Reportage sul nuovo conflitto in corso
Venerdì scorso intervenivamo sulla decisione a sorpresa dei maoisti nepalesi, presa il 7 maggio, di sospendere lo sciopero generale ad oltranza (che alcuni avevano frettolosamente definito come “insurrezionale”) iniziato il 2 maggio. Pubblichiamo qui sotto uno straordinario reportage sulla settimana di passione vissuta dal Nepal. Jed Brandt racconta, con dovizia di particolari, come sono andati i fatti, e le ragioni del passo indietro compiuto dall’UCPN (m), il Partito Comunista del Nepal Unificato (maoista).
Continueremo a monitorare l’evoluzione della situazione nepalese in vista del 28 maggio, data considerata decisiva dai maoisti di Prachanda, poiché entro il 28 sarebbe dovuta entrare in vigore la nuova Costituzione, Costituzione di cui invece non c’è ancora traccia.
Il 1° maggio: Katmandu in mano ai maoisti
Da Kalanki a Old Bus Park, gli autobus si sono riversate nella capitale. Ogni sedile è stato occupato. I giovani erano appollaiati sui tetti. Sacchi di riso, lenticchie e verdure sono stati conservati nelle scuole, nelle sale delle comunità e nei cantieri che sono stati utilizzati come accampamenti dai manifestanti.
Da quando sono arrivato a Katmandu, è stato toccante vedere la falce e martello ondeggiare così orgogliosamente per tutta la città. Ma ancor di più il 1 ° maggio, davanti alle migliaia di lavoratori dei sindacati marciare attraverso la città per ospitare i contadini provenienti dai villaggi, molti di loro per la prima volta in città. Tutto questo ha riempito di carne e sangue il vecchio simbolo comunista. Il martello per gli operai, la falce per i contadini.
La quotidiana routine si è completamente fermata. Auto e moto sono rimaste al lato delle strade e così, per la prima volta da mesi, i cieli azzurri si sono aperti e il velo di nebbia si è diradato.
I maoisti hanno messo in piedi uno sciopero generale in tutto il paese (noto come “bandha” in Asia meridionale). I loro simpatizzanti hanno chiuso i loro negozi, le scuole e i trasporti, sia nella capitale che nelle altre città. E’ stata una importante dimostrazione di forza da parte del partito maoista. E’ stata anzi un’iniziativa politica coraggiosa, che ha confermato il mandato popolare autentico che hanno i maoisti.
Sei mesi fa, il Vice-Presidente dei maoisti, il Dr. Baburam Bhattarai così descriveva il piano del partito:
“Ora noi possiamo veramente mettere in pratica ciò che abbiamo predicato. Ovvero la fusione della strategia della guerra popolare prolungata con le tattiche di insurrezione. Ciò che abbiamo fatto dopo il 2005 è appunto incamminarci verso l’insurrezione generale grazie al nostro lavoro nelle aree urbane e la partecipazione al governo di coalizione.” (Intervista del 26 Ottobre 2009)
Ora, a maggio, tutti possono vedere i risultati di questi preparativi. Nessun partito, nessun altra forza in Nepal, sono stati in grado di fare nulla di comparabile. I nemici dei maoisti sono stati in grado solo di diffondere una paura paranoica tra la gente di campagna in arrivo nella capitale, la minaccia della repressione violenta, e i loro tentativi di obbligare i commercianti a sfidare il “bandha” non sono riusciti.
La paralisi della capitale
All’inizio del 2 maggio gli incroci principali sono stati bloccati, la maggior parte con canti, spettacoli di danza e musica per tutta la giornata, mentre i dimostranti sedevano a gambe incrociate in lunghe file che si estendevano verso le strade adiacenti. Ognuno di questi diciotto presidi è stato chiamato “barricata”, anche se le barriere fisiche per le strade erano composte soltanto dalle grandi folle eccitate dei ribelli.
Il centro principale dello sciopero era Katmandu, ma altre dieci aree urbane sono state luogo di proteste, e delle manifestazioni si sono svolte anche lungo il confine indiano, nel Terai, e nel sud del Nepal.
Il 3 maggio, i manifestanti hanno completamente circondato la città per almeno due volte, tutti tenendosi mano nella mano e formando una catena umana lunga 28 chilometri attorno alla tangenziale, una delle poche strade moderne del Nepal.
Mentre camminavamo lungo questa strada, siamo passati davanti ad un’effige di cartapesta simboleggiante il “governo fantoccio”, una delle tante a cui è stato appiccato poi il fuoco per la città.
Grida di “Lal Salaam! “(Saluti Rossi!) si sono levate tra i ranghi dei dimostranti lungo i due lati della strada. Sorrisi, pugni alzati e fierezza. La gente comune ha tenuto in pugno la città, e questa potenza non è sfuggita a nessuno.
Quando Prachanda, il dottor Baburam Bhattarai, Kiran e gli altri leader maoisti sono stati condotti lungo la tangenziale Ring Road, le urla e pugni alzati riempivano la strada. Poco importa cosa si dice nei palazzi del governo, i legami dei maoisti con il vasto Nepal, con le masse impoverite, è imponente. Prachanda è il loro dirigente. Anche i leader maoisti di secondo piano mostrano di avere più rispetto dei politici, non eletti, del governo.
Malgrado i partiti di governo avessero paventato scontri e violenze, i maoisti hanno mostrato la dimensione della loro forza e i manifestanti la loro maturità; a dispetto delle molte provocazioni violente perpetrate dalle milizie della “Forza Giovanile” (affiliata ai “comunisti” governativi dell’UML), delle aggressioni delle squadracce estremiste indù dell’Hindutva nel sud del paese, e delle tensioni che accompagnano ogni “bandha”.
Spezzare l’impasse
La crisi politica in Nepal è talvolta apparsa snervante e impanata. Ora non lo è più. Le forze aggressive spingono per la soluzione definitiva. C’è impazienza ovunque. E’ diventato quel tipo di crisi che può portare o ad un improvviso colpo di stato militare o ad una rivoluzione delle classi inferiori.
L’Assemblea costituente paralizzata non si riunisce da oltre un mese. Il termine del 28 maggio per scrivere la prima costituzione democratica del Nepal si sta rapidamente avvicinando.
“Ci stiamo mobilitando ora, decisi ad ottenere la vittoria”, ha detto il leader degli studenti a una barricata nei pressi dei ministeri. “La nostra strategia è il socialismo, la nostra tattica non sarà semplice”.
Il Primo ministro MK Nepal è isolato ma resiste ostinatamente allo sforzo dei maoisti di farlo dimettere. Sostenuto dai comandanti dell’esercito nepalese, incoraggiato dai consulenti stranieri che sussurrano alle sue orecchie, esige che i maoisti abbandonino il loro programma di cambiamento radicale e smantellino sia l’Esercito Popolare di Liberazione (PLA) che la Lega dei Giovani Comunisti (YCL) .
Da parte loro, i maoisti, rifiutano ulteriori negoziati con i partiti di governo fino a quando il primo ministro non si dimetterà. E così il palcoscenico si sposta dalle trattative alle strade, dove le danze e le celebrazioni del 1° maggio hanno progressivamente lasciato il posto alla tensione e ai combattimenti di strada.
Per questo il “Janaandolan”, il Movimento Popolare, ha messo la danza prima del combattimento. In ciascuna delle diciotto barricate, dove migliaia di persone hanno occupato grazie al loro numero i principali nodi stradali, i gruppi di danza hanno incoraggiato alla partecipazione e le ballate popolari hanno attratto le folle dei giovani. Una parte dei dimostranti facevano avanti e indietro, marciando a ranghi serrati per le strade, anch’essi facendosi coraggio a vicenda e ballando ad ogni carica.
Il Potere Popolare e le provocazioni
I dirigenti dei partiti di governo hanno apertamente invitato i commercianti a sfidare lo sciopero maoista . Il 5 maggio, la “Forza giovanile” dell’UML, ha aperto il fuoco su un gruppo di dirigenti maoisti della Gioventù Comunista. Una pistola semiautomatica è stata trovata sul posto, con cartucce usate. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito.
Nonostante queste provocazioni, i maoisti hanno mantenuto la promessa di tenere fuori dalle manifestazioni armi e violenza.
La polizia ha sparato lacrimogeni nella facoltà di legge occupata, dove centinaia di manifestanti mangiano, dormono e riposano. Diversi studenti sono stati feriti.
Poi, il 7 maggio, le classi dominanti nepalesi hanno indetto un grande raduno anti-maoista, portando per le strade della capitale Katmandu circa 20.000 persone. Scopo ufficiale era quello di spingere per una conclusione non-violenta del “processo costituzionale”. Gli organizzatori, la Camera di Commercio e l’Avvocatura del Nepal, hanno insistito sul fatto che essi erano indipendenti, e che il raduno non era una sfida allo sciopero.
Ma dei gruppi anti-maoisti si sono staccati dalla manifestazione per lanciare provocazioni contro i grandi accampamenti dei maoisti. La “manifestazione per la pace” a Katmandu ha rapidamente dimostrato di essere tutt’altro che pacifica.
Sono arrivato nella zona quando la “manifestazione per la pace” si stava concludendo. Diversi gruppi si sono staccati per avviarsi verso le barricate maoiste. Centinaia di anti-maoisti si sono diretti verso la barricata di Sunhara, dove circa 1.000 maoisti occupavano l’incrocio. l contro-rivoluzionari cantavano:”La testa di Prachanda appesa al cappio”.
I maoisti hanno risposto col suono della loro musica e hanno incoraggiato la gente a ballare e non si sono lasciati provocare. “Facciamo una rivoluzione cantando, la rivoluzione, danzando —“un nuovo tipo di rivoluzione”, ha detto Swanaam, un leader maoista, impegnato nel lavoro ideologico. “Non attaccheremo queste persone per il semplice motivo che non sono d’accordo con noi”.
Allo stesso tempo, 200 quadri della YCL hanno difeso quest’incrocio e ognuno era armato di un bastone, non si sa mai.
Asciugandosi gli occhi, gonfi dei gas lacrimogeni della polizia, il comandante Pun della YCL ha descritto questi gruppi come “milizie”. Mi ha detto che hanno lanciato pietre nella mensa dei manifestanti, che si trova nel centro congressi della città. Spettatori e manifestanti sono stati picchiati con bastoni. Quando la YCL e altri hanno reagito, la polizia ha risposto con gas lacrimogeni sul centro congressi e ha colpito con bastoni altri dimostranti. A quel punto un migliaio di manifestanti maoisti hanno rotto le due linee della polizia per proteggere i loro accampamenti, ma sono stati respinti con ulteriori gas lacrimogeni. Sassi sono stati lanciati contro la polizia mentre i dimostranti si disperdevano verso Bus Old Park.
Scaramucce tra maoisti e polizia sono scoppiate per la città per circa due ore. L’intera zona tra il centro congressi e Singha Durbar, la sede del governo, è stata messa sotto sopra. La polizia ha inoltre gasato il campus dell’Università di legge Tribuvan, che era occupata da una frazione rivoluzionaria degli studenti per offrire alloggio ai manifestanti provenienti dai villaggi.
I manifestanti rivoluzionari si sono quindi radunati nei pressi dei ministeri di Singha Durbar, che i maoisti hanno bloccato per giorni. Decine si sono allineati lungo i marciapiedi per sciacquarsi gli occhi arrossiti e gonfi a causa del gas. Molti hanno ricoperto il viso con del dentifricio per raffreddare le ustioni.
Mentre stavo intervistando delle persone, si sentivano scontri di strada a pochi isolati di distanza.
Diwash, un ardente giovane comunista e presidente di un gruppo studentesco in un campus satellite della National University, era rilassato nonostante le provocazioni. Egli mi ha detto:”Evidentemente il loro scopo è quello di allungare lo sciopero fino alla fine della costituzione ad interim. Vogliono portare Yadav [il presidente ad interim NdT] al posto di presidente. Ma è solo il brutto sogno dei partiti di governo. Siamo forti abbastanza per fare la rivoluzione. Non possiamo solo impossessarci dello Stato. Se otteniamo che Prachanda diventi Primo ministro, in molti nell’esercito passeranno con noi”.
Un vecchio urla: “L’80 per cento!”
Diwash non ha preso sul serio l’attacco dei miliziani, dicendo che erano solo dei disturbi per distrarre e non “la contraddizione principale”.
“Quando il loro morale crollerà, prenderemo lo Stato. Siamo forti, solidi”, continua Diwash. Pronti a costruire il comunismo, non quello puro in astratto, ma il socialismo. “Siamo in grado di far funzionare gli ospedali, le scuole per tutte le persone e non come un business. Una nuova costituzione significa la riforma agraria e un governo popolare che sfoci verso il comunismo”.
I combattimenti nella capitale minacciavano chiaramente di intensificarsi. E, benché i dettagli del loro piano non siano noti, i dirigenti maoisti hanno deciso che non erano ancora pronti in questo momento per andare allo scontro decisivo con i militari.
Prachanda, presidente del partito maoista, apparso in Nepal TV la notte di Venerdì 7 maggio, ha annunciato che lo sciopero sarà sospeso.
Ha annunciato una manifestazione il giorno successivo. Egli ha detto che “la lotta decisiva” sarebbe continuata, per rovesciare l’attuale governo e sostituirlo con uno guidato dal Partito Comunista Unificato del Nepal (maoista).
Un orientamento nello scontro in atto
Sabato 8 maggio ho raggiunto uno dei centinaia di cortei nel centro della città. Ero circondato da duemila Newari (minoranza indigena che abita la valle di Katmandu, Ndt) in marcia nella zona nord della città.
I tamburi che ci aiutavano a tenere il passo. Il resto dei manifestanti erano impegnati più a conversare sugli avvenimenti degli ultimi giorni che a cantare. La tensione era palpabile. Il Primo Ministro non aveva dato le dimissioni. C’erano stati due giorni di scontri crescenti. E la folla era chiaramente pronta a rispondere a nuove provocazioni. Abbiamo camminato attraverso il centro commerciale Durbarmarg. Tutti i costosi negozi delle élite erano nuovamente aperti per fare affari. C’era ovviamente, da parte nostra, ben poca soddisfazione per questo spettacolo.
Sono poi corso verso Martyr’s Field, a Ratna Park, per vedere Madushi Bhattarai, una leader degli studenti dell’Università di Tribuvan.
“Sai cosa succede?”, gli ho chiesto.
“A mio avviso, stiamo facendo un passo indietro per farne due avanti”, ha detto Madushi. “Durante la guerra abbiamo avuto due cessate il fuoco e li abbiamo utilizzati per avanzare. Ora si apre una nuova fase tattica”.
Madushi parla inglese con una rara maestria, avendo studiato a Londra. Ha confessato che non sapeva cosa aspettarsi, ma vede la svolta come una via verso il 28 maggio.
“Il Janaandolan non è stato cancellato, né l’agitazione”, ha detto Madushi. “Se voi guardate i maoisti del Nepal usando la pietra angolare dei movimenti comunisti del passato, non capirete. Dopo i primi anni del nostro movimento, nessuno ha saputo prevedere la nostra avanzata. Questo aiuta a capire la nostra condotta. Il nostro obiettivo è il socialismo, è un punto fermo e non abbiamo mai deragliato. Questo valeva per le elezioni come per la Guerra popolare, e vale oggi per lo sciopero generale, la nostra tattica dipende dai nostri obiettivi”.
“Abbiamo fiducia nei nostri dirigenti”, ha detto Madushi, scuotendo la testa, in riconoscimento del fatto che i suoi genitori sono tra i capi del partito maoista.
“Molti dirigenti nel mio accampamento sono rimasti feriti ieri e c’è molta frustrazione per la decisione di sospendere lo sciopero. I compagni aiutavano i feriti e hannno sentito l’annuncio in televisione senza essersi riuniti all’interno del partito”.
Una prova generale
Quando siamo arrivati alla manifestazione la folla era in attesa era tranquilla. C’era un mormorio basso, le persone discutevano. Gli attori e i musicisti hanno riscaldato la scena fino all’arrivo dell’ultimo gruppo di manifestanti. Molti leader di partito hanno parlato. Ma tutti aspettavano Prachanda.
“Abbiamo fatto la storia con lo sciopero più pacifico nella storia del Nepal”, ha esordito Prachanda. “Abbiamo sentito la necessità, dato che siamo il partito più grande, di essere sensibili alle sofferenze del popolo”, ciò malgrado il governo sia rimasto indifferente di fronte alla giusta richiesta di dimissioni del Primo Ministro.
“Le persone che ci appoggiano hanno cominciato ad essere ferite. I lavoratori hanno iniziato a soffrire. Così abbiamo chiesto per il momento di fermare lo sciopero”.
“La palla è ora nel campo del governo”, ha detto Prachanda. “Risponderemo solo dopo che sarà tornata nel nostro campo”.
Prachanda ha poi respinto ogni negoziato con il governo fino a quando il Primo ministro non si dimetterà. “Se non avremo la pace e la Costituzione che vogliamo, la pazienza, la non-violenza e la civiltà di questo sciopero non ci saranno la prossima volta”.
Prachanda ha quindi affermato:
“Lo sciopero è sospeso, ma questa lotta non è finita. Janandolan III è iniziata. Lo sciopero è stato solo una prova generale. Se le nostre richieste non saranno soddisfatte noi mostreremo tutto il resto del film prima 28 maggio”.
I maoisti del Nepal non si impiccano ai modelli rigidi cinese o russo. Essi sono famosi per il loro approccio non-dogmatico. Le parole di Prachanda riecheggiano chiaramente la celebre descrizione fatta da Lenin degli scontri di piazza in Russia (le Giornate di Luglio, Ndt), come una “prova generale” in vista della definitiva conquista del potere nell’Ottobre del 1917.
Dal 2006, i maoisti in Nepal hanno lavorato per completare il rurale Esercito Popolare di Liberazione con la crescita della nuova e potente mobilitazione popolare.
“Janaandolan I” era una rivolta nel 1990 che ha dato alla luce questa generazione di dirigenti rivoluzionari. “Janaandolan II” è stata la rivolta del 2006 che ha abbattuto la monarchia. “Janaandolan III” è per i maoisti la terza rivolta inscritta nel loro programma radicale per un nuovo Nepal.
Chiamando quest’ultima settimana di scioperi e manifestazioni “prova generale”, Prachanda indica che potrebbe alzarsi il sipario per un prossimo atto lungamente preparato.
Tratto da: http://www.ptb.be/ del 16 maggio
Traduzione a cura della Redazione