Uno studio cinese sulla situazione dei diritti umani negli Usa
(riprendiamo dal blog conflittiestrategie)
In un precedente post avevamo parlato dell’opera di disinformazione attraverso la quale gli Usa e i suoi alleati occidentali forgiano l’opinione pubblica internazionale, servendosi della propaganda sui diritti umani e civili, al fine di gettare discredito sulle potenze emergenti/riemergenti che non si adeguano alle forme e alle proceduralità democratiche, fattori grazie ai quali gli statunitensi sono in grado di imporre il proprio modello culturale su tutto il globo. A fare le spese di questo avvelenamento mediatico sono soprattutto paesi come la Cina, la Russia, l’Iran, il Venezuela e financo Cuba, tutti accusati di non rispettare le libertà del popolo e di soffocare la società civile con l’invasività del potere politico statale sulla vita quotidiana.
Per far penetrare le idee liberali nei contesti in argomento, il governo americano finanzia copiosamente Fondazioni e Organizzazioni non governative di differenti tipologie le quali hanno a disposizione fondi illimitati per condurre la loro opera di proselitismo e far crescere le opposizioni interne a tali regimi, con l’unico obiettivo di rovesciare i poteri costituiti e impiantare governi dipendenti da Washington (come insegnano i casi i Georgia, Ucraina, ecc. ecc.).
I diritti umani sono il tema preferito dal sacro battaglione della democrazia, da questo drappello variegato di altruisti, benefattori e filantropi che con la disobbedienza civica e le manifestazioni colorate vorrebbe portare la pace e la libertà in ogni pertugio del mondo. Ai militanti di tale esercito del bene è difficile concedere la buona fede, almeno non proprio ai loro capi i quali sono stati generalmente allevati nelle scuole statunitensi o hanno conseguito la qualifica di arruffapopoli presso le scuole dei servizi segreti US. Costoro, dunque, sanno benissimo da dove provengono le sovvenzioni che li tengono in piedi e conoscono perfettamente le ragioni per cui continueranno a riceverle.
Ma chi di bontà ferisce di bontà perisce. I cinesi, i quali hanno fama di grandi manieristi e imitatori dei prodotti altrui, hanno voluto ribellarsi alla descrizione che di essi viene data nei molteplici rapporti sui diritti umani diffusi in occidente ed hanno, a loro volta, rilasciato un documento sulla situazione dei diritti dell’uomo negli Stati Uniti per il 2009. Riprendo questa notizia da un sito francese che ne ha riassunto i punti salienti non lesinando dati e numeri davvero imbarazzanti per il governo US. Premetto pure che tanto i russi che i cinesi hanno elaborato un proprio concetto di diritti umani, più confacente alla loro cultura e ai loro sistemi di governo, attraverso il quale vengono riaffermati valori collettivi di tipo etico, patriottico e comunitario come qualità superiori alla libertà individuale, baluardo dei regimi di tipo anglosassone e occidentale. Dal lato ideologico, come da quello politico e militare, questi Stati si stanno attrezzando per rispondere, punto su punto, alla prepotenza americana che viene ad assottigliarsi quanto più avanza la cosiddetta epoca multipolare.
Ma veniamo al documento. Il testo cinese mette sul piatto della bilancia sei temi molti cari agli Usa sui quali quest’ultimi pretendono di fare scuola: vita; proprietà e sicurezza personale; diritti civili e politici; diritti culturali; sociali ed economici; discriminazione razziale; diritti delle donne e dei bambini; violazioni dei diritti degli altri paesi da parte degli Usa. Lo studio cinese è impietoso sulle responsabilità degli Usa e chiede al governo americano di prendere i dovuti rimedi dal momento in cui “il mondo soffre per un grave disastro sul piano dei diritti dell’uomo, causato dalla crisi finanziaria mondiale seguita alla crisi dei subprime americani…il governo americano ignora sempre i gravi suoi problemi in materia di diritti dell’uomo e si compiace di accusare altri paesi. È realmente un peccato”.
Nonostante Washington si ponga alla testa dei paladini che vogliono maggiore libertà di espressione, di stampa e della rete Internet, lo stesso governo Usa sorveglia e limita la libertà dei suoi cittadini quando si tratta di preservare la propria sicurezza nazionale. Sin dal 2001, anno in cui è iniziata la guerra al terrorismo internazionale condotta in maniera preventiva, il popolo statunitense vede passate al setaccio le proprie e-mail, lettere, fax ecc. ecc. per ragioni di protezione del proprio way of life. Questo è quanto viene raccontato ma il limite dei normali controlli viene abbondantemente superato fino a sconfinare in uno spionaggio indiscriminato ed in una invasione abnorme della sfera privata di tutti i cittadini. Così, dopo l’attacco alle Twin Towers il governo americano ha “autorizzato i suoi servizi d’intelligence a piratare le comunicazioni per e-mail, a sorvegliare e sopprimere, attraverso mezzi tecnici, tutte le informazioni su Internet che possono minacciare gli interessi nazionali statunitensi”. Non c’è che dire, gli Usa si comportano forse anche peggio della Cina ma non sembra che i proprietari di Google, con i quali i vertici dell’Impero di Mezzo hanno aperto un grave contenzioso, siano intenzionati a lasciare il Paese.
Nel settembre del 2009 gli Usa hanno creato un organo di supervisione per la sicurezza su Internet, accrescendo le inquietudini dei cittadini americani circa uno “scandagliamento” non autorizzato dei loro dati e fatti personali. Inoltre, il Congresso ha anche approvato un atto che sottopone a restrizione la diffusione di programmi in inglese provenienti dalle TV arabe, se contenenti informazioni ostili agli Usa.
Un altro problema sul quale il Governo Us dimostra la sua cronica incapacità di garantire i diritti dell’uomo riguarda la discriminazione razziale, soprattutto contro neri ed ispanici. Come riportato dall’Ufficio americano del censimento “il reddito medio reale delle famiglie americane, nel 2008, è stato di 50.303 dollari, ma i redditi medi delle famiglie ispaniche e nere erano pari quasi al 68% ed al 61,6% di quelli delle famiglie bianche non ispaniche”. Stesse differenze vengono rilevate in tema di livello educativo e di professionalità. Questi aspetti incidono naturalmente sui livelli occupazionali e sulla qualità degli impieghi che per le minoranze è per lo più pessima. Anche il sistema giudiziario riproduce l’odiosa discriminazione per censo e per razza. Da quanto riporta il Dipartimento americano della Giustizia, dalla fine del 2008, su 10.000 condannati, 3161 uomini e 149 donne, sono neri. Da un documento della polizia di New York si apprende che delle persone coinvolte in sparatorie con la polizia nel 2008, il 75% sono neri, il 22% ispanici e solo il 3% bianchi.
I delitti per discriminazioni etniche sono in crescita in tutto il paese, si parla, su un totale di 7.783 crimini di questa matrice, di un 51,3% per discriminazione razziale, di un 19,5% per motivi religiosi e di un 11,5% per diatribe tra diverse nazionalità.
La violenza si espande in tutto il territorio nazionale tanto che, nel 2008, 4,9 milioni di americani hanno subito crimini, 6,3 milioni reati contro la proprietà e 137.000 furti personali, il tasso di crimini violenti è di 19,3 vittime per 1.000 persone oltre i 12 anni. Ogni anno circa 30.000 persone sono coinvolte in incidenti causati da armi da fuoco. Nemmeno le Università si sottraggono a questo triste primato ed è anzi qui che avvengono i delitti peggiori come sostiene l’Heritage Foundation: circa l’11,3% degli studenti è minacciato o ferito da un’arma.
La polizia americana dà inoltre prova di metodi violenti praticando ogni specie di abuso; negli ultimi due anni è cresciuto del 50% il numero dei poliziotti, solo a New York, sottoposti ad indagine interna per tali motivi. Le carceri americane sono sovraffollate e la popolazione carceraria è cresciuta dal 2000 al 2008 del 1,8%. I diritti dei detenuti non sono garantiti, difatti aumentano gli omicidi negli istituti di pena e gli abusi sessuali anche da parte del personale carcerario.
Si aggrava, oltre a ciò, negli Usa, lo stato di povertà della gente, il peggiore da 11 anni a questa parte. Il Washington post ha parlato di 39,8 mln di americani che vivono sotto la soglia di povertà, in aumento di 2,7 mln dal 2007. Il tasso di povertà nel 2008 era del 13,2%, il più alto dal 1998.
A causa della situazione economica crescono anche i suicidi, ogni anno si registrano almeno 32.000 casi.
I lavoratori americani sono poi quelli che pagano maggiormente la caduta dell’economia, da quanto riportato dal New York Times, circa il 68% dei 4.387 lavoratori a basso reddito intervistati in occasione di un’indagine dice di avere subito una riduzione salariale ed il 76% non si vede riconosciute le ore di straordinario. Non sappiamo se la riforma sanitaria recentemente approvata dal Congresso potrà realmente migliorare la situazione su questo versante, nel frattempo il rapporto cinese ci consegna questa cruda verità: 46,3 mln di persone sono senza copertura assicurativa sulla propria salute, cioè il 15,4% della popolazione totale.
Ai cosiddetti soggetti fragili, come le donne, non va tanto meglio nel paese della democrazia per antonomasia. Le donne sono vittime di aggressioni e di violenze ripetute “gli Stati Uniti registrano il più alto tasso di stupri fra i paesi che forniscono questo tipo di statistiche, cioè 13 volte di più dell’Inghilterra e 20 volte più del Giappone”.
Da ultimo gli Usa per perpetrare la loro egemonia nel mondo violano la sovranità e i diritti degli altri popoli. Questa faccenda è sicuramente meglio conosciuta da tutti noi che da sempre denunciamo la prepotenza del governo americano. Ma come si conciliano i diritti umani con l’incremento della spesa militare che negli States è la più alta del mondo (il 42% del totale mondiale)? E con le basi militari disseminate in ogni angolo del pianeta? Il rapporto cinese parla di 900 basi, 190000 militari e 11500 “civili”. Mi sembrano cifre al ribasso ma comunque significative.
Chi vuol ancora prendere lezioni di libertà e di democrazia da costoro?