Quali sviluppi possiamo attenderci dalla crisi politica?
Il governo Berlusconi è morente, ma ancora manca la certificazione ufficiale. La legislatura è agonizzante, ma il decesso non è ancora avvenuto. La Seconda Repubblica è agli sgoccioli, ma la parola fine non è stata ancora scritta.
Un’intera classe politica primo-secondo repubblicana-repubblichina, alla frutta quanto il governo, la legislatura e l’attuale assetto istituzionale messi insieme, si aggira attorno ai moribondi per cavarne ancora qualche vantaggio, in vista di un futuro quanto mai incerto. Di fronte al collasso di questa classe dirigente al gran completo, sarebbe l’ora delle risposte forti. Ma trent’anni di americanizzazione e di personalizzazione della politica, di istupidimento e di spoliticizzazione di massa, non sono passati invano: è dunque l’ora degli zombi.
Una scissione investe il principale partito di governo? In tempi normali gli scissionisti andrebbero a collocarsi all’opposizione, nell’Italia 2010 no, gli scissionisti restano (almeno formalmente) nella maggioranza e nel governo. In tempi normali il venir meno della maggioranza parlamentare darebbe immediatamente luogo ad una crisi di governo, nell’Italia 2010 la crisi verrà ma intanto è rinviata. In tempi normali un’opposizione degna di questo nome chiederebbe elezioni subito, nell’Italia 2010 si arrovella in ogni modo pur di evitarle.
Tutto ciò è assurdo e irrazionale? Nossignori, basta ricordarsi che questa è l’ora degli zombi.
Con i fatti degli ultimi giorni la crisi italiana – che è un peculiare intreccio di crisi economica, politica, istituzionale e morale – ha compiuto un altro passo: la maggioranza (relativa) di governo è paralizzata, la cosiddetta opposizione parlamentare pure.
Mentre la disoccupazione aumenta, il ricorso alla cassa integrazione (vedi gli ultimi dati Inps) raggiunge il suo record storico, Marchionne delocalizza e straccia ogni diritto dei lavoratori, Unicredit e Telecom tagliano migliaia di posti di lavoro, il regime bipolare è nella migliore delle ipotesi muto, nella peggiore e ben più realistica completamente marchionnizzato.
L’autore della recente manovra economica, della stangata antipopolare licenziata dal parlamento un minuto prima che Berlusconi licenziasse Fini, è ora ad un tempo l’eroe del salvataggio economico per i berluscones ed il papabile premier di una “opposizione” allo sbando.
Ma non di sola economia è fatta questa ammucchiata. Non più tardi di martedì scorso i senatori del Pd si sono uniti a quelli di Pdl, Lega ed Udc per votare il rifinanziamento della spedizione di guerra in Afghanistan; un voto che ha visto la sola opposizione dell’Idv.
Le scelte economiche e quelle di politica estera sono ormai da tempo condivise in maniera bipartisan. Non inganni il teatrino messo in piedi su questo o quel provvedimento economico, per lo più a scopi meramente propagandistici, al quale non corrisponde mai una visione ed una strategia minimamente alternativa.
Da cosa nasce allora lo scontro in atto? Esso ha origine da un lato da una furibonda lotta di potere all’interno del blocco dominante, sia nella sua componente economica (in linea generale in posizione preminente) che in quella politica (che gode comunque di un suo ruolo); dall’altro nelle spinte che provengono dall’esterno, cioè dagli USA e dalla UE.
Si tratta di un gigantesco scontro di potere, alimentato non soltanto dalla voracità senza pari di un ceto politico malavitoso e cleptomane, quanto soprattutto dalla volontà delle oligarchie dominanti di posizionarsi al meglio in vista di un prevedibile incancrenirsi della crisi. In questo scontro i gruppi trasversali di interesse sono ben più di due, ma per ora essi andranno a rappresentare un’articolazione di due blocchi, non più raffigurabili come centrodestra e centrosinistra, bensì come blocco berlusconiano e blocco antiberlusconiano, che questo è diventato in concreto il mitico bipolarismo.
In quanto alle pressioni internazionali, è vero che oggi sia gli USA che la UE possono contare sul massimo servilismo storicamente rilevato dal 1945 in poi dell’intera classe politica italiana, ma è anche vero che tanto Washington che Bruxelles-Francoforte vorrebbero la garanzia di una maggiore stabilità, non solo per la crisi ma anche per le prossime iniziative militari in cantiere.
Uno scontro di questo tipo non prevede ricomposizioni, né eccessivi traccheggiamenti. Esso prevede la resa dei conti. Ma la scelta del momento del redde rationem è un elemento decisivo della partita in corso. Come abbiamo già scritto lo scorso aprile il fattore tempo potrà essere determinante. E’ del tutto evidente che mentre Berlusconi ha fretta, pena un crescente logoramento politico e di immagine, il gruppo Fini-Casini-Rutelli ha bisogno di guadagnare tempo, sia per cementarsi che per lanciare un leader dotato di un minimo di appeal.
La lotta contro il tempo è dunque decisiva. Ecco perché Berlusconi ha cacciato i finiani non appena approvata la manovra economica. Ma tale cacciata si rivelerebbe addirittura un boomerang se non fosse seguita dallo scioglimento delle camere. E qui cominciano i problemi e le incertezze, perché gli altri non staranno certo a guardare.
Vediamo dunque quali sviluppi possiamo attenderci dall’attuale crisi politica.
Campagna elettorale o campagna acquisti? Decisiva sarà la Lega
Se il governo non ha più i numeri e se un altro governo non è possibile, non resteranno che le elezioni anticipate. Detto così è semplice e lineare. Elezioni dunque al più presto, al massimo si dice in primavera. Ma la crisi non è ancora aperta e quel che non è possibile oggi potrebbe esserlo tra qualche settimana.
Da qui la fretta di Berlusconi. Il suo calcolo è fin troppo semplice: il Pdl è certamente indebolito, ma una parte dei suoi voti verranno recuperati dalla Lega; d’altra parte l’opposizione è debole e divisa e, soprattutto, come farà a concentrare il proprio voto su un candidato premier che vada bene a tutti, in teoria dai finiani al Prc? Quella di Berlusconi è una vera e propria sfida. Egli è ben consapevole della sua crisi di credibilità, ma sarebbe forse più credibile un’accozzaglia raccolta alla rinfusa?
Per tentare di vincere questa sfida Berlusconi ha bisogno di accelerare sul serio, puntando ad elezioni già in autunno, che la primavera è davvero lontana. Per muoversi con questa determinazione dovrà poter contare sul totale sostegno della Lega, che ancora una volta dovrà accettare di veder spostato in avanti nel tempo il trofeo del federalismo.
Per Berlusconi la carta elettorale è davvero l’unica, il che non vuol dire che il suo successo sarebbe certo. Contro di lui giocherebbero la disfatta di un governo che godeva di una maggioranza senza precedenti, i pesanti effetti della crisi economica, l’immagine di un leader logorato in lizza per la guida del governo addirittura per la sesta volta. Al tempo stesso, dall’altra parte, non è certo escluso che si possano usare le stesse armi della politica-spettacolo, magari lanciando in pista (Ferrari contro Milan) un Luca Cordero di Montezemolo.
Nel campo antiberlusconiano al momento c’è di tutto e di più. Se Bersani fa sapere che accetterebbe un Tremonti premier, gli ulivisti ed i veltroniani sono ovviamente contro, mentre alcuni democratici ex Ppi sarebbero tentati dal “nuovo centro”. L’Idv tuona contro l’Udc, Casini fa altrettanto contro Di Pietro, Vendola reclama le primarie, Ferrero le elezioni, Grillo pure ma prima vuole anche lui un “governo di transizione”, in quanto a Fini formalmente è ancora fedele all’esecutivo. Insomma, un manicomio. Potrà continuare così? Improbabile, anche gli zombi hanno un cervello. E per i loro interessi immediati funziona in genere abbastanza bene.
In mezzo a questo caos ha preso forma l’ultima creatura, meglio l’ultimo mostriciattolo: il cosiddetto “Terzo Polo”. Il suo battesimo ha perfino dell’epico: un voto di astensione sulla sfiducia ad un sottosegretario inquisito quanto sconosciuto. Ammazzate oh!, è proprio vero che la classe non è acqua.
Questa aggregazione a quattro (Udc, Fli, Api, Mpa) mette insieme alla Camera 85 deputati, ma resta tutta da vedere la sua eventuale consistenza elettorale.
Così come si presenta, una via di mezzo tra una piccola Dc, un piccolo Centro ed un grande punto di riciclaggio di politicanti della peggior risma, è escluso che possa avere i grandi successi che gli pronostica con troppa faciloneria Mannheimer. Tutto potrebbe però cambiare con la discesa in campo – pardon, in pista – di Montezemolo, perché se Berlusconi è al tramonto il berlusconismo ha piantato solide radici nella società italiana.
Seguendo il chiacchiericcio quotidiano della stampa, tutti sembrerebbero dare per scontata – in caso di elezioni anticipate – la presentazione autonoma del “Terzo Polo”. E’ questa una prospettiva realistica? Ne dubitiamo fortemente. Se Terzo Polo sarà (e senza dubbio questo è l’obiettivo strategico di Fini, Casini e Rutelli), questo non è per l’oggi, ma solo per un domani con una diversa legge elettorale.
Una cosa appare comunque certa: non sarà la campagna acquisti ad evitare la campagna elettorale. E’ prevedibile che altri parlamentari si stacchino dal Pdl per non seguire il destino della nave che vedono affondare, ma è altamente improbabile che il loro numero sia sufficiente a dar vita ad un nuovo governo, sia pure di “transizione”.
La verità è che per mettere in crisi il governo è stato sufficiente il “tradimento” di Fini, ma per evitare le elezioni sarebbe invece necessario quello di Bossi. Un’eventualità oggi recisamente esclusa dal diretto interessato. Ma lo svolgimento della crisi, una volta formalmente aperta, non sarebbe del tutto scontato.
Un possibile scenario di fine estate
Nelle prossime settimane molte variabili entreranno in gioco. Molti fattori potrebbero rendere più difficile il ricorso alle urne. In primo luogo i finiani ingoieranno più di un rospo pur di prendere tempo, costringendo Berlusconi ad una rottura di cui apparirebbe come l’unico responsabile. In secondo luogo l’emergenza economica, che potrebbe riacutizzarsi sempre sul versante dei debiti sovrani, verrebbe giocata per demonizzare la fine anticipata della legislatura. In terzo luogo, non è improbabile che altri siluri giudiziari possano raggiungere prossimamente Palazzo Grazioli e dintorni, rendendo sempre più insostenibile la posizione di Berlusconi. In quarto luogo, Napolitano cercherà comunque di inventarsi qualcosa pur di evitare il voto. Tenendo conto di questi elementi è difficile escludere del tutto un ripensamento della Lega.
Insomma, in base ai fondamentali della politica le elezioni anticipate ad oggi non sembrano evitabili. Ma c’è ancora tempo, sappiamo quali poteri sostengono l’ipotesi del “governo di transizione”, ed è dunque bene essere prudenti.
Immaginiamoci ad esempio uno scenario in cui Napolitano, in base ad un criterio di priorità all’emergenza economica, assegnasse davvero l’incarico a Tremonti. Il Pd (sia pure con discreti mal di pancia interni) ed i terzopolisti non potrebbero che assecondare un tale tentativo, e la Lega?
Il partito di Bossi dovrebbe decidere tra la prosecuzione del matrimonio con l’uomo di Arcore, incluso il rischio dell’azzardo elettorale, e l’appoggio ad un nuovo esecutivo che dovrebbe garantirgli giocoforza l’agognato federalismo. Il tutto in cambio di una legge elettorale che dovrebbe comunque ridare un peso superiore all’attuale alla cosiddetta “territorialità”, nel qual caso la Lega finirebbe per incassare un altro vantaggio non indifferente.
Ovviamente questa ipotesi include oltre al “tradimento” della Lega, quello individuale di Giulio Tremonti. Al momento sia Berlusconi che Bossi fanno sapere che il ministro dell’Economia non si presterà a queste manovre, ma non risulta che il diretto interessato si sia preoccupato di pronunciarsi con chiarezza sulla questione…
I giochi appaiono dunque ancora aperti. Berlusconi ha buone possibilità di arrivare al voto anticipato, il che – lo ripetiamo – non gli darebbe comunque la certezza della vittoria.
Il tempo, però, gli giocherà inesorabilmente contro, specie nell’ipotesi che non possa accelerare di brutto per le elezioni in autunno. Un’ipotesi che sarebbe la conferma dell’inaffidabilità della Lega.
Se Berlusconi non potrà contare su Bossi nel giocare con spregiudicatezza la carta elettorale, allora e solo allora sarà certa la sua fine politica.
Le indiscrezioni delle ultime ore parlano di un Berlusconi deciso a chiedere una “fiducia pesante” alla riapertura delle aule parlamentari, agli inizi di settembre. Il tentativo è chiaramente quello di costringere i finiani alla rottura, facendone così i responsabili delle elezioni anticipate, od in alternativa a piegare umilmente la testa.
Politicamente parlando settembre è ancora lontano, ed una previsione su un simile passaggio è difficile, anche perché non bisogna dimenticarsi che questa è davvero l’ora degli zombi.
Il gioco è ancora nelle mani degli zombi. Fino a quando?
Da quanto scritto finora appare chiaro sia il degrado senza fine della politica italiana, quanto il fatto che ancora non si è toccato il fondo. La dimostrazione che questo sia il quadro sta nella semplice osservazione che il gioco è ancora nelle mani degli zombi che riempiono le caselle degli organigrammi del regime del centro-sinistra-destra. Quegli zombi che in trent’anni, ma in maniera ben più pesante negli ultimi venti, hanno privatizzato tutto il privatizzabile, hanno precarizzato il lavoro e la vita di decine di milioni di persone, hanno elevato a dogma i “verdetti” dei mercati finanziari. Quegli zombi che hanno teorizzato e praticato la politica spettacolo, la sua personalizzazione, la sua americanizzazione. Quegli zombi che presentavano il bipolarismo come la panacea di ogni problema politico, e che oggi di fronte al fallimento della Seconda Repubblica non sanno neppure accennare alla più piccola delle autocritiche.
Il Cavaliere barzellettaro è semplicemente odioso ed è giustamente odiato dalla maggioranza del popolo, alla faccia di quanti avevano esaltato i consensi ottenuti con la sua presunta vittoria nelle elezioni regionali della scorsa primavera. Ma gli zombi che stanno conducendo le macabre danze di un sistema in decomposizione non sono certo migliori. Ricordiamoci del baffetto bombardatore della Jugoslavia, della kippà del delfino di Almirante, della storia politica dell’attuale genero di Caltagirone, del presidente a stelle e strisce che siede al Quirinale.
Zombi, morti viventi che non hanno più niente da dire alla società italiana, lontani mille miglia dai problemi della vita quotidiana, ma tenuti in vita da una gigantesca fame di potere, per soddisfare la quale sono disposti ad ogni porcheria, in primo luogo all’assoluta sottomissione ai padroni del vapore (oggi prevalentemente finanziario) per non parlare di quella ai padroni d’oltreoceano.
Che fare dunque, sia nel caso di elezioni che in quello della nascita del cosiddetto “governo di transizione”?
Il quadro generale è allarmante. Quasi vent’anni di bipolarismo hanno cancellato l’idea stessa della possibilità di un’alternativa. Mentre sul piano sociale si assisteva alla liquefazione del movimento operaio, ed all’inevitabile parabola di quello “no global”, su quello politico la società si è fatta muta se non indifferente. Alla fine, negli ultimi anni, il dissenso ha preso l’unica strada concessa dalla gabbia bipolare: quella dell’astensione, del distacco di massa dal regime oligarchico. Un distacco che si è fatto sempre più massiccio e che ha contribuito fortemente a mettere in crisi sia il sistema politico che lo stesso governo Berlusconi.
In parallelo, specie negli ultimi mesi, si avvertono segnali che fanno sperare nella fine della letargia popolare che il sistema ha saputo ottenere inoculando, per lo più per via mediatica, dosi sempre più massicce di istupidimento collettivo.
La condizione strutturale su cui si basava questo addomesticamento sociale – un diffuso relativo benessere, percepito fino a qualche anno fa come processo destinato ad estendersi -, è saltata.
Salterà anche la pace sociale? Certamente sì, ma non sappiamo quando.
In ogni caso, la via dovrà essere quella di congiungere l’opposizione sociale con quella democratica, unica strada per far nascere una nuova opposizione di massa. Quando le lotte, finalmente, si politicizzeranno, questo non potrà avvenire se non in contrapposizione ad un regime politico che è dilaniato all’interno da scontri ferocissimi, quanto chiuso all’esterno dalla sua natura oligarchica e dunque antidemocratica ed antipopolare.
Gli zombi non verranno sconfitti facilmente, il loro momento potrebbe durare ancora a lungo. Ma arriverà l’ora della resa dei conti, il cui esito, ovviamente, non è affatto scontato.
E’ dunque a questa decisiva battaglia che bisogna prepararsi.