Ti “ascolterà” anche, come dice il ridicolo logo del gigante elettrico, ma l’energia la multinazionale italiana la ottiene in tanti modi, spesso calpestando a più non posso non solo l’ambiente (con le centrali a carbone ed il rilancio del nucleare), ma anche le popolazioni di paesi lontani, sui quali ha messo le mani con le acquisizioni degli ultimi 10 anni. Il caso più emblematico è quello del Cile, sul quale pubblichiamo a seguire due articoli di Andrea Fagioli usciti su Peacereporter.net.

“L’Enel in Patagonia è di una aggressività feroce e il mega-progetto Hydroaysen che prevede la costruzione di cinque centrali idroelettriche punta a trasformare la regione dell’Aysen (Cile meridionale) da riserva di vita a pila di Santiago e dell’industria mineraria del nord del paese”. Juan Pablo Orrego, vincitore nel 1998 del Right livelihood award, considerato il Nobel alternativo, e uno dei leader del Consiglio di difesa della Patagonia (Cdp), non ha dubbi: il Cile non ha bisogno delle dighe e il progetto è un business per le imprese, a spese dell’ambiente e dei cittadini della regione.

Dal suo ufficio al secondo piano di un anonimo edificio nella zona est di Santiago in cui lo incontriamo, Orrego porta avanti, con la sua Ecosistemas e insieme a molte altre organizzazioni cilene e internazionali – tra cui le italiane Omal, Mani tese, Per la riforma della Banca mondiale, Servizio civile internazionale e A sud – la battaglia per fermare il mega-progetto, in attesa del via libera definitivo, di cui il gigante italiano dell’elettricità possiede il 51 percento attraverso la controllata Endesa.

Il 17 maggio, al termine di un tour che ha portato Orrego e il vescovo di Aysen, Luis Infanti de la Mora, a parlare di fronte all’assemblea degli azionisti dell’Enel e al Parlamento europeo di Bruxelles, il Cdp ha denunciato Enel ed Endesa al Tribunale permanente dei popoli di Madrid (Tpp), per voler degradare il patrimonio naturale della Patagonia e violare il diritto dei suoi abitanti a vivere in un ambiente libero dall’inquinamento.
Hidroaysen, che prevede tre dighe nel fiume Pascua, due nel fiume Baker e 2.300 chilometri di linee di trasmissione per portare l’energia dalla Patagonia a Santiago, è considerata un’opera ad altissimo impatto ambientale dalle organizzazioni ecologiste, supportate da uno studio di un gruppo di ricercatori del Mit di Boston.

Partiamo dall’inizio signor Orrego. Lei parla dell’aggressività dell’Enel, ma il progetto è nato ben prima della sua acquisizione di Endesa, semmai a essere aggressivi saranno stati gli spagnoli!

Certo, infatti quando Enel ha comperato la società spagnola noi abbiamo sperato che qualcosa cambiasse, che l’azienda italiana fosse più “verde” e socialmente responsabile di Endesa. E in effetti l’anno scorso, quando sono stato a Roma, mi avevano detto di avere dubbi rispetto alle strategie imprenditoriali di Endesa e di non essere sicuri del progetto. Quando sono tornato quest’anno però ho trovato uno scenario completamente diverso. Hanno deciso di adottare un modello iper-aggressivo, sconsiderato e di passare sopra a qualsiasi cosa. Da quello che ho potuto capire, Enel si è indebitata fino al collo per acquistare Endesa (pagata 11 miliardi di dollari nel 2009) che è il fiore all’occhiello dell’azienda e non ha intenzione di cambiare niente. (In realtà questi 11 miliardi sono serviti solo ad acquistare un ulteriore 25% di Endesa oltre al 67,5% già acquisito in precedenza, per cui Endesa è costata ad Enel oltre 40 miliardi di euro – ndr).

Sì, ma dov’è l’aggressività?

Da una parte continuano a corrompere le autorità locali con progetti di volontariato, pacchetti di opere sociali, sussidi rurali, borse di studio e corsi di informatica. Sono arrivati anche a offrire connessione wifi gratis a interi villaggi in cui per entrare si passa obbligatoriamente per la pagina di Hydroaysen. Ma dall’altra hanno alzato il tiro. Pablo Yrarrazaval, direttore di Enersis, consorzio che controlla Endesa, ha donato 10 milioni di dollari per la ricostruzione post-terremoto del paese, e poi ha chiesto en passant al presidente Pinera di non ostacolare l’approvazione del progetto. Questo dimostra la prepotenza e l’arroganza di queste persone. Arrivano a usare la Moneda per i propri scopi.

Chi ci guadagna con il progetto?

Hydroaysen è un business incredibile, si considera che i lavori dureranno 12 anni e i costi si aggireranno intorno ai 7 miliardi di dollari (dai 3,5 previsti dal progetto originario), ma una volta che le centrali saranno a pieno regime gli utili saranno tra 1,2 e 1,4 miliardi di dollari, questo significa che i costi saranno coperti in pochissimi anni. Poi solo profitti.

E l’energia, a chi serve?

Dicono che sia per tutti i cileni, a sentire loro sembra sia un’opera filantropica. In effetti l’energia di queste dighe verrebbe immessa nel Sistema interconnesso centrale (Sic) che rifornisce il 93 percento della popolazione. In realtà chi ne ha bisogno è la grande industria della regione metropolitana, ma soprattutto l’industria mineraria del nord che ne consuma circa il 40 percento. Alla fine dei conti per uso residenziale ne rimane meno del 15. Ma c’è di più, per trasportare l’energia senza perdite per 2.300 chilometri, questa viene trasformata in corrente continua non utilizzabile per essere poi ritrasformata alle porte di Santiago e distribuita. Di conseguenza il 51 percento di paese attraversato dalle 6.000 torrette di 60/70 metri di altezza pagherà un prezzo altissimo dal punto di vista ambientale, senza trarne alcun vantaggio in termini energetici.

Ma perché vi siete rivolti al Tpp, che può emettere solo sentenze non vincolanti che hanno un valore esclusivamente simbolico, e non siete ricorsi alla giustizia cilena?

Perché il Cile è uno dei paesi con la legislazione più liberista del pianeta. La logica è che tutti gli impatti sociali si possono compensare economicamente e tutti gli impatti ambientali si possono mitigare. Le istanze ambientali non devono essere un freno per lo sviluppo. Esiste una Commissione nazionale dell’ambiente (Conama) così come varie commissioni regionali (Corema), ma dalle loro valutazioni non dipende l’approvazione dei progetti. Si limitano a cercare forme per renderli più compatibili con l’ambiente. Un altro aspetto importante è quello delle concessioni dell’acqua. La costituzione del 1980 (scritta in piena dittatura ndr.) ne decretò la proprietà privata e di fatto Endesa è proprietaria dell’80 percento delle acque del Cile e del 96 percento di quelle della regione di Aysen. La stessa costituzione impedisce allo Stato cileno di entrare in attività commerciali, quelle attività in cui lascia entrare lo Stato italiano, azionista di Enel.

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Il mostro di cemento

Hidroaysen è una delle maggiori opere di infrastruttura della storia cilena e il più grande progetto in cui sia impegnata attualmente l’italiana Enel

Cinque centrali idroelettriche (2,75Mw di potenza installata), due nel fiume Baker e tre nel fiume Pascua, e 2.300 chilometri di linee di trasmissione necessarie a trasportare la corrente dalla XI regione, in Patagonia, nel profondo sud del Cile, alla capitale Santiago. Hidroaysen è una delle maggiori opere di infrastruttura della storia cilena e il più grande progetto in cui sia impegnata attualmente l’italiana Enel, che nel 2009 ha acquistato per 11 miliardi di dollari il 92% della spagnola Endesa (vedi nota redazionale precedente), titolare del 51% del progetto (il restante 49% è della cilena Colbun).

I costi previsti per la costruzione sono schizzati in alto, soprattutto quelli della linea di trasmissione che con circa 6.000 torri, di un’altezza compresa tra i 60 e i 70 metri, sarebbe la più lunga del mondo. Tanto che in un momento l’Enel ha valutato l’ipotesi di tirarsi indietro. Secondo le ultime stime, la spesa totale per l’intero mega-progetto si aggirerebbe intorno ai 7 miliardi di dollari, il doppio rispetto a quanto stimato inizialmente e addirittura un 27% in più dei 5,5 miliardi previsti fino poche settimane fa.

A inizio di maggio, il numero uno di Enel, Fulvio Conti, ha incontrato a Santiago il presidente cileno, Sebastian Pinera, per chiedere l’appoggio del governo per la linea di trasmissione, che Enel non costruirà direttamente – in pole position per farlo ci sono i cileni di Transelec, gli unici ad avere le capacità per un’opera del genere – ma soprattutto per accelerare l’approvazione del permesso ambientale.

Quello relativo all’impatto che i lavori avranno sull’ambiente è infatti uno dei principali nodi da sciogliere. Secondo uno studio di un gruppo di ricercatori del prestigioso Mit di Boston, tra cui le italiane Elisabetta Natale e Flavia Tauro, le dighe avrebbero un elevatissimo impatto su corsi d’acqua, vegetazione e fauna e si considera che per la costruzione delle centrali e delle linee di trasmissione verrebbero emesse oltre 13 tonnellate di Co2. (In realtà 13 milioni di tonnellate di CO2 – ndr).

da http://it.peacereporter.net/