Mentre costruiscono il nuovo muro d’acciaio, i carcerieri del lato sud di Gaza uccidono cinque palestinesi sparando gas nei tunnel
 
L’avevamo scritto a fine 2009 (vedi Il muro d’Egitto): Mubarak, su richiesta diretta di Israele e con il sostegno e la consulenza americana, aveva dato il via alla costruzione di un muro d’acciaio della profondità di 20-30 metri, capace quindi di rendere inagibili i tunnel che hanno finora impedito lo sterminio del milione e mezzo di persone chiuse nella Striscia di Gaza.  
La costruzione di quell’ennesimo muro della vergogna sta andando avanti, ma ai servi del Cairo evidentemente questo non bastava. Nella serata del 28 aprile i carcerieri egiziani – in quale altro modo potremmo definirli? – hanno sparato gas tossici in un tunnel uccidendo 5 palestinesi, mentre altri 7 sono stati costretti al ricovero in ospedale.

Tre delle vittime, vivevano nel campo profughi di al-Bureij, la quarta abitava nel quartiere di di ash-Shuja’iyyeh, mentre l’identità della quinta persona non è nota. La loro età era compresa tra i 20 ed i 28 anni.
Durissima la denuncia di Hamas: «E’ stato un terribile crimine, una strage a sangue freddo, semplici lavoratori che si guadagnavano il pane. La totale responsabilità è dell’Egitto. Vogliamo un’indagine. Gli egiziani hanno sparato veleno nel tunnel, li hanno gassati» (dal Corriere della Sera del 30 aprile). Siamo dunque di fronte ad un’escalation, anche se non è la prima volta che le guardie di frontiera egiziane pompano gas nelle gallerie.

Da quei tunnel – circa un migliaio – passano viveri, medicinali ed altri generi di prima necessità, senza i quali la gravissima situazione di Gaza diventerebbe ancora più drammatica. Nel linguaggio dei carcerieri il passaggio di queste merci viene qualificato come “contrabbando”. E questa terminologia, che si commenta da sola, viene generalmente ripresa ed utilizzata da organi di informazione e da giornalisti sempre pronti a riempirsi la bocca con i “diritti umani”. 

Nell’assedio di Gaza, in corso da tre anni, gli aguzzini che cercano di strangolare la Resistenza palestinese utilizzano ogni mezzo. A Gaza si muore per le bombe israeliane, per i continui raid, per i micidiali effetti sull’ambiente delle armi usate da Israele; si muore per mancanza di medicine e si muore nelle gallerie. Con quelle del 28 aprile, il conteggio delle sole vittime nei tunnel della sopravvivenza è arrivato a 145.

Ed intanto l’edificazione del muro d’acciaio va avanti. Sembra che ne siano stati già costruiti 6 km sugli 11 del confine che separa Gaza dal territorio egiziano. Si dice che alcune centinaia di gallerie siano già state rese inagibili tra muro, crolli e bombardamenti.
Le notizie uscite nei mesi scorsi parlavano addirittura dell’ipotesi (vedi La Marcia e il muro) di un allagamento dei tunnel, in modo da colpire così anche quelli più profondi non raggiunti dal nuovo muro egiziano. Per ora non siamo arrivati a tanto, ma l’uso del gas dimostra quale gioco stia conducendo il governo del Cairo.
Tutto ciò non stupisce, ma siamo convinti che anche questi crimini finiranno per ricadere prima o poi sul regime di Mubarak. Un regime il cui collaborazionismo con gli oppressori del popolo palestinese è pari soltanto alla corruzione che ha saputo iniettare nel corpo della società egiziana.