Perché «primarie» vuol dire presidenzialismo

«Cari democratici, abolire le primarie è un errore storico». E’ con questo titolo che il Manifesto dell’11 novembre sintetizza l’intervista rilasciata da Franco Giordano a Matteo Bartocci.
Sintesi azzeccata? Decisamente sì. L’intervista non vale un millimetro quadrato della carta su cui è scritta, ma l’ossessiva insistenza sulle primarie qualche commento lo merita.

Ormai sono mesi che i vendoliani battono questo chiodo. Secondo lo sfortunato ex segretario del Prc (quello dell’arcobalenica botta nei denti), il suo conterraneo governatore, poeta e capo-fabbrica avrebbe una sua «proposta di società». E le primarie servirebbero a «sottoporla alla coalizione».

Santa Disonestà! Quella di Vendola è aria fritta allo stato puro, e – attenzione! – proprio per questo potrebbe aver successo nelle eventuali (ed improbabilissime) primarie. La verità è che Giordano si ritrova di nuovo – dopo averlo fatto per un quindicennio con Bertinotti – a spalleggiare l’ennesimo pallone gonfiato. Gonfiato non solo dalla sua presunzione, che certo non gli difetta, ma da una gigantesca operazione mediatica che avrà pure un qualche scopo.

L’ex braccio destro dell’ex presidente della Camera non può non sapere che prima o poi anche il «fenomeno Vendola» si sgonfierà. Ma nel frattempo avrà consentito il reingresso in parlamento a qualche decina di seguaci, e questo è quel che conta.
Fin qui niente di interessante. Come l’alternarsi delle stagioni, è naturale che un ceto politico mediocre e spompato altro non sappia fare che tentare di riciclarsi continuamente. Più interessante, perché dà la misura dell’attuale degenerazione, è che lo faccia con l’argomento «forte» delle primarie.

Primarie = presidenzialismo

Ma cosa sono le primarie? Fino a qualche anno fa anche per uno come Giordano non vi sarebbero stati dubbi: uno strumento plebiscitario che esalta la personalizzazione della politica, la sua definitiva americanizzazione; uno strumento di selezione del personale politico facilmente gestibile da lobby e consorterie varie. Esiste un solo motivo per dare oggi delle primarie una valutazione diversa? Ovviamente no, ma ricercare negli scritti dei vendoliani una qualche riflessione su questo punto sarebbe tempo sprecato. Niente dicono, perché nulla hanno da dire.
Potrebbero provare a spiegarci perché quel che ieri era cattivo oggi è diventato buono. Sarebbe interessante e noi saremmo attenti lettori.

Invece silenzio assoluto. Ora, la vera ragione la sanno tutti e possiamo spiegarla così: si è per le primarie perché abbiamo un personaggio orecchino-dotato che è sufficientemente trendy e può darci un certo risultato; saremmo invece assolutamente contrari alle primarie se fossimo costretti a presentare un personaggio grigio che non buca i media, diciamo un Franco Giordano così ci si capisce.

Questa è l’unica spiegazione sensata, diciamo persino ovvia, del ribaltamento della classica posizione della sinistra sulle primarie. Ma può una questione di questo tipo essere ridotta a semplice opzione tattica? La risposta è no. Accettare, peggio, esaltare il momento delle primarie, porta inevitabilmente ad abbracciare una precisa visione della società e della politica. Secondo una terminologia un tempo amata da Giordano porta ad una totale omologazione.

Abbiamo detto che le primarie significano personalizzazione. Qualcuno pensa che il berlusconismo sia estraneo a questa tendenza che si è imposta circa vent’anni fa? In questo senso la descrizione di Vendola come di un «Berlusconi di sinistra» è tutt’altro che infondata. E l’insistenza sulle primarie non fa che rafforzarla.
Abbiamo detto americanizzazione. Giordano si lamenta perché, rispetto all’Europa: «In Italia non abbiamo una sinistra unita, grande, plurale, una sinistra degna di questo nome». Tralasciando qui ogni giudizio sulla sinistra europea, che sarebbe assai distante da quello di Giordano, non sarebbe forse il caso di riflettere sul fatto che l’Italia è l’unico paese europeo dove esistono (anche se a corrente alternata) le primarie? Questa «anomalia», che viene regolarmente dimenticata, ci dice una cosa semplice e banale: le primarie altro non sono che un fondamentale tassello del modello americano, di una «democrazia» costitutivamente oligarchica ed imperiale. Che il nostrano centrosinistra le abbia adottate è solo la riprova del fatto che l’Italia è per molti aspetti – e lo si vede nella cultura come nella politica estera – il Paese più americanizzato d’Europa.

Ma c’è di più: le primarie sono uno strumento tipico di sistemi istituzionali maggioritari e presidenzialisti. Il caso statunitense è evidente, ma rimaniamo in Italia. Quand’è che gli antenati del Pd (Pds, Ds, Ulivo, Unione, eccetera) hanno iniziato – sempre in maniera incoerente e pasticciona, ma questo è un altro discorso – ad organizzare le primarie? Semplice, quando si è passati al sistema maggioritario ed all’elezione diretta di sindaci, presidenti di provincia e governatori regionali.
L’equazione primarie = presidenzialismo è nei fatti. E’ vero che formalmente non abbiamo ancora l’elezione diretta del premier, ma di fatto è dal lontano 1994 che è come se ce l’avessimo. I partecipanti alle primarie che incoronarono Prodi nell’autunno 2005 sapevano perfettamente di decidere il candidato premier, così pure quelli che votarono Veltroni due anni dopo.
E’ ridicolo, e segno di una smisurata disonestà intellettuale, che si sostengano le primarie e non si dica apertamente di essere per il presidenzialismo.

Perché, probabilmente, le primarie non ci saranno

Nelle convulsioni che accompagnano il tramonto di Silvio Berlusconi, che avevamo pronosticato già in primavera, quando altri lo vedevano come sovrano ancor più indiscusso dopo l’esito delle elezioni regionali, tutto può capitare, ma è assai improbabile che possano tenersi le primarie del centrosinistra.

Se vi sarà il ribaltone, il capitolo primarie – ecco ciò che terrorizza veramente Franco Giordano – sarà definitivamente chiuso. In quel caso, infatti, è pacifico che i ribaltonisti farebbero comunque una nuova legge elettorale. Quale non si sa, ma verrebbe sicuramente congegnata in modo da consentire l’esistenza di tre o più poli, per la gioia della mini-Dc casiniana che potrebbe così avere un futuro andreottianamente doppio-fornista. Inutile dire che in questo caso l’elezione diretta del capo del governo sarebbe impossibile.

Se il ribaltone non riuscirà, perché i numeri del Senato e più in generale le condizioni politiche non lo consentiranno – e chi scrive continua a propendere per questa ipotesi – si andrà abbastanza rapidamente ad elezioni anticipate. I più ingenui dei vendoliani penseranno allora di avercela fatta. Errore. Duplice errore!
In primo luogo, il tempo che intercorre tra lo scioglimento delle camere e lo svolgimento delle elezioni non consentirebbe l’effettuazione delle primarie. E’ una banalità, ma la legge – a dispetto di Vendola, Giordano e Veltroni – non prevede il passaggio delle primarie.
In secondo luogo, e questo è il punto politico decisivo, il fronte antiberlusconiano sarebbe costretto ad unirsi ed a convergere su un candidato condiviso da tutti. Ce lo vedete Casini (lasciamo per ora da parte Fini) che appoggia Vendola?

Salvo miracoli, i vendoliani possono dunque scordarsi le primarie, quel giocattolo che consente di vendere a buon prezzo aria fritta assai inquinata. Se il loro leader ha davvero qualcosa da dire lo faccia, altrimenti taccia e si accontenti di poter riportare in parlamento una pattuglia di fedelissimi, utili a dare una copertura di sinistra al probabile governo delle oligarchie, altrimenti detto «governo delle 3M» (Marchionne, Marcegaglia, Montezemolo).
In quanto a Franco Giordano, non è colpa nostra se egli si ritrova sempre a dover fare da spalla ai palloni gonfiati del momento. E’, la sua, una condizione certamente disagevole. Ma, in compenso, l’esperienza passata gli sarà d’aiuto per sapere per tempo che i palloni gonfiati sono destinati a sgonfiarsi. Sempre. A volte assai rapidamente 

PS

Non possiamo concludere senza una piccola aggiunta. Se Vendola si è fatto alfiere delle primarie, quasi fosse un replicante di Veltroni, tra coloro che continuano a proclamarsi comunisti la confusione  regna sovrana. A riprova, riportiamo fedelmente le ultime due risposte date da Oliviero Diliberto ad Andrea Fabozzi che lo intervistava per il Manifesto (8 ottobre).
Fabozzi: Parteciperete alle primarie di coalizione? «Per noi lo escludo ed evito di indicare preferenze perché rischierei di danneggiare il prescelto».
Fabozzi: Neanche Vendola? «Con Sel dobbiamo fare un patto di azione comune che renderebbe più forti anche loro nel caso dovessero entrare al governo. Mi rendo conto che è un argomento delicato perché non è passato tanto tempo da una scissione, ma ho già proposto alla Federazione di sostenere Vendola alle primarie».
Ai lettori stabilire la logica di due risposte così apertamente contraddittorie. Un nostro amico, lettore del Manifesto ed automobilista un po’ indisciplinato, ha così commentato: a quando la prova del palloncino per i segretari di partito?