Fulvio Grimaldi e il granchio thailandese

«Le magliette rosse consistono principalmente di lavoratori poveri delle campagne, di attivisti democratici che si opposero al golpe militare che fece fuori il primo Ministro Thaksin nel 2006 e che poi misero al potere l’attuale Abhsit. Chiedono le sue dimissioni e le elezioni per un nuovo parlamento».
http://english.aljazeera.net/  del 21 aprile

 
Ci capita la sfortuna di essere uno dei bersagli preferiti dell’astio compulsivo di Fulvio Grimaldi. Memorabili le sue balorde invettive ai tempi della Resistenza irachena, quando noi ingaggiammo, non senza subirne conseguenze, un corpo a corpo per smontare l’equazione Resistenza=terrorismo.

Grimaldi svolgeva, al tempo, il bislacco ruolo di trombettiere saddamita nella pittoresca filarmonica Neo-con-sionista di cui facevano parte tutti i mezzi di comunicazione, nessuno escluso, ed il cui direttore d’orchestra era Magdi Allam. Il refrain, per chi se lo fosse dimenticato, era che noi del Campo eravamo rosso-bruno-qaedisti.
Diversa acqua, nel frattempo, è passata sotto i ponti. Il fumus di calunnie è evaporato per lasciare posto alla verità storica.
Tuttavia ogni tanto il Grimaldi, come un tafano torna a punzecchiarci. La qual cosa ci potrebbe fare onore, se non fosse che  Grimaldi non è Socrate, come del resto noi non siamo il cavallo di Atene da tenere sveglio.

Questa volta il pretesto dell’attacco, nel contesto di un articolo sterminato e sconclusionato sul suo blog, è la esplosiva situazione in Thailandia. Grimaldi ci definisce “babbei”. Ma lasciamolo parlare.

«Babbei o cosa? Basta che la camicia sia rossa? Che la indossino i compagni cubani, in piena rivoluzione, o quelli venezuelani che da anni lottano per integrare l’antimperialismo con la rivoluzione sociale, o che se la mettano le turbe tailandesi più arretrate politicamente e culturalmente per invocare il ritorno del loro berlusconide, detronizzato da una rivolta dei ceti più evoluti e consapevoli, anche se urbani, anche se di operai, intellettuali e professionisti. Basta il rosso per far spezzare al Campo Antimperialista, reduce da toppate sesquipedali come il sostegno agli squadroni di stragisti sciti in Iraq d’obbedienza iraniana, tutte le sue spuntatissime lance a favore di coloro che in questi giorni hanno invaso la capitale Bangkok».

Di tutti i granchi presi da Grimaldi nel corso degli anni, questo è proprio grosso, come quelli thailandesi appunto. Si capisce che Grimaldi non ha la più pallida idea di quello che sta accadendo in Thailandia dal 2006 in avanti. Deve aver letto che il leader delle “magliette rosse” in esilio Thaksin Shinawatra era un magnate televisivo e, come per riflesso condizionato deve aver dedotto che è il “Berlusconi thailandese”. Anzi, non l’ha dedotto, l’ha letto certamente in giornali come Repubblica o il Manifesto, che infatti da anni suonano questa musica. Fatto suo l’assioma mainstream Thaksin=Berlusconi, il nostro va subito a tirare le conclusioni: le “magliette rosse sarebbero «turbe più arretrate politicamente e culturalmente», mente i gialli, cioè gli avversari «ceti più evoluti e consapevoli, anche se urbani, anche se di operai, intellettuali e professionisti». Sembra di sentire Travaglio.
Una … toppata sesquipedale!

Mentre scriviamo le agenzie battono la notizia di due bombe esplose tra i dimostranti. Il regime oligarchico-militare le sta provando tutte. Erede di 18 golpe militari negli ultimi decenni, sostenuto dalla grande borghesia e dai latifondisti, spalleggiato dagli americani (che vedono nei “rossi” la quinta colonna della Cina), sente di avere l’acqua alla gola. La protesta in corso, iniziata il 12 marzo scorso, non solo tiene le sue posizioni ma sta allargando la sua influenza anche ai lavoratori poveri di Bangkok. Il regime minaccia un bagno di sangue, paventa un attacco frontale ai dimostranti, «… ai quali non viene lasciata alternativa: sparire tutti assieme in uno scontro di piazza oppure essere presi uno per uno nelle loro case nella notte». (LA STAMPA del 22 aprile)
Da che parte starà il Grimaldi? Da quella degli oligarchi e dei golpisti filo-americani?
Nella speranza che corregga il suo errore, gli consigliamo la lettura di un nostro articolo pubblicato il 28 Novembre 2008. Il titolo era profetico: “La Thailandia verso la guerra civile?
Capirà meglio che lo scontro in atto in Thailandia è anche un scontro sociale e di classe, che mobilita le minoranze nazionali oppresse, e per questo la sinistra autentica thailandese sta da quella parte.