Cresce la solidarietà con Gaza
Il sacrificio dei martiri della Navi Marmara non è stato inutile

Solo il tempo ci dirà cosa è cambiato dopo la strage compiuta dai commandos israeliani sulla Navi Marmara all’alba di lunedì.
Anche le ultime notizie riferite da numerosi attivisti, arrivati ieri in Turchia dopo essere stati prigionieri di Israele per 4 giorni, ci parlano della linea brutale scelta dal governo Netanyahu.
Pestaggi, torture psicologiche, minacce di vario tipo, furto di ogni cosa: ecco come la pretesa “democrazia” israeliana, tanto cara a destra e a manca, ha trattato centinaia di militanti impegnati in un’operazione umanitaria di solidarietà con la parte più sofferente del popolo palestinese.
Di tutto ciò hanno parlato chiaramente anche gli italiani a bordo della Freedom Flotilla – Angela Lano, Giuseppe Fallisi, Ismail Abdel Rahim Qaraqe Awin, Marcello Faracci, Manuel Zani e Manolo Luppichini.

Al tempo stesso non si riesce ancora ad avere un bilancio preciso delle vittime: secondo Israele i morti sarebbero 9, mentre altre fonti parlano di un minimo di 19, un dato confermato da diversi testimoni a bordo della nave dove è avvenuta la carneficina.
Secondo l’infermiera australiana Jenny Campbell, molti corpi sono stati gettati in mare dai militari israeliani. Una versione confermata anche da Shada Barakat della delegazione siriana.

La protervia israeliana non fa che accrescere la solidarietà con Gaza. Tutto ciò mette in apprensione gli ambienti filo-sionisti europei, ed in particolare la “sinistra” sionista, i cui solerti rappresentanti non fanno altro che scrivere di un “Israele caduto in trappola”, mentre la loro preoccupazione non è per la strage, tantomeno per gli assediati di Gaza, ma solo ed esclusivamente per l’immagine dello stato ebraico nel mondo.

Intanto il 2 giugno è stato un altro giorno vergognoso per l’Italia. In netta minoranza, in compagnia soltanto con gli Usa e l’Olanda, il governo italiano ha detto no perfino alla commissione d’inchiesta decisa dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu riunito a Ginevra. Le commissioni d’inchiesta in genere non hanno una grande efficacia, specie quando c’è ben poco da accertare come in questo caso. Tuttavia, sia Israele che i suoi più stretti sostenitori (tra i quali, piaccia o non piaccia agli obamiani di casa nostra, restano in prima fila gli americani) hanno ritenuto di respingere spudoratamente anche questa decisione.
Con quale motivazione lo ha spiegato l’ineffabile Maurizio Massari, portavoce della Farnesina: «Israele è uno Stato democratico e perfettamente in grado di condurre un’inchiesta credibile e indipendente». Un’affermazione (peraltro ribadita da diversi esponenti governativi) che evidentemente non ha bisogno di alcun commento.

Verso la Freedom Flotilla II

Dicevamo che solo il tempo ci dirà che cosa è cambiato con la strage del 31 maggio.
Quel che è certo è che, a livello internazionale, la consapevolezza di quel che sta accadendo a Gaza non è mai stata forte come oggi.
Un indicatore decisivo sarà l’intensificazione delle azioni di solidarietà. Attualmente la “Rachel Corrie”, l’imbarcazione allestita da Ong irlandesi e malesi che porta il nome della pacifista americana massacrata a 23 anni da un bulldozer israeliano, si sta dirigendo verso Gaza, mentre ieri è stata annunciata l’organizzazione della Freedom Flotilla II.

Citiamo da Infopal: « Rami ‘Abduh, membro della Campagna Europea, che fa parte della coalizione che ha organizzato la Freedom Flotilla, ha detto che “nelle 24 ore appena trascorse la Campagna è riuscita, attraverso vari canali a tutto campo, ad assicurare il finanziamento di sei navi che andranno a comporre un’enorme flotta, che partirà tra poche settimane”.
Prosegue ‘Abduh: “La Freedom Flotilla 2, che partirà tra poche settimane, sarà ancor più grande e vedrà ancor più partecipanti, tra cui molte personalità di tutto il mondo (parlamentari, giornalisti ecc.)”.
“Per onorare il sangue dei martiri e dei feriti che erano a bordo della prima Flotilla assaltata da Israele, è un dovere per noi andare fino in fondo, inviando altre navi verso Gaza finché l’embargo oppressivo imposto da quattro anni non verrà rotto”».

Un sentimento ben espresso da Ismail Abdel-Rahim Qaraqe Awin, attivista italo-palestinese appena rientrato in Italia dopo aver partecipato alla Freedom Flotilla: «Abbiamo fatto questo sacrificio per la gente di Gaza – dice con rabbia -, per quel milione e mezzo di palestinesi che sono in galera. Vogliamo farlo ancora. Vogliamo che il governo italiano e di tutto i Paesi del mondo capiscano. Basta con il silenzio: end the siege on Gaza». (da la Repubblica online, 3 giugno)