Proponiamo ai nostri lettori un’attenta analisi del rapporto Goldstone e della “difesa” adottata da Israele di fronte alle conclusioni della Commissione. Il testo, che pubblichiamo di seguito, è stato scritto dall’avvocato Ugo Giannangeli sulla base di una sua relazione svolta alla Camera del Lavoro di Milano il 30 marzo scorso.
Nel frattempo i sionisti hanno compiuto nuovi crimini, ultimo il massacro sulla nave Mavi Marmara, facente parte del convoglio della Freedom Flotilla diretto a Gaza con un carico di aiuti umanitari. Anche alla luce di quest’ultimo fatto, il lavoro di Giannangeli aiuta a comprendere la vera natura del sionismo e dello stato di Israele.

Fin dalle prime righe degli scritti difensivi di Israele rispetto alle conclusioni della Commissione Goldstone (Israele ha commesso crimini di guerra e in taluni casi crimini contro l’umanità) si resta colpiti, più che dal contenuto, dal tono usato.
Quando si difende una causa indifendibile (per gravità delle imputazioni e per entità della prova a carico), è preferibile un tono sommesso, quasi a cercare l’altrui comprensione, nel tentativo di riduzione del danno.
Israele invece, usa la stessa arroganza che, recentemente, è stata usata da Netanyahu in alcune  dichiarazioni pubbliche, ad esempio: “Costruire a Gerusalemme Est e a Tel Aviv non fa alcuna differenza”. Giungendo al dileggio: “Pretendere il blocco della colonizzazione è un ostacolo alla pace”.
Il disprezzo del diritto internazionale è ostentato; ed è ben comprensibile questo atteggiamento provocatorio, vista l’impunità di cui gode Israele dal 1948 ad oggi.

Le accuse della Commissione Goldstone sono gravissime:
è violata praticamente tutta la Quarta Convenzione di Ginevra del 1949 a tutela  della popolazione civile  nel corso dei conflitti e sono integrate quasi tutte le fattispecie di crimini di guerra e contro l’umanità, di cui gli artt. 7 e 8 dello Statuto di Roma del 1998, istitutivo del Tribunale Penale Internazionale.
Vediamo innanzitutto da chi provengono le accuse: Richard Goldstone è un ebreo, ex giudice della Corte Costituzionale  del Sud Africa (quindi esperto di apartheid) nonché ex Pubblico Ministero  al Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia ed il Rwanda.
Certamente è una persona imparziale ed esperta, come  gli altri tre membri.
La Commissione ha svolto indagini tra maggio e luglio 2009.

Prima osservazione: Israele non ha collaborato, anzi ha boicottato il lavoro di indagine, giungendo a negare l’accesso a Gaza dalle proprie frontiere (la Commissione è dovuta entrare a Rafah dall’Egitto).
E’ stato impedito anche l’incontro  con l’ANP in Cisgiordania (si sono incontrati ad Amman). Perfino all’interno di Israele è  stata negata libertà di circolazione. Al contrario, massima collaborazione è stata offerta da Hamas (ne dà atto Goldstone).
Inizialmente la Commissione ha sottoposto una lista di domande: ANP e Hamas hanno risposto, il governo israeliano no.
Un misto tra tracotanza e consapevolezza  di avere molto da nascondere.

Seconda osservazione: Goldstone  ha “contestualizzato” l’eccidio di Gaza tenendo presenti “le politiche dominanti nei Territori Palestinesi Occupati” e, per Gaza, l’embargo.
Ha anche ribadito l’applicabilità della Quarta Convenzione di Ginevra e quindi lo status di Paese occupante per Israele (la questione, del resto, è da tempo risolta essendo stata ribadita l’applicabilità dall’ONU, dai Paesi firmatari e dalla stessa Alta Corte di Giustizia israeliana).
Si riportano, sintetizzandole, le conclusioni del rapporto.
– Gli edifici governativi e la sede del Consiglio Legislativo Palestinese bombardati non erano obiettivi legittimi.
– Le forze di polizia non erano obiettivi militari (sono stati uccisi 240 poliziotti, di cui 99 nei primi minuti di attacco)
– Non è stata trovata alcuna prova a sostegno del fatto che i combattenti palestinesi usassero civili a propria protezione (i combattimenti inevitabilmente, si svolgevano in aree urbane densamente popolate).
– Israele non si è adeguatamente preoccupato di tutelare i civili. Non possono essere ritenuti sufficienti gli avvisi (via telefono, volantini) talvolta utilizzati. E’ anche accaduto che siano stati fatti spostare  civili verso i centri delle città, mentre questi erano bombardati dall’aviazione.
– È ingiustificato l’attacco alla sede UNRWA di Gaza City con fosforo bianco. Vi erano rifugiati circa 700 civili. L’attacco è durato molte ore.
– È ingiustificato l’attacco all’ospedale Al Quds di Gaza City con granate al fosforo; nessun avviso è stato lanciato.
– E’ ingiustificata l’uccisione di civili a Jabalya (oltre 35, di cui 11 membri di una famiglia nel proprio giardino, gli altri all’incrocio vicino); 40 sono stati i feriti. Vicino c’era una scuola UNRWA con oltre 1300 rifugiati.

Tutto ciò che è qualificato “ingiustificato” è da ritenere criminale, perché in violazione del diritto umanitario internazionale.
– Molteplici sono stati gli attacchi deliberati contro la popolazione civile, alcuni realizzati  con modalità particolarmente efferate, ad esempio: è stata bombardata una casa dopo che vi erano stati fatti confluire molti civili (la memoria della nostra storia va a Sant’Anna di Stazzema); civili sono stati uccisi mentre abbandonavano le proprie case mostrando bandiera bianca.
– È stata impedita l’evacuazione di feriti o l’accesso di autoambulanze; autoambulanze sono state colpite durante il tragitto.
– Del tutto deliberata è stata anche l’uccisione di 15 persone all’interno di una moschea e altre 5 durante una veglia funebre.
– Solo in un caso Israele ha riconosciuto la propria responsabilità, attribuita ad un errore: è stata bombardata una casa e sono stati uccisi 22 familiari; doveva invece essere colpita  una casa vicina, secondo  Israele adibita a deposito di armi.
– Alcuni attacchi sono stati finalizzati esclusivamente alla privazione dei mezzi di sostentamento alla popolazione; ad esempio la distruzione del mulino Al Bader e quella di un grande allevamento di polli che forniva il 10% del fabbisogno di uova in tutta la Striscia.
– Altri attacchi sono stati finalizzati esclusivamente alla privazione di case, soprattutto negli ultimi tre giorni, a ritiro ormai in corso; complessivamente sono stati distrutti 280 edifici tra scuole ed asili.
– In almeno quattro casi l’esercito ha usato civili come scudi umani: bendati ed ammanettati sono stai fatti entrare nelle case, ove si sospettava che potessero esserci combattenti o cariche esplosive innestate; molti civili sono stati interrogati con uso di violenza o sotto minaccia di morte. Nel corso delle operazioni militari, l’Alta Corte di Giustizia israeliana  ha ordinato l’immediata cessazione della pratica degli scudi umani ma l’ordine è stato ignorato.
– Sono stati fatti prigionieri molti civili e sono stati trasferiti in Israele; sono state catturati  anche donne e bambini; sono stati detenuti anche in pozzi o buche nel terreno, senza acqua e cibo; moltissimi i casi di pestaggi nelle carceri.

E’, quella sintetizzata, una vera e propria galleria degli orrori.
Non ho trovato traccia di stupri e voglio sperare che almeno questo crimine odioso non sia stato commesso, a meno che l’assenza non sia da addebitare alla difficoltà a che emergano simili fatti.

Dice Goldstone: “Poiché l’esercito afferma di non avere commesso errori e vista l’alta tecnologia usata, dobbiamo ritenere  che tutto questo è stato pianificato e voluto”.
Goldstone, nel suo rapporto, si occupa anche della situazione a Gerusalemme est e in Cisgiordania: la repressione delle manifestazioni di solidarietà alla popolazione di Gaza, alcuni dimostranti uccisi, le condizioni di detenzione degli 8100 prigionieri politici (ragazzi inclusi), la detenzione amministrativa (priva cioè di specifica accusa), il muro, i check-points, il coprifuoco, le strade vietate ai palestinesi, le demolizioni di case, la continua colonizzazione (73.000 nuove case già progettate). Di queste 73.000 fanno parte le 1600 di Gerusalemme Est che hanno provocato contrasti tra USA  e Israele , ma non per il fatto che ne sia prevista la costruzione, bensì perché l’annuncio è stato dato il giorno stesso dell’arrivo di Biden in Israele.

Goldstone si occupa anche della repressione del dissenso in Israele, che ha colpito soprattutto due organizzazioni: “New Profile” e “Breaking the silence”.
Queste due organizzazioni infatti, insieme all’Alternative Information Center, hanno raccolto testimonianze  di soldati e quindi  hanno fornito prove sicure e dirette.
Non dimentica, infine, Goldstone, che è stato precluso ogni accesso alla informazione: dal 05/11/2008 è stato negato l’ingresso ai giornalisti a Gaza (il giorno successivo alla rottura della tregua da parte israeliana, ad ulteriore dimostrazione della preordinazione dell’attacco).
Goldstone esclude la reale volontà di indagine di Israele: Israele indaga non per individuare responsabili di crimini, ma per migliorare l’operatività dell’intervento militare (c.d. “indagini operative”).
Questa affermazione di Goldstone è molto importante perché esclude la causa di non procedibilità (cioè consente la procedibilità) prevista dall’Art. 17 dello Statuto di Roma, secondo cui  il Tribunale Penale Internazionale non può procedere nei confronti di chi è stato sottoposto ad indagini e processo corretti nello Stato.   
Scatta, cioè, la giurisdizione internazionale  quando è carente o inesistente quella nazionale.

La cosiddetta “unica democrazia del Medio Oriente” esce devastata dal rapporto. La sua difesa accresce la devastazione, sia per il tono arrogante sia per i contenuti risibili.
Esaminiamola.
Israele ha presentato, ad oggi, due scritti difensivi, a luglio e a dicembre 2009.
Perché lo ha fatto ?
Dopo aver tentato di boicottare il lavoro della Commissione, sarebbe stato eccessivo perfino per Israele ignorarne le conclusioni. Prova a dimostrare di avere gli strumenti e la volontà di assicurare giustizia, individuando e punendo i responsabili di eventuali crimini.
La gravità dei fatti è minimizzata, quando non negata, e la responsabilità è attribuita alla iniziativa o all’errore del singolo militare.
Israele sa che il rischio di essere sottoposto  al giudizio di un organismo internazionale è minimo se non inesistente. Questo per ragioni politiche e giuridiche.
Politiche, perché Israele gode di troppi appoggi e beneficia dell’assenza di forze che vogliano e possano contrapporsi agli U.S.A. e ai suoi alleati, U.E. prima di tutti.
Giuridiche perché Israele non ha firmato (anzi ha votato contro) lo Statuto di Roma del 1998, istitutivo della Corte Penale Internazionale. Non solo, ma la Palestina non gode della soggettività giuridica di uno Stato.
Benché non abbia da temere, verosimilmente per un mero fatto di immagine, Israele abbozza una difesa.

Questa si snoda attraverso tre linee:
– esaltazione del proprio sistema di garanzie  giudiziarie (per le ragioni dette)
– attribuzione della responsabilità esclusiva dell’accaduto ad Hamas
– decontestualizzazione dei fatti: la narrazione parte dal 2000, dall’inizio cioè della 2° Intifada e quindi dal ritorno all’uso anche della violenza contro l’occupazione.

Sulla questione della violenza vi è da dire subito che il diritto di resistenza del popolo palestinese è di duplice natura: è violenza legittima, propria della guerra di liberazione nazionale; è anche legittima difesa ai sensi dell’Art. 51 della Carta delle N.U.
È bene anche ricordare che la repressione di Israele è sempre stata durissima anche nei confronti della resistenza non violenta: si pensi  alle braccia spezzate  dei bambini che lanciavano sassi nella 1° Intifada; ai bambini costretti a salire a recuperare le bandierine palestinesi sui cavi elettrici  e quindi, spesso, fulminati. Per venire ai giorni nostri, si pensi alle manifestazioni  pacifiche a Ni’lin e Bel’in, concluse sempre con pestaggi, arresti, feriti e, recentemente, un ucciso.

Israele inizia la propria difesa enfatizzando i danni provocati dai razzi Qassam e dai colpi di mortaio. E’ costretta ad ammettere che, in tutto il 2008, anno in cui si sarebbe fatta, a suo dire, più aggressiva l’azione di Hamas, sono stati quattro i morti israeliani colpiti da Qassam o mortai, di cui tre tra il 27 e il 29 dicembre, cioè ad attacco iniziato.
Afferma poi, di aver fatto di tutto per evitare l’attacco, inviando continui appelli al Segretario  dell’ONU (giunge a citare, una per una, tutte  le lettere spedite !).
Israele sembra non avvedersi del ridicolo : si rivolge a quell’ONU di cui ha sempre ignorato le risoluzioni!
Se esalta, inoltre, il dato numerico dei quattro uccisi dai Qassam, omette di considerare che tra agosto 2007 e giugno 2008, sono stati uccisi  600 palestinesi, inclusi bambini che giocavano e contadini al lavoro!
Insiste molto sul caporale Shalit “rapito” nel 2006.
Si noti il termine “rapito” quasi si trattasse di una persona sequestrata da una organizzaione criminale quando è, invece, un militare catturato durante un’azione sulla linea di confine.
Sarà pur vero che Hamas non consente la visita della Croce Rossa al militare ma è pur vero che la doglianza proviene dallo Stato  che ha distrutto sedi UNRWA, scuole, fabbriche e ha sparato sulle autoambulanze.
Si sofferma poi, Israele, su una questione giuridica.
Dice di aver rispettato il diritto umanitario  internazionale per essersi attenuto a due principi cardine: quello di “distinzione” e quello di “proporzionalità” (distinzione tra civili e combattenti; proporzione tra vittime innocenti e vantaggio militare perseguito).
È da notare che il principio di proporzionalità consente, comunque, il sacrificio di vittime innocenti purché il vantaggio militare da conseguire sia consistente.
Israele ammette che “in molti casi i risultati dell’operazione su Gaza sono stati sfortunati”.

Per questo, al termine dell’eccidio, Olmert si è scusato !
C’è da chiedersi perché, oltre a scusarsi, non abbia tolto l’assedio, consentendo la libera circolazione  delle merci (cemento, medicinali, attrezzature mediche, cibo..).
In realtà non è vero che i due principi  siano stati rispettati.
Occorre tenere presente un dato tecnico-giuridico: la distinzione tra dolo e colpa.
Una condotta si dice dolosa quando vuole l’evento oppure (dolo eventuale) accetta il rischio che l’evento si verifichi; colposa quando non vuole l’evento ma lo provoca per imperizia o negligenza.
Un esempio: nel 2002 Israele ha buttato una bomba di una tonnellata  a Gaza City sul condominio abitato, tra gli altri, da Saleh Sheadeh, ritenuto capo dell’ala militare di Hamas.
Morirono in 25, tra familiari e vicini di casa, oltre Sheadeh; molti furono i feriti.
L’azione fu rivendicata da Israele come giusta e il pilota dell’aereo se ne vantò.
In casi come questo, trattasi di dolo diretto e non di dolo eventuale perché Israele  non si limita ad accettare il rischio che muoiano civili ma sa che moriranno.
Nulla fa per evitarlo perché, in realtà, il suo scopo è quello di diffondere quel terrore che lamenta per gli abitanti di Sderot e Askelon.

Israele osa parlare di codice etico per il proprio esercito

A parte l’uccisione deliberata di donne, vecchi e bambini che poco ha a che fare con l’etica, occorre ricordare le scritte contro arabi e islam sui muri delle case, scritte razziste tremendamente simili a quelle dei nazisti e dei fascisti  contro gli ebrei.
Israele assume anche di aver utilizzato munizioni le meno distruttive possibili. Oltre ai morti e ai feriti provocati nella immediatezza, occorre conteggiare i danni a medio e lungo termine, in particolare quelli alla fertilità maschile  e quelli sulla natalità (aborti e malformazione dei feti) causati dai residui lasciati dalle bombe.
Sono stati recentemente pubblicati dati relativi a Falluja in Iraq: nascono 1000 bambini malformati all’anno.
Goldstone non ha potuto investigare a fondo sulle armi utilizzate: nulla può riferire sull’uso di uranio (impoverito e non); non è certo l’uso di DIME mentre, sicuramente, sono stati usati fosforo bianco e missili flechette.
Israele accusa Hamas “di essersi confusa con la popolazione civile”, dimenticando (si fa per dire) la densità demografica di Gaza e comunque  che quella palestinese è una lotta popolare di liberazione nazionale, con forte contiguità tra civili e combattenti.
In realtà Israele non lo dimentica e, memore anche dei risultati elettorali del 2006, non fa alcuna distinzione tra civili e combattenti sul campo.
A parole si rammarica per i civili; le regole di ingaggio sono invece estremamente elastiche e non tutelano minimamente i civili (è attualmente agli arresti domiciliari una ex soldatessa incriminata per aver rivelato dati di cui era venuta a conoscenza  durante il servizio militare, in particolare sugli omicidi mirati e l’impunità garantita ai responsabili).
Molto insiste Israele anche sugli avvertimenti utilizzati (telefonate, volantini). Già si è detto che Goldstone ne ha escluso l’efficacia, per non dire dei casi in cui gli avvertimenti hanno rappresentato una vera e propria trappola: civili sono stati fatti confluire nei luoghi ove erano in corso bombardamenti.
Israele rivendica l’accuratezza e l’indipendenza del proprio sistema giudiziario. Già si è detto che Goldstone è di diverso avviso.

Parlano i fatti:
– la pratica degli scudi umani è proseguita, a Gaza, anche dopo che l’Alta Corte di Giustizia l’aveva proibita
– nel 2004 l’Alta Corte ha ordinato l’abbattimento di una porzione (circa 40 km.) di muro, pochi giorni prima del parere consultivo della Corte dell’Aja che ha condannato l’intero muro; il muro, anche quei 40 km, è ancora lì e cresce
– nel 2005 è stato respinto il ricorso dei coloni di Gaza contro il ritiro dalla Striscia; la sentenza è del tutto conforme alla decisione politico/militare di ritirarsi da Gaza.

Non sembra che l’Alta Corte goda di molta autonomia  o autorevolezza, eppure dovrebbe essere l’organo garante sulle decisioni dei Tribunali militari.
In realtà, in Israele è messa in discussione la stessa ripartizione dei poteri di Montesquieu: legislativo, esecutivo, giudiziario.

In Parlamento non è mai esistita una vera contrapposizione tra maggioranza e minoranza, almeno nei confronti dei Palestinesi (ad esempio, la colonizzazione ha avuto maggiore impulso con i laburisti di Barak); i capi di Stato e i ministri provengono tutti dalle file dell’esercito, né potrebbe essere diversamente, vista la militarizzazione  della società israeliana; i regolamenti e gli ordini militari governano ampie porzioni di territorio; il meccanismo giudiziario è spesso ridotto a farsa (testimoni segreti, incappucciati, come unica fonte di accusa, confessioni estorte con minacce di ritorsioni o tortura, diritto di difesa compresso o inesistente…).
Israele accusa  Hamas di aver “gonfiato” il numero delle vittime; in realtà le cifre in gran parte coincidono: 1444 uccisi secondo Hamas, 1417 secondo le ONG, 1166 secondo Israele.
A fronte abbiamo 6 uccisi israeliani, oltre a 4 uccisi da “fuoco amico”.
Quando qualche giornalista, in un eccesso di filo-sionismo, come il nostro Lorenzo Cremonesi, ha cercato di ridurre drasticamente il numero degli uccisi, è intervenuta la smentita dell’esercito a rivendicare la propria efficienza!
Un passaggio nella difesa israeliana è particolarmente odioso e mistificatorio, laddove si afferma  che “la Striscia non è né uno Stato né un Territorio occupato o controllato da Israele”.
Se è vero che dopo il ritiro del 2005 non può più parlarsi di occupazione, è anche vero che Gaza è sotto durissimo assedio.
Israele riconosce che è applicabile la Convenzione di Ginevra. E’ bene ricordare che, da tempo, Israele si sta muovendo a livello diplomatico/giudiziario per ottenere la modifica della Convenzione di Ginevra, ritenuta non più adatta ai moderni conflitti; in altri termini devono essere eliminate o ridotte le garanzie per i civili.
Israele giunge ad invocare il diritto all’autodifesa, di cui all’Art. 51 della Carta delle N.U.
Si guarda bene dal riconoscere lo stesso diritto alla controparte!
Afferma di avere agevolato l’assistenza umanitaria.
È smentito da Goldstone, dai testimoni oculari e dai dati statistici: tra gli uccisi figurano 14 persone, tra medici ed infermieri.
È opportuno ricordare la testimonianza di Vittorio Arrigoni, relativa all’Ospedale  Al Quds.

“A duecento metri dall’ospedale stavano riversi in strada una trentina di corpi, molte donne e bambini, alcuni dei quali ancora vivi. Non hanno potuto raggiungerli: i cecchini dai tetti delle case sparavano a qualsiasi cosa si muovesse. Quei corpi sanguinanti per strada erano civili in fuga dalle loro case colpite e incendiate dalle bombe. Gli snipers israeliani non hanno esitato un secondo a stenderli uno ad uno, una volta inquadrati nell’occhio del loro mirino, bambini compresi.”
(“Gaza.Restiamo Umani” – pag.89- ed.ManifestoLibri)

Israele estende la nozione di combattente ed è considerato tale chi raccoglie informazioni, chi trasporta combattenti, chi custodisce armi…
Sulle case afferma che se il combattimento si svolge casa per casa, tutte le case sono obiettivi militari.
Se questi sono stati i criteri seguiti, ben si comprende l’alto numero di vittime e la completa distruzione.
Esplicito sui civili: questi non godono di assoluta impunità; la loro presenza non impedisce l’attacco purché ci sia un vantaggio militare adeguato (vedi quanto già detto sul principio di proporzionalità e di distinzione).
Ed ancora: “Gi errori non sono crimini di guerra” ed anche “Non si può ragionare con il senno di poi”.
Con questi criteri è stata uccisa una donna ritenuta combattente suicida (nulla è stato trovato sul cadavere); sono stai uccisi civili che, uscendo di casa, avevano preso  per errore una direzione diversa da quella ordinata dai militari; sono state distrutte case ed ammazzati gli occupanti solo perché vicine all’obiettivo prescelto e colpite “per errore”.
Appare evidente che, nella realtà, è stata lasciata  una completa libertà di decisione e di azione sul campo, senza alcuna seria verifica di dati e di informazioni, con ampia garanzia di impunità.
Lo confermano i dati statistici riferiti dallo stesso Israele: a luglio 2009, i Tribunali militari stavano esaminando 100 denunce su Gaza e nell’aggiornamento di dicembre 2009 (quindi a distanza di un anno) su 236 inchieste penali aperte erano intervenuti solo 14 rinvii a giudizio (che, quindi, lasciano ampiamente aperta la porta dell’assoluzione).
Era intervenuta una sola condanna che vale la pena riferire.
Un soldato ha rubato una carta di credito in una casa saccheggiata e l’ha utilizzata intascando il denaro prelevato. E’ stato condannato a 7 mesi di carcere per saccheggio. Interessante la motivazione : ha leso l’onore dell’esercito!
E’ abbondantemente superata  la soglia del ridicolo: un furto lede l’onore  e non la strage.
In tema di impunità è bene ricordare (dati di Israele nella propria difesa) che tra il 2002 e il 2008 sono state avviate 1467 indagini e sono state inflitte 103 condanne.
Innanzitutto la media di 1 condanna su 15 casi dimostra una particolare indulgenza ma, soprattutto, Israele non riporta  l’entità delle pene inflitte: sono sempre esigue, con omicidi ritenuti sempre colposi e puniti con sanzioni inferiori a quelle inflitte ai refusnik.
Israele conclude la difesa enfaticamente: “Siamo fermamente impegnati a rispettare  il diritto internazionale”
Sappiamo che, se così fosse, non esisterebbe la “questione palestinese”.
Solo su un punto si deve dare ragione ad Israele ed è un punto su cui Israele insiste in molteplici passaggi: la sua condotta contro i civili non è stata dissimile da quella tenuta dalla Nato nel 1999 nella ex Jugoslavia  ed oggi dagli USA  e dai suoi alleati in Iraq e Afganistan.
Sappiamo che anche da questo discende l’impunità di Israele.

Che fare? Occorrono sanzioni

Il 10/03/2010 il Parlamento Europeo ha votato a favore del rapporto Goldstone. Quindi condivide le sue conclusioni così riassunte: Israele si è macchiato di crimini di guerra e contro l’umanità. Non solo, ma il suo sistema giudiziario non è idoneo a garantire la punizione dei colpevoli.
I passaggi dovrebbero essere i seguenti:
– Il Segretario Generale dell’ONU dovrebbe trasmettere il rapporto  al Consiglio di Sicurezza. 
– Il Consiglio di Sicurezza dovrebbe trasmettere al Procuratore della Corte penale Internazionale.

Sappiamo che nulla di tutto ciò avverrà.
In ogni caso, interverrebbe il veto del Consiglio di Sicurezza e, comunque, la Corte Penale Internazionale non riconoscerebbe la propria giurisdizione (per le ragioni esposte).
L’Europa neppure sospende l’accordo commerciale con Israele che ha come presupposto il rispetto dei diritti umani.
Il rispetto dei diritti umani è molto, ma molto meno dei crimini di guerra e contro l’umanità di cui si è macchiato Israele.

Il Tribunale Russel per la Palestina, nella 1° sessione di Barcellona, a marzo ha, tra l’altro, auspicato un rafforzamento della campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele.
Un’iniziativa non violenta contro un paese tra i più violenti.

Avv. Ugo Giannangeli
Aprile 2010