«Io propongo un appello e una mobilitazione internazionale per Laura “subito libera”. Chi è costei?»
È Laura De Nardo, la donna di 61 anni di Conegliano (Treviso) che è stata sbattuta in galera perché accusata di aver tradito il marito e poi di averlo fatto accoppare da un paio di suoi amanti. Che differenza c’è con Sakineh, l’iraniana per la quale tutto il mondo occidentale s’è mobilitato, che dopo aver tradito il marito è accusata di averlo fatto accoppare dal proprio amante?
Certo, la De Nardo ha confessato alla polizia, mentre, per quel che ne sappiamo, Sakineh solo alla tv iraniana. Inoltre, la De Nardo rischia solo l’ergastolo mentre il rischio è che Sakineh sia condannata alla lapidazione, che è una pena ripugnante. Ma buona parte della mobilitazione occidentale non chiedeva semplicemente che all’iraniana fosse risparmiata una punizione così arcaica e inaccettabile, voleva Sakineh “subito libera”.
Davanti a una gigantografia della bella Sakineh che, per iniziativa del governo italiano, campeggia da giorni davanti all’ingresso di Palazzo Chigi (pretendo che la stessa iniziativa sia presa per la 61enne De Nardo, che a differenza di Sakineh è vecchia e per nulla attraente, non potendo nemmeno immaginare che le femministe italiane, che tanto si sono battute per l’iraniana, facciano dei distinguo di questo genere), il ministro degli Esteri Frattini e quello per le Pari opportunità Carfagna hanno dichiarato: “Finché Sakineh non sarà salva e libera il suo volto ci guarderà dal Palazzo del governo italiano”.
Nelle molte manifestazioni che si sono svolte si inneggiava alla libertà di Sakineh. E nello stesso appello di Bernard Henri Lévy, che ha dato inizio alla campagna, se ne pretendeva la scarcerazione immediata. Ma da questo punto di vista Laura e Sakineh sono sullo stesso piano: non sono due perseguitate politiche, ma detenute comuni accusate entrambe dello stesso reato, l’uxoricidio.
Dice: ma non ci si può fidare dei tribunali iraniani. E perché mai ci si dovrebbe fidare di quelli italiani, quando sono 15 anni che il presidente del Consiglio, tanto certo dell’iniquità della nostra giustizia da pretendere di esservi sottratto per legge, va dicendo che “i giudici sono dei pazzi antropologici” e afferma che la Magistratura in Italia “è il cancro della democrazia”, concetti ribaditi in un recente convegno internazionale ad altissimo livello, cui partecipavano coreani, giapponesi, americani, canadesi, australiani, neozelandesi oltre che rappresentanti dei Paesi europei, sputtanando così l’Italia del diritto, e l’Italia tout court, davanti al mondo intero?
Quindi Laura De Nardo “subito libera”. E sono certo che Bernard Henri Lévy, difensore professionale dei “diritti umani” in ogni parte del globo, non si sottrarrà al dovere morale di firmare questo appello.
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it/