Il 15 luglio scorso, nell’articolo «Dittatura comunista o nuova democrazia? Discutendo coi maoisti nepalesi» scrivevamo: «Proprio in questi giorni le agenzie di stampa nepalesi riportavano due notizie. La prima riguardava l’incontro, svoltosi sabato 10 luglio, tra i tre partiti maggiori. Ordine del giorno: la formazione del nuovo governo di coalizione, visto che la spallata dello sciopero generale di inizi maggio ha provocato la caduta di quello tra NC (Partito del Congresso, diretta emanazione di quello indiano) e CPN-UML (il partito comunista “riformista”, anch’esso filo-indiano). La delegazione maoista ha presentato la sua proposta: governo di coalizione sì, ma con un maoista come primo ministro. Manco a dirlo gli altri hanno risposto con un secco no. La crisi istituzionale e politica, già ad un punto morto, ci resta. I negoziati vanno avanti senza che si intraveda uno sbocco».

Che la formazione di un nuovo esecutivo fosse questione quanto mai controversa è testimoniato dal fatto che a sei mesi di distanza dalla grande prova di forza dello sciopero generale a oltranza organizzato dai maoisti (sciopero che venne sospeso dal partito per evitare il rischio di una seconda guerra civile, vedi il nostro articolo «Dopo il 28 maggio»), i negoziati, pubblici e segreti, sono ancora in corso.

La situazione sembrava essersi sbloccata quanto il 1° novembre scorso il leader del partito del Congresso Nepalese (dichiaratamente filo-indiano e voce delle classi e delle caste dominanti) Ram Chandra Poudel ha dichiarato di accettare che un eventuale governo di coalizione veda come primo ministro un uomo dei maoisti, in particolare, egli ha detto: «Siamo pronti a sostenere come primo ministro il maoista Pushpa Kamal Dahal (alias Prachanda), se ci sarà assicurato il rispetto della Costituzione e il completamento del processo di pace». (ww.nepalnews.com del 2 novembre).

Apparentemente una vittoria dei maoisti, che già nel maggio scorso si erano detti disponibili a formare un governo di coalizione col Congresso e l’altro partito comunista (CPN-UML) a patto che il primo ministro fosse stato uno dei loro. Tuttavia la dichiarazione del 1° novembre del Congresso Nepalese vincola il sostegno ad un governo Prachanda a due condizioni precise, le stesse che giustificano l’impasse nel quale il Nepal è sprofondato sin dalla caduta della Monarchia, ovvero, lo smantellamento e il disarmo del EPL (Esercito Popolare di Liberazione), e il rispetto della Costituzione, ovvero che i maoisti dichiarino solennemente di rifiutare ogni ricorso alla lotta armata.

Tuttavia la storia recente del Nepal consiglia prudenza. Mentre l’UCPN(maoista) ha annunciato un decisivo Comitato centrale per fine mese, un accordo di massima per dar vita ad un secondo governo di coalizione, non è stato ancora stato raggiunto, malgrado i due  giorni di incontri tri-partitici (colloqui di Hattiban). I media nepalesi informavano infatti che sul tappeto restano diverse opzioni: in alternativa ad un governo a guida maoista ci sono così l’ipotesi di un governo con primo ministro a rotazione, quella di sostituire il primo ministro con un presidium, infine quella di un governo di larga coalizione ma senza i maoisti.

Come ha affermato Bharat M. Adhikary, leader del CPN-UML, i colloqui tripartici si sono di fatto arenati perché i maoisti hanno respinto la precondizione posta dal Congresso Nepalese. Quest’ultimo ha infatti chiesto che prima di discutere della composizione del governo i maoisti debbano “risolvere” la questione della armi ancora in loro possesso.

E’ molto probabile che per vedere come sarà risolta la crisi politica e istituzionale occorrerà attendere le conclusioni dell’annunciato Comitato centrale dei maoisti. E’ infatti noto che nel partito non c’è unanimità riguardo alla partecipazione ad un secondo governo di coalizione. Nessuno ha dimenticato il fallimento del primo governo Prachanda.