Un appello da sottoscrivere
Appello rivolto alle antirazziste e agli antirazzisti che non intendono tacere
A coloro che intendono schierarsi apertamente, in maniera netta e senza ambiguità, per la chiusura definitiva dei Centri di identificazione ed espulsione, strutture che rappresentano concretamente il simbolo più evidente della negazione dei diritti – primo fra tutti quello della libertà personale – nonché momento estremo del controllo sociale.
Buchi neri del diritto nazionale e internazionale, spesso nascosti agli occhi dei cittadini nelle periferie delle città, inaccessibili e non monitorabili, i Cie sono nei fatti un’istituzione illegale, risultato di abusi giuridici e di leggi razziali come quella che introducendo il «reato di clandestinità», nega il principio di eguaglianza.
Chi ci è entrato ha avuto modo di toccare con mano rabbia, dolore e violenza. L’estensione a sei mesi del tempo massimo di detenzione ha acuito ancora di più la disperazione, che spesso si traduce in tentativi di suicidio, in vite che si frantumano nel silenzio e nell’indifferenza. Chi ha ascoltato la voce di quelle e quelli che in maniera ipocrita vengono chiamati «ospiti», riuscendo a sfondare il muro impenetrabile di invisibilità che nasconde i destini di persone costrette in gabbia, può affermare con nettezza che i Cie, un tempo Cpt, sono irriformabili.
Perché è inaccettabile restare rinchiusi per il solo fatto di aver varcato una frontiera per necessità, per il solo fatto di esistere e aspirare a un futuro migliore. L’esistenza dei Cie si colloca nel disegno di chi vuole uomini e donne migranti in perenne condizione di ricattabilità, impossibilitati ad accedere a percorsi di regolarizzazione, scorie finali di chi è espulso dal circuito produttivo dopo essere stato sfruttato e costretto alla clandestinizzazione.
Gabbie e cemento, nascondono destini spezzati, tentativi di rivolta, furore legittimo e repressione sistematica. Gli enti gestori, che da queste strutture guadagnano milioni di euro macchiati di sangue, provvedono a far trovare ambienti puliti alle delegazioni che riescono a entrare. Ma basta guardare negli occhi gli uomini e le donne che stanno dietro quelle sbarre, per ritrovarsi in faccia una realtà celata e rimossa.
Quella che chiediamo non è soltanto una firma di circostanza, ma un impegno duraturo.
Chiediamo che chi opera nei mezzi di informazione, nelle associazioni umanitarie, nelle istituzioni, nel mondo della cultura e dello spettacolo, si assuma, sottoscrivendo, una responsabilità precisa. Quella di forzare l’omertà che consente tale vergogna e di raccontare.
Raccontare con onestà, non fermandosi all’apparenza ma per comunicare quanto sia importante chiudere tutti i Cie.
Scegliendo oggi di disobbedire al consenso di cui gode il razzismo istituzionale. Un giorno, speriamo non lontano, luoghi infami come i Cie diventeranno simboli di una vergogna passata, da visitare per non dimenticare, per non ripetere.
Per aderire: http://www.nocie.org/index.php?option=com_beamospetition&Itemid=81&pet=1