Mentre leggete queste note la “Freedom Flotilla”, ovvero le nove imbarcazioni organizzate dalla Campagna Europea per porre fine all’Assedio di Gaza (EGESG), a dispetto delle minacce israeliane, sono decise ad approdare a Gaza. Porteranno non solo la solidarietà ma 5mila tonnellate di aiuti alla popolazione. Troveranno una situazione tremenda, aggravata anche dall’ultimo gesto dei salafiti, l’incendio del Campo estivo per ragazzi gestito dall’UNRWA.

E’ opinione comune che il blocco totale di Gaza da parte israeliana, che tante sofferenze provoca ai palestinesi della Striscia, sia iniziato con l’aggressione scattata il 27 dicembre 2008, la famigerata “Operazione piombo fuso” (le stesse Nazioni Unite accusarono Israele di “crimini contro l’umanità”). In verità il blocco totale israeliano (giunto fino al sequestro reiterato dei convogli umanitari dell’ONU che portavano beni di primissima necessità) iniziò nel giugno 2007, dopo che HAMAS, vinte le elezioni in Palestina, dovette far fronte al tentativo di al-Fatah di rovesciare con la forza il suo legittimo governo.

Da tre anni i cittadini di Gaza vivono in condizioni disperate. Siamo in presenza non più solo di un Bantustan, ma di un vero e proprio lager, di una gigantesco campo di concentramento. Non solo il reddito procapite è di meno di tre dollari al giorno (tra i più bassi al mondo). A causa del blocco a Gaza non possono essere assisiti i malati per mancanza di medicinali e attrezzature mediche, manca il latte per i bambini, il sistema scolastico è a pezzi. Si sopravvive solo grazie ai beni che riescono a passare “illegalmente” attraverso i tunnel con l’Egitto, che gli egiziani sono giunti a gasare pur di bloccarli.

Ognuno può capire, in queste condizioni di miseria totale, quanto sia difficile per le autorità di HAMAS evitare il collasso totale della Striscia. Ed è in queste condizioni estreme che i gruppi di musulmani salafiti, una vera e propria spina nel fianco di HAMAS e delle forze ad essa alleate come Jihad islamica e Fronte Popolare, cercano di ampliare il loro consenso.
Nell’agosto scorso commentavamo gli scontri armati tra miliziani di HAMAS e il movimento salafita Jund Ansar Allah, che fece almeno venti morti.

La lezione impartita a Jund Ansar Allah non poteva sradicare l’influenza dei salafiti, il cui consenso si alimenta appunto a causa delle condizioni estreme di vita. La propaganda di questi gruppi fa presa anzitutto su certi settori della gioventù di Gaza, che fondono assieme un estremo rigorismo religioso con il rifiuto di ogni compromesso con il nemico israeliano.

Venerdì scorso, 22 maggio, decine di miliziani salafiti hanno attaccato un campo estivo per i bambini e le bambine di Gaza, gestito dall’UNRWA. Con un’azione fulminea, dopo aver colpito e immobilizzato le guardie, hanno incendiato tende a attrezzature del campo, distruggendone una buona parte. Si tenga conto che usufruiscono del campo, ogni estate, circa 250mila bambini.
La ragione dell’attacco? Nel campo bambini e bambine passano le vacanze mischiati assieme, e questo per i salafiti, per tutti i musulmani che interpretano in maniera puritana i dettami coranici, è inaccettabile.
Le autorità di HAMAS hanno immediatamente condannato questa azione come un crimine. Ihab al-Ghussein, portavoce del ministero degli interni di Gaza, ha promesso che i colpevoli verranno individuati e puniti.
Nel frattempo l’attacco ha prodotto un suo primo effetto: molte famiglie, impaurite, hanno affermato che quest’estate non manderanno i loro figli al campo, temendo per la loro sicurezza.
Quanto sarà estesa e decisa la risposta di HAMAS? Quanto è probabile una definitiva resa dei conti con i gruppi e le milizie salafite? Lo vedremo nelle prossime settimane.