Sorprendente il commento di Valentino Parlato (il manifesto di giovedì 18 marzo) all’intervento di Tremonti in Parlamento.

Dare addosso al Ministro dell’economia è senz’altro doveroso, ma Parlato l’ha fatto usando gli argomenti di Strauss-Khan e Mario Draghi impegnati nelle stesse ore a spiegare i loro punti di vista innanzi al Parlamento europeo di Strasburgo.

E’ notorio che Tremonti, il “colbertista”, non abbia a simpatia la globalizzazione e i banchieri (vedi il suo libro “La speranza e la paura”), mentre gli altri due ne sono i portabandiera e i paladini. Solo per questo risulta quantomeno bizzarro, per non dire maldestro, che un quotidiano “comunista”, malgrado la panoplia di capi d’accusa “di sinistra” che si potrebbero imputare al ministro di Berlusconi, vada invece a prendere le frecce nella faretra “di destra” di due pesi massimi del capitalismo globalizzato.

Lasciamo stare la tirata d’orecchi a Tremonti per avere definito “apprendisti stregoni” gli architetti della globalizzazione, quali appunto Strauss-Khan e Draghi (che equivale a un’implicita apologia degli stregoni). Ci chiediamo: come altro definirli visto l’esito disastroso della globalizzazione medesima?

Stucchevoli, ruffiane e gravi politicamente ci paiono le affermazioni successive. Sentite la rampogna rivolta al Ministro:

«Tremonti ha ignorato che questa crisi necessita di riforme strutturali e che aspettare, tentando piccoli rimedi aggrava il male, quasi come curare con l’aspirina un malato di polmonite.
Tremonti ha cercato di dissolvere la crisi italiana in quella internazionale, evitando di mettere a fuoco lo specifico della crisi italiana, che è cominciata da una decina d’anni con il rischio che se e quando l’economia mondiale riprenderà il suo passo, l’Italia continuerà a stare per terra. L’Italia stretta da una crisi economica che richiede investimenti di sostegno e da un debito pubblico, che li ostacola. Siamo vicini a un rischio Grecia.
La produttività è ferma o in calo da una decina d’anni e senza crescita della produttività le imprese e l’intera economia non sono competitive. Salvo l’Enel e l’Eni non ci sono più grandi imprese (questo governo non ha certo il coraggio di fare un nuovo Iri) e le piccole imprese, anche il ricco nordest, producono anche suicidi».

Argomenti presi in prestito dall’armamentario della Confindustria. Parole e concetti che ci farebbero una bella figura su Il Sole 24 Ore. E che invece erano sulla prima pagina de il manifesto. Non avessimo anticipato l’autore,  ci sarebbe piaciuto fare un indovinello del tipo: “Di chi sono queste affermazioni? Della Marcegaglia, di Draghi, di Ferruccio De Bortoli o di Mario Monti?” 
Siamo sicuri che il lettore si sarebbe trovato in ambascia, non sapendo decidere su chi mettere la crocetta. Il bello è appunto che su chiunque l’avesse messa egli si sarebbe sbagliato. L’autore è uno dei padri fondatori della “sinistra rivoluzionaria”, che da “eretica” è diventata ortodossa praticante, ma non del credo fondato da Carlo Marx, e nemmeno di quello di A. Smith, bensì di quello …di druidi come Draghi che sono stati alla guida, non dei Soviet, ma della Banca mondiale e della Goldman Sachs e che in Italia ha co-pilotato (sotto l’egida politica di Prodi-D’Alema-Amato) la più colossale ondata di privatizzazioni della storia.

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Leggere per credere

il manifesto EDITORIALE  di Valentino Parlato

LA CRISI RADDOPPIA
 
Il tempo, questa volta, ha giocato proprio un brutto scherzo al ministro Giulio Tremonti. Nello stesso giorno in cui gli è toccato difendere in Parlamento il governo Berlusconi, da Bruxelles arrivavano autorevoli messaggi che smentivano il suo dire. Il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, denunciava pesantemente le difficoltà e la fragilità dell’economia italiana nell’attuale crisi. Contemporaneamente, e sempre da Bruxelles, il direttore del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn, affermava che nell’attuale crisi il ritardo delle necessarie riforme avrebbe potuto dare sbocco a «rivolte sociali». Vale ricordare che Tremonti, in Parlamento, ha definito «apprendista stregone», chi in Italia avvertiva il medesimo pericolo. Dare dell’«apprendista stregone» a Strauss-Kahn appare quanto meno improprio e autolesionista.
Il fatto è che ieri, in Parlamento, il ministro Giulio Tremonti, con una puntigliosa e minimalista difesa dell’operato del governo Berlusconi, ha eluso del tutto il problema della gravità e pericolosità della crisi, che non è cominciata ieri e che di questo passo rischia di durare per altri quattro o cinque anni. Tremonti ha ignorato che questa crisi necessita di riforme strutturali e che aspettare, tentando piccoli rimedi aggrava il male, quasi come curare con l’aspirina un malato di polmonite.
Tremonti ha cercato di dissolvere la crisi italiana in quella internazionale, evitando di mettere a fuoco lo specifico della crisi italiana, che è cominciata da una decina d’anni con il rischio che se e quando l’economia mondiale riprenderà il suo passo, l’Italia continuerà a stare per terra. L’Italia stretta da una crisi economica che richiede investimenti di sostegno e da un debito pubblico, che li ostacola. Siamo vicini a un rischio Grecia.
La produttività è ferma o in calo da una decina d’anni e senza crescita della produttività le imprese e l’intera economia non sono competitive. Salvo l’Enel e l’Eni non ci sono più grandi imprese (questo governo non ha certo il coraggio di fare un nuovo Iri) e le piccole imprese, anche il ricco nordest, producono anche suicidi. C’è la disoccupazione, ma molto numerose sono le ore non lavorate, annunciano altri incrementi di disoccupazione e miseria. L’avvertimento di Strauss-Kahn è fondato e pesante, soprattutto per il nostro paese. La disoccupazione indebolisce il sindacato e le sue lotte democratiche: si apre così uno spazio pericoloso per la rabbia e la repressione autoritaria.
Ha detto bene Bersani. Dopo tanto rumore su processi brevi, intercettazioni e via dicendo, finalmente in Parlamento (con l’ovvia assenza del presidente del consiglio) è stato messo in discussione un problema serio e grave, «ma il governo è venuto in aula a mani vuote».
In effetti Tremonti ha fatto il conto delle cosette fatte, ma non all’altezza della gravità della crisi.

da http://sollevazione.blogspot.com/