La stangata di Pinocchio-Tremonti

Solo un mese fa smentiva una manovra correttiva da 4 miliardi….
Infatti: ne avremo una da 25!

I giornali riportano le prime indiscrezioni sulla stangata in arrivo. Siccome dicono che non aumenteranno le tasse, avremo pesanti tagli alla spesa sociale, agli stipendi dei dipendenti pubblici, comprese le pensioni, una drastica riduzione dei trasferimenti agli enti locali. Le conseguenze, anzitutto sugli strati più deboli della popolazione, ognuno può immaginarle. Ricordate quanto affermava solo un mese fa Pinocchio-Tremonti? No? Ve lo ricordiamo noi.

«Mai tagli al sistema previdenziale finché al Tesoro ci sarò io… Se la parola è tagli, mai finché ci sarò io», ha assicurato. Il governo intende quindi rimanere fedele alla linea di condotta che si è dato con la crisi: nessuna misura che colpisca le politiche sociali.» (Il Giornale 11 novembre 2009)

«Mi dispiace deluderla ma non ci sarà manovra aggiuntiva». [Tremonti rivolgendosi a Santoro sulle indiscrezioni di una manovra correttiva].
(Anno zero del 7 aprile)

«Ma la voce di una manovra correttiva da 4-5 miliardi? Le voci le raccogliete e le gestite,  replica Tremonti, smentisco le vostre voci».
(la Stampa del 8 aprile 2010)

Si dirà: “nessuno si aspettava le gravi conseguenze della crisi greca e dell’euro”. Sbagliato. Un mese fa la crisi greca era già all’apice, e molti analisti segnalavano che sarebbe stato altamente probabile ciò che poi è accaduto, ovvero la crisi dei debiti sovrani dei paesi Ue.
Erano le settimane in cui Tremonti e Berlusconi suonavano lo spartito che si stava uscendo dalla crisi, che l’Italia era uno dei paesi virtuosi. Erano i giorni in cui una stampa compiacente, per eccesso di zelo, doveva accreditare Tremonti come un “brillante ed efficiente ministro dell’Economia”. Una fanfaluca che le stesse cosiddette opposizioni avevano imbarazzo a smentire.

Sono le stesse opposizioni che adesso balbettano, che anzi assicurano (vedi il PD) un sostegno alle misure straordinarie per salvare la Grecia e l’euro. Quella di salvare la Grecia e l’euro sono in verità un alibi teso a nascondere la verità: le misure di austerità che i governi europei stanno adottando, scaricandone i costi sulle fasce più deboli della popolazioni, non sono altro che un rastrellamento di risorse per salvare il sistema bancario e i pescecani del capitalismo finanziario, che rischiano di andare in default in caso di insolvenza, non solo della Grecia ma dei vari PIIGS, che non sono solo quelli dell’Europa meridionale.

Le draconiane misure che Atene, Madrid, Lisbona e adesso anche Roma stanno adottando non sono che il tentativo di rastrellare quattrini ai danni della povera gente per salvare un sistema al collasso, per la precisione per soccorrere oltre alle banche i grandi gruppi finanziari e industriali, trasferendo nelle loro tasche il malloppo, il frutto della rapina sociale a scala industriale che è in preparazione.

Manco a dirlo ci vorrebbe un sussulto, una risposta durissima da parte delle masse popolari. Con che faccia le classi dominanti chiedono sacrifici ai lavoratori, ai precari, ai disoccupati, ai pensionati? Tutta questa gente fa già da tempo enormi sacrifici, lavora sodo per salari che sono tra i più bassi di tutta Europa.

Per indorare la pillola, Lorsignori annunciano che sono allo studio misure per ridurre i lauti stipendi dei parlamentari come dei boiardi di stato. Demagogia! Anche ove ciò accadesse l’eventuale contributo sarebbe irrisorio. Per di più, se si abbassasse, come si vocifera, di un 5%, lo stipendio di un parlamentare che guadagna circa 450mila euro all’anno, come si può parlare di “sacrificio”?
Togliete anche solo un 5% ad un lavoratore il cui stipendio è di circa mille euro, e a questo aggiungete l’aggravio di spese causato dai tagli ai servizi pubblici: per questo lavoratore il “sacrificio” potrebbe essere fatale.

A questo va aggiunto che misure d’austerità quali quelle che vengono annunciate non potranno che accentuare la crisi di un’economia che resta in piena recessione. Con le prevedibili conseguenze per quanto attiene alla crescita della disoccupazione, alla trasformazione della cassa integrazione da straordinaria in ordinaria, quindi in mobilità, infine il licenziamento.

Alcuni giorni fa ci chiedevamo: «Per quanto tempo ancora dovremo sopportare il fardello del capitalismo? Occorre davvero toccare il fondo per decidersi a ricostruire su fondamenta socialiste le nostre società»?

da http://sollevazione.blogspot.com/