Anche il presidente cristiano Suleiman voleva il «no» alle sanzioni all’Iran ma il premier sunnita Hariri ha imposto la «linea della neutralità» gradita agli Usa
Come noto, il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha approvato nuove sanzioni contro l’Iran. Di fronte alle grandi pressioni americane, molto interessante la tenuta di Brasile e Turchia che hanno votato no. Una posizione tanto più significativa, a fronte dell’adeguamento ai desiderata di Washington da parte di Russia e Cina.Su una posizione intermedia (astensione) si è invece collocato il Libano. Sull’origine e sulle diverse prese di posizione scaturite dalla scelta del governo di Beirut, pubblichiamo il breve resoconto dell’agenzia Nena News.
Roma, 11 giugno 2010, Nena News – L’astensione del Libano sulle sanzioni approvate due giorni fa dal Consiglio di Sicurezza Onu contro l’Iran, ha spaccato il governo di consenso nazionale e fatto emergere una significativa differenza in politica estera tra il capo dello Stato Michel Suleiman (cristiano) e il premier Saad Hariri (sunnita). Il presidente aveva insistito per il «no» alle sanzioni in linea con le posizioni di Turchia e del Brasile ma non è riuscito a superare il primo ministro, stretto alleato di Washington, che ha ordinato al rappresentante del Libano nel CdS dell’Onu, Nawaf Salam, di scegliere l’astensione.
Hariri avrebbe voluto un netto «sì» del Libano alle sanzioni all’Iran ma di fronte al governo spaccato in due – 14 a favore, 14 contro – si è dovuto «accontentare» dell’astensione. I dirigenti dei due movimenti sciiti Hezbollah e Amal hanno duramente contestato la scelta di Hariri poichè, hanno spiegato, la posizione contraria espressa dal presidente alle sanzioni – motivata con la necessità di sostenere il quadro strategico regionale all’interno del quale si muove il Libano – e il «pareggio» nel gabinetto, avrebbero dovuto spingere l’ambasciatore all’Onu a votare «no». Hariri, invece, non tenendo contro della contrarietà di Suleiman e basandosi sul 14-14 registrato alla riunione del consiglio dei ministri, ha chiamato Nawaf Salam imponendogli l’astensione del Libano.
Del voto all’Onu Hariri aveva discusso lunedì scorso con il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah chiedendogli di appoggiare la «neutralità del Libano». Nasrallah, secondo il quotidiano as-Safir, aveva chiesto di poter consultare i suoi alleati politici prima di esprimere una posizione definitiva ma quando il giorno successivo ha comunicato la sua linea (contraria alle sanzioni) il premier non l’ha tenuta in considerazione. Hariri, peraltro, avrebbe pesantemente rimproverato il ministro degli esteri Ali Shami che aveva dato istruzione all’ambasciatore all’Onu di seguire la linea di Turchia e Brasile.
Su Hariri hanno pesato anche le pressioni di Washington. Sempre as-Safir ha riferito che l’ambasciatrice statunitense a Beirut, Michel Sasson, prima del voto al CdS dell’Onu si è recata a «far visita» ad Hariri e a Suleiman insistendo per il «sì» del Libano alle sanzioni. Il New York Times ha aggiunto che il Segretario di stato Usa Hillary Clinton ha telefonato al premier libanese prima delle votazioni all’Onu.
La «neutralità» del Libano sulle sanzioni all’Iran se, in apparenza, non metterà in discussione la stabilità del governo di consenso nazionale nato nel novembre 2009 – che vede insieme maggioranza cristiano-sunnita filo-occidentale e opposizione cristiano-sciita vicina a Siria e Iran – ha, tuttavia, riacceso le tensioni politiche nel paese che negli anni passati è stato sul punto di precipitare in una nuova guerra civile. «La risoluzione approvata dalle Nazioni Unite è contro le regole di equità e giustizia e riflette la tendenza prevaricatrice delle forze che governano il mondo e che decidono le politiche verso i paesi islamici», ha protestato Hezbollah in un comunicato diffuso dalla sua rete televisiva «Manar», di critica all’astensione libanese sulle sanzioni. Secondo il presidente del parlamento Nabih Berri, leader dell’altro movimento sciita, Amal, Beirut «avrebbe dovuto votare contro le sanzioni, perché l’Iran è un paese amico del Libano».
Soddisfatta la destra estrema al governo. Il capo delle Forze Libanesi, Samir Geagea, ha detto che il voto all’Onu ha rappresentato una prova di «democrazia e di libertà».