Nel programma di storia dei “nuovi” Licei cancellata la Resistenza

1) Dal “Corriere della Sera”, quotidiano sicuramente non antigovernativo: “Nel programma di storia del quinto anno dei nuovi licei, dedicato allo «Studio dell’epoca contemporanea: dall’analisi delle premesse della prima guerra mondiale ai nostri giorni» manca la parola «Resistenza».
Si parla di «formazione e tappe dell’Italia repubblicana», ma sul movimento di liberazione nessun cenno esplicito” [1].

2) Bene, prescindendo per un attimo dalla sostanza, chiunque si attenderebbe dagli esimi estensori di questo programma per i, si noti, nuovi Licei per lo meno la spina dorsale sufficiente per difendere la scelta operata.
Tra l’altro, non ci risulta che i fantasmi dei Partigiani, morti anche per permettere a questi profondi cultori della Storia e della Memoria di scaraventare nell’oblio la lotta di Liberazione dal Nazifascismo, stiano dando loro la caccia; pertanto, basterebbe avere il buon gusto, dopo aver tirato il sasso, di non nascondere la mano.

3) Invece, le cose sono andate ben diversamente, poiché: “… il ministero dell’Istruzione nega qualunque ipotesi di «ridimensionamento» dello studio della Resistenza …” [2].
In questo modo, il Ministero fornisce un formidabile criterio interpretativo di ogni vicenda non solo scolastica, ma anche umana:  neppure l’assenza di una cosa e/o di una persona sancisce il ridimensionamento della cosa e/o della persona stessa; pertanto, perfino dopo un’assenza immotivata e prolungata, lo studente potrà negare qualunque ipotesi di un ridimensionamento del suo impegno nello studio e del suo profondo attaccamento alla Scuola.

4) Il “bello”, comunque, è costituito dalla spiegazione fornita dal Professor Sergio Berardinelli, docente di Sociologia della Cultura all’Università di Bologna e coordinatore del gruppo di lavoro sui programmi: “Volevo contribuire ad una sorta di pacificazione lessicale” [3].
Abbiamo conosciuto molti pacifisti, ma nessuno era mai apparso ai nostri  occhi così circonfuso di un’aura mistica, che molto ricorda l’aurorale innocenza di Adamo prima del peccato originale, come il Professor Berardinelli.
Nel contempo, non vorremmo esser nei Suoi panni neppure per il triplo del di Lui stipendio, al pensiero della titanica fatica che Lo attende, ovvero l’estensione di questo veramente lodevole ed innovativo concetto della pacificazione lessicale all’intero programma di Storia dei molto nuovi Licei.
Tuttavia, il Professore non disdegna né l’autocritica, né un’ulteriore giustificazione:
“… il riferimento andava esplicitato, anche se nei programmi ci sono continui richiami ai valori della Costituzione che è nata dalla Resistenza (Come si vede che il Professore ha studiato! NdA), perché questo è un Paese in cui su certi temi ci si azzuffa subito” [4].
Non essendo docenti universitari, non abbiamo difficoltà ad ammettere che ci sfugge  la logica profonda dell’ultima frase.
Comunque, abbiamo acquisito il concetto di fondo: il solo nominare la Resistenza farebbe scoppiare delle zuffe ciclopiche tra i Liceali e, fors’anche, tra i Docenti.
Invece, il Professor Berardinelli si è assegnato quale missione della Sua esistenza proprio l’evitare che questo accada, come Egli ha modo di ribadire proprio in chiusura dell’intervista:
“Con i docenti di Storia, che a mio giudizio nel quinto anno potranno arrivare alla caduta del Muro di Berlino e oltre, fino alle Torri Gemelle … dovremo anche chiarire la differenza che esiste tra storia fondata su una storiografia consolidata e cronaca.
Sempre perché esiste il rischio di azzuffarsi sulle parole” [5].
Pertanto, essendo ormai compenetrati del nuovo spirito, che aleggia nei molto ministeriali programmi, proponiamo di sostituire il logoro Antifascismo con lo smagliante Antizuffismo.

5) Ci resta un solo dubbio: come avranno insegnato la Storia, fino ad oggi, quei Docenti, che non erano stati illuminati d’immenso dal Professor Berardinelli sulla “… differenza che esiste tra storia fondata su una storiografia consolidata e cronaca”?
Sicuramente, nella prossima intervista, il Docente di Sociologia della Cultura ci darà la soluzione; nel frattempo, mediteremo queste Sue alate considerazioni:
“In realtà, parlando tra colleghi, non abbiamo affatto escluso la possibilità di polemiche.
Ma poi ci siamo chiesti, visto che nella premessa del programma di Storia si fa riferimento e con enfasi alla cittadinanza e alla Costituzione repubblicana, come sia possibile immaginare un approfondimento dei valori della Costituzione senza lo studio della Resistenza da cui nasce.
Molto probabilmente nella revisione dei programmi metteremo le cose a posto” [6].
La meditazione ha già prodotto un frutto: tenuto conto della messianica aspirazione berardinelliana alla “pacificazione lessicale”, perché non eliminare dai Programmi tutte le guerre e mettere solo i trattati di pace?
Lo studente, fors’anche il Docente, arguirà che il  trattato di pace è stato preceduto da una guerra e, tonificato da questa sublime intuizione personale, si getterà a capofitto nello studio del conflitto.
Per stimolare ulteriormente il discente, il prezioso Programma potrebbe essere così congegnato:
“Il Trattato di Versailles è stato generato dalla …?”

Di fronte a questa miseria culturale, ci sovvengono le parole, che, per molto meno,  pronunciava la Nonna, contadina umbra analfabeta: “E per fortuna che vai a scuola!”

NOTE
[1] Benedetti Giulio, “Manca la Resistenza nei programmi liceali” Il ministro: è falso, Corriere della Sera, p. 35, Mercoledì, 31 Marzo 2010.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] Ibidem.
[5] Ibidem.
[6] Ibidem.

da http://www.valeriobruschini.info/