolutorie dichiarazioni dei Berluscones: “non sono coinvolti i partiti stavolta, ma singoli politici corrotti”. Fatta salva la premessa che dei partiti veri e propri non esistono più da tempo, essendo diventati delle cricche feudali in mano ad autentici capi bastone. Rimosso lo strato d’intonaco, l’affresco che emerge è agghiacciante. Ricorda L’Inferno dipinto da Luca Signorelli al duomo di Orvieto.
Due aziende leader delle Tlc dedite al malaffare. Manager del calibro di Silvio Scaglia (che The Time insignì nel 2003 del titolo di “Global tech guru”) la cui ascesa si spiega proprio perché mago della truffa. Ingenti fondi neri ricavati dalla immane frode fiscale. Collusione consapevole degli istituti di credito (non solo svizzeri). Denaro riciclato grazie alla ‘Ndrangheta. Criminali comuni che fanno da tramite tra alta finanza, politici e alte figure istituzionali. Ex pistoleros fascisti che millantano rapporti con la CIA che fanno da ruffiani tra ‘ndranghetisti, politici e funzionari di polizia. Politici a loro volta eletti grazie all’aiuto determinante di criminali comuni e alla manipolazione delle elezioni. Una montagna di immondizia frammista a lusso sfrenato. I “furbetti del quartierino” ci fanno la figura dei nani.
Questo succintamente il quadro che emerge dal vaso di Pandora aperto dall’inchiesta della Procura di Roma. Uno tsunami appunto, destinato ad avere ripercussioni profonde sul quadro politico e in modo diretto sulle prossime elezioni regionali, che Berlusconi, avventatamente, ha voluto trasformare in un plebiscito: “o con me o contro di me”. Una vera e propria pistola puntata alla tempia dell’italico popolino, un popolino che il Cavaliere megalomane considera ormai un ammasso di servi della gleba rotti a tutto, di sonnambuli disposti ad abboccare ad ogni sua fanfaluca. Questo neo-duce meneghino non dovrebbe dimenticare che se è capo lo è di un popolo levantino, quantomai fulmineo nell’abbandonare il caporione perdente, tanto più se è un capocomico.
Siamo davanti all’ennesimo atto dello sfascio della cosiddetta “seconda Repubblica”, uno sfascio che travolgerà non solo la destra, ma pure la sinistra sistemica, nessuna conventicola esclusa.
Da tempo andiamo dicendo che chi tocca questi lebbrosi muore. Sull’orlo dell’abisso vediamo invece partiti e partitini fare a gara per affiancarsi ai due blocchi bipolari per strappare qualche regalia, qualche posto di consigliere o di assessore, o di presidente della municipalizzata (giù giù fino all’ultimo usciere del Palazzo). La bagarre politica diventata un mezzo per la scalata sociale. Kafkiano tentativo di risurrezione quello dei sinistrati, visto che si erano già suicidati prima nel prodismo poi nell’Arcobaleno.
Altri, in fondo a sinistra, si stanno dimenando per raccogliere firme e presentare liste. Come Tersite sotto le mura di Troia. Errore fatale l’elezionismo. Che senso ha partecipare ad una gara truccata? Con sbarramenti elettorali capestro, con una censura sistemica chiamata “par condicio”, sapendo che la competizione implica l’investimento di un mucchio di quattrini per cui solo i potenti e la malavita hanno chance di essere ascoltati. Che senso ha concorrere a delle elezioni sapendo che siamo in un regime plutocratico e delittuoso e che appunto utilizza le urne per spacciarsi come democratico? Che senso ha, mentre cresce la quota di cittadini che si sta distaccando da questi furfanti, andare in direzione contraria, contribuendo a dare credibilità alla truffa elettorale?
Da tempo andiamo dicendo che la sola cosa che resta a tutti coloro che non si sono mai sporcati le mani con questo sistema putrescente è l’esodo dalla rappresentazione elettorale, rafforzare e non indebolire l’Aventino popolare, la fuga dalle urne.
Non siamo in America, oltre una certa soglia l’astensione lascerebbe il sistema in mutande. Tanto più ci lascerebbe il populismo che ci ripete fino alla nausea che la sua forza viene dal mandato ricevuto dagli elettori. Meno elettori, meno voti, meno populismo, uguale fine della seconda repubblica.
In questo letamaio la disobbedienza civile è il solo mezzo che ci resta, solo la disobbedienza insegna al popolo a riacquistare la dignità perduta. E solo un popolo che abbia riconquistato la dignità può fare una rivoluzione.
La crisi italiana si iscrive in quella economico-sistemica del capitalismo occidentale. Della prima sappiamo che tra le sue cause non secondarie c’è la crescita abnorme del malaffare e dell’aggiotaggio come modus operandi del turbo-capitalismo. Il capitalismo giunto al massimo grado di finanziarizzazione si configura come un vero e proprio capitalismo-truffa.
Povero Smith!
Padre solo putativo del capitalismo, senz’altro si vergognerebbe della fine che ha fatto il suo figlio bastardo. Smith aveva posto la domanda di beni a fondamento dell’economia, in quanto essa metteva in moto la produzione. La “mano invisibile” del mercato avrebbe poi fatto sì che la quantità complessiva di tutte le merci sarebbe corrisposta alla domanda e determinato l’equilibrio complessivo. Di qui la formazione dei prezzi. Ma egli precisava di intendere la “domanda effettiva”, ovvero solvibile. Distingueva infatti la “effettiva” dalla “domanda assoluta”, ovvero non sostenuta da una reale capacità d’acquisto.
Senza scomodare Marx, proprio Smith ci da quindi una chiave per capire una delle ragioni del disastro sistemico. Che, a partire dagli USA, pur di pompare all’infinito il meccanismo della produzione (inceppato da una crisi di sovrapproduzione globale e dalla curva discendente del potere d’acquisto dei salari), il sistema finanziario globale, banche centrali comprese, hanno artificialmente gonfiato e a dismisura la domanda assoluta (stampando carta moneta, abbassando quasi a zero i tassi d’interesse, elargendo prestiti facili e mutui subprime) rivelatasi poi in gran parte non solvibile. Come derivato di questo andazzo la crescita abnorme del malaffare e delle truffe finanziarie.
E’ qui che, volendo trovare la causa di questo harakiri, Marx ci giunge in soccorso, ovvero la caduta del saggio di profitto, ciò che misura il grado di valorizzazione del Capitale, la molla e il telos che quando si spezza determina il passaggio dalla ciclica crisi di sovrapproduzione alla depressione vera e propria, alla distruzione immane di forze produttive senza la quale nessuno rilancio del ciclo è possibile.
Tornando all’Italia: la depressione economica, monta sulle spalle di una crisi che era già sociale, istituzionale e morale. Nonostante il degrado politico, istituzionale e morale gli italiani non hanno fiatato per lungo tempo. Non l’hanno fatto perché hanno barattato la dignità col benessere, perché hanno consegnato la loro anima al diavolo del consumismo. La depressione che attanaglia il capitalismo occidentale, intonando il de profundis della prosperità a buon mercato, smascherando il biscazziere, obbliga i giocatori a risvegliarsi dal sortilegio, e presentare il conto.
Non è automatico che la rivolta per il presente diventi una rivoluzione per il futuro. Che la protesta dei dominati contro i dominanti diventi una lotta per fuoriuscire dal capitalismo. Ma non c’è rivoluzione che non sia stata annunciata dalla rivolta generale.
Perché parliamo di rivoluzione democratica? Rivoluzione: perché nessun cambiamento profondo, nessuna trasformazione, sarà possibile in questo paese senza una rottura radicale, senza mettere mano alle fondamenta sociali, morali e politiche.
Democratica: perché deve coinvolgere la maggioranza del popolo, che con le buone maniere, o con quelle cattive, obbligherà i dominanti falliti a farsi da parte.