L’incredibile «Comitato per l’islam italiano» e l’obiettivo dell’«imam di Stato»
Il Ministero dell’Interno ha istituito il Comitato per l’islam italiano. Tra i suoi esperti, accanto a nomi autorevoli, spiccano anche alcuni noti fan di Oriana Fallaci, decisamente ostili al mondo musulmano.
Nel bene o nel male, il governo italiano riapre il dossier «Islam in Italia». Un nuovo organo consultivo, battezzato «Comitato per l’islam italiano», è stato istituito all’inizio di febbraio scorso dal ministro dell’Interno Roberto Maroni. Il suo compito, secondo una nota del Viminale, sarà quello di esprimere pareri e proposte su temi indicati dal ministro con «l’obiettivo di migliorare l’inserimento sociale e l’integrazione delle comunità musulmane nella società nazionale, anche nell’ottica di sviluppare la coesione e la condivisione di valori e diritti nel rispetto della Costituzione e delle leggi della Repubblica».I temi che stanno a cuore – si fa per dire – a Maroni sono in sostanza due: moschee/imam e velo islamico. Il neo comitato, che dovrà fornire delle indicazioni su questi delicati argomenti, è composto da 19 membri.
Che cosa contraddistingue questo Comitato per l’islam italiano dalla Consulta islamica creata da Pisanu nel 2005, confermata da Amato e poi affossata da Maroni stesso?
Un primo elemento che differenzia i due organi è che la squadra di Maroni, come è stato chiaramente dichiarato, non ha pretese di rappresentatività della complessa comunità islamica in Italia (8 dei 19 membri del comitato sono italiani non musulmani), cosa che per la Consulta (dei 16 musulmani) non era così specificato.
Un secondo elemento è che la Consulta non aveva un mandato preciso – ha cercato di elaborarne uno, ma ha finito per creare quel pasticcio della cosiddetta «Carta dei valori» – mentre il neo comitato avrà un ruolo ben definito: fungere da supporto politico al ministro nelle più che probabili future normative sulla formazione degli imam e sul velo.
Riguardo la prima questione, l’orientamento pare sia quello di conferire al Viminale l’autorità di decidere a chi assegnare la «patente» di imam e, di conseguenza, disporre del controllo totale dei luoghi di culto islamico. Un’azione in piena violazione della Costituzione italiana. La stessa Costituzione che il ministro vuol far rispettare ai musulmani, nel suo articolo 8 afferma che le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti. Maroni invece intende istituire un albo degli imam gestito dallo Stato.
E se così sarà, una data comunità islamica potrà avere qualche chance di avere una sala di preghiera solo se è rappresentata da un imam «benedetto» dal ministro dell’Interno. E chissà, il sermone del venerdì potrebbe anche essere faxato all’imam dal Viminale stesso, proprio come avviene nelle dittature arabe. In sostanza l’orientamento sarà: moschee poche e addomesticate; stessa sorte anche per gli imam.
Quanto alla seconda questione, è evidente che lo scopo principale è quello di creare i presupposti per una legge che vieti il velo integrale – per motivi puramente ideologici – nei luoghi pubblici. In effetti, per la maggioranza attuale (spronata dalla Lega), la preoccupazione principale non è tanto il serio nodo della discriminazione della donna musulmana «burqata», quanto i musulmani stessi, la cui presenza sul territorio italiano rappresenta un problema. C’è da osservare che il comitato chiamato a pronunciarsi su una questione fondamentale quale quella del velo comprende una sola donna, il che fa molto riflettere sulla vera motivazione di una eventuale legge in materia.
In merito alla questione, gli effetti di una simile legge saranno dannosi in primo luogo per le donne che indossano il velo integrale, le quali saranno costrette a rimanere chiuse in casa e quindi ulteriormente isolate; in secondo luogo, una tale normativa potrebbe scatenare una smisurata reazione della comunità islamica e contribuire alla sua radicalizzazione. Ed è proprio quello a cui qualcuno vuole arrivare, ovvero: dimostrare che i musulmani non sono integrabili.
I criteri di scelta dei componenti del Comitato per l’islam italiano sono in perfetta linea con questa tesi. Vediamo allora per sommi capi chi sono i nuovi consulenti del ministro. Alcuni membri – pochi – sono rappresentanti di comunità e di organizzazioni islamiche in Italia, ma tutti «area establishment». L’Ucoii – di cui fa parte un significativo numero di centri islamici – come era prevedibile, è stata esclusa. Altri sono cittadini di origine straniera di cultura islamica – in maggioranza marocchini – anch’essi uomini di corte: uno ha anche vinto nel 2007 il premio Oriana Fallaci (promosso dall’associazione «Una via per Oriana»). Altri ancora, pescati tra gli «esperti», sono dichiaratamente «fallacisti» e islamofobi: Carlo Panella e Andrea Morigi. Panella, per chi non lo sa, è l’autore del libro «Fascismo islamico», in cui afferma che il mondo musulmano è fondamentalmente fascista, anzi nazista! Morigi, giornalista del quotidiano «Libero», è noto per le sue crociate contro i musulmani: egli sostiene che «l’islam vuole la conquista dell’Occidente con il suo cavallo di Troia che è il Corano, da imporre gradualmente ma inesorabilmente anche ai cristiani». Un’altra presenza ambigua all’interno di questo gruppo di lavoro è quella di Massimo Introvigne, membro del direttivo dell’associazione Alleanza Cattolica nella quale milita anche il sottosegretario Mantovano, indirettamente compartecipe nell’istituzione del suddetto comitato. Riguardo alle polemiche sulle moschee, Introvigne ritiene di non aver bisogno di lezioni sulla libertà religiosa né da Fini né da Rosy Bindi e che «si può essere a favore della libertà religiosa ma contro le autorizzazioni indiscriminate a costruire moschee e minareti».
In questo team di Maroni, in effetti, pochi si intendono della questione islamica e del suo collocamento nel quadro della libertà religiosa in Italia. Sono persone sicuramente in grado di dare un serio contributo a far progredire il dibattito sull’integrazione dell’islam in Italia. Ma i presupposti di questa operazione del Viminale lasciano supporre che essi non avranno voce in capitolo e che in realtà le loro serietà e competenze servono solo per non far sembrare poco credibile e poco competente il neo comitato per l’islam italiano.
Mostafa El Ayoubi
da www.confronti.net