L’astensione, il successo dei “grillini” e la tenuta di Berlusconi

Commentando a caldo il dato sull’astensione ieri scrivevamo:
«L’astensionismo di massa è dunque il dato più eclatante, il fatto topico di questa tornata. Certo, a partire da questa sera assisteremo al solito spettacolo per cui i predoni, i ladri del voto, gli abusivi delle istituzioni, si azzufferanno su come spartirsi il bottino. Ma sarà uno spettacolo surreale come non mai, poiché è vero che i seggi della rapina elettorale saranno  sempre pari a cento, ma il loro valore reale è come quello di una valuta dopo un default, dimezzato».

Mai pronostico fu più azzeccato. Lo spettacolo surreale è in corso: si sta cercando di rimuovere e di cancellare “il dato più eclatante”. Il teatrino delle scimmie politiche è in piena attività, si discute su chi abbia vinto qui e chi abbia perso là.

Di contro alla pantomima della casta politica, noi riconfermiamo la conclusione del discorso:
«La disobbedienza civile, la Resistenza, l’esodo dalle istituzioni, l’Aventino popolare, costituiscono un fiume in piena, che non può essere arrestato o deviato da nessuno. La disobbedienza anticipa la rivolta, è questa la tendenza su cui occorre concentrarsi, per quanto spuria o “sporca” potrà essere. Chiunque faccia spallucce o si attardi a disperdere forze sul terreno elettorale, rischierà di essere travolto, assieme alla casta, dalla corrente».

Solo su un punto dobbiamo fare autocritica rispetto all’articolo di ieri: il non aver previsto il successo delle liste “cinque stelle” dei “Grillini”. Anzitutto complimenti a loro! Un risultato che non solo ci rallegra, ma che a noi pare confermi l’asse della nostra analisi. Se i “Grillini” hanno avuto successo è perché essi hanno raccolto il vento della protesta e del disprezzo verso la Casta, vento che le loro vele hanno saputo intercettare non solo per la radicalità del messaggio, ma per essersi presentati apertamente contro la Casta, ovvero contro la partitocrazia e fuori dal recinto bipolare. Significativo il dato del Piemonte, dove i “Grillini” hanno punito l’arroganza del centro-sinistra, confindustriale e sviluppista, rappresentando con coraggio la lotta più importante avvenuta in Piemonte nell’ultimo decennio, quella del “popolo No-Tav”.

Non pensiamo che quest’affermazione smentisca l’asse del nostro ragionamento, per cui «…occorre smettere di considerare quello elettorale il terreno su cui può crescere e transitare la spinta all’alternativa». Anzitutto perché l’astensionismo è stato alto anche dove c’erano le liste “Cinque stelle”, ma in secondo luogo i fenomeni dell’astensionismo e del “Grillismo”, se non omologhi, sono certamente analoghi. Può questo successo dei “Grillini” invertire la tendenza di fondo dell’Aventino popolare e del distacco dalle elezioni e dalle istituzioni? Noi pensiamo di no. Perché questo accada dovremmo assistere nei prossimi anni alla trasformazione del “grillismo” in un vero e proprio movimento politico elettorale di massa, tale da invertire la tendenza astensionista. Dovrebbero sfasciarsi la “seconda repubblica” e il sistema bipolare perché questo accada, ovvero occorrerebbe un profondo cambio di fase e il ritorno ad un sistema proporzionale e più democratico.

Nella sconfitta globale della Casta, dei blocchi bipolari e dei due principali “partiti”, emerge la tenuta del blocco sociale berlusconian-leghista.

Pochi giorni fa scrivevamo:
«Non va confuso il Pdl col blocco sociale che esso rappresenta. Il Pdl è infatti solo la rappresentazione momentanea, o se si preferisce la maschera, che quel blocco sociale ha indossato dopo la scomparsa della prima repubblica, nella limacciosa e interminabile fase di passaggio della seconda e dalla quale siamo destinati ad uscire presto, in un modo o nell’altro. (…) Ma non è questo il vero punto di forza del berlusconismo. La sua forza è che ha saputo mettere assieme il diavolo con l’acqua santa, coalizzare, com’era riuscito a suo tempo solo a Mussolini (vi ricordate l’accozzaglia che di nome faceva “Blocco nazionale anti-bolscevico”?)  padroni e servi, capitalisti e operai, furbetti del quartierino e morti di fame, ex-comunisti ed ex-fascisti, beghine e fanatici del progresso all’americana, sanfedisti e pagani. Il tutto nella più classica e schmittiana logica “amico-nemico”, sapendo indicare a questa paccottiglia sociale vittimista irrancidita da un crisi che viene da molto lontano, il bersaglio, il nemico, i colpevoli delle loro disgrazie. Gli oligarchi del capitalismo, la casta dei burocrati politici, i magistrati, i sindacati, i comunisti, gli immigrati. Proponendo una visione sociale che è un instabile combinato composto di corporativismo e egoismo sociale americanista, di liberismo e assistenzialismo, di apparente meritocrazia col più becero pietismo per “i meno fortunati”.
Si illude chi ritiene che fatto fuori il berlusconismo questo blocco sociale evapori. In un contesto di crisi sistemica che annuncia un periodo durissimo di austerità, e che quindi sarà segnato da aspri conflitti sociali per decidere chi debba accollarsi il grosso dei costi della crisi medesima e come verrà ripartita la calante ricchezza sociale disponibile, questo blocco sociale è destinato a radicalizzare le sue posizioni e  cercherà  una nuova forma politica.
Al periodo post-berlusconiano in cui stiamo entrando, che sarà segnato dall’inasprimento dei contrasti ad ogni livello, corrisponderà un post-berlusconismo come movimento politico-sociale, che sarà  più radicale, populista e aggressivo di quello che l’ha tenuto in grembo in questi anni».

Concludevamo infine:

«L’animale ferito ha insomma fatto intendere che vuole giocarsi il tutto per tutto. Tanto peggio tanto meglio. Mors tua vita mea. Non è quindi difficile prevedere che i prossimi mesi e anni saranno segnati da uno scontro furibondo tra le diverse cosche politiche e tra gli apparati istituzionali. La guerra strisciante in atto da un ventennio tra le diverse fazioni che compongono l’oligarchia dominante va precipitando nella battaglia finale e decisiva».

Dove, in questa battaglia finale, dev’essere chiaro quale sia il disegno di cui il PD è l’asse portante: «cacciare Berlusconi per far posto ad un governo super-capitalista di unità nazionale o di emergenza istituzionale, destinato a fare due cose fondamentali: rimettere ordine nella sfera politico-istituzionale e in quella economico-sociale. Cosa questo significhi è presto detto: un sistema istituzionale che consolidi, sul solco tracciato dalla seconda Repubblica, il suo carattere oligarchico, partitocratico e autoritario (un presidenzialismo senza Berlusconi),  e un programma di misure sociali d’urgenza e draconiane per salvare il capitalismo italico dal rischio di bancarotta e i cui costi saranno le masse popolari a pagare».

L’opposizione è chiamata ad una grande sfida. Saldare la questione sociale e quella democratica, in un nuovo movimento politico di massa che sia ostile ad entrambi i blocchi. Esso non potrà crescere se non saprà fuoriuscire dal recinto e dal terreno in cui i due blocchi oligarchici si stanno battendo e si batteranno. L’astensionismo di massa ha indicato che la nuova opposizione dovrà condurre la sua battaglia contro il populismo e le smanie autoritarie di Berlusconi, scegliendo un terreno suo proprio, quello che abbiamo chiamato dell’Aventino popolare.

da http://www.sollevazione.blogspot.com/