Wikileaks e la minestra riscaldata

Preceduti da un’abilissima campagna di promozione pubblicitaria sono quindi filtrati i primi “file segreti” estorti al Dipartimento di Stato e al Pentagono nordamericani – o forse fatti circolare ad arte da qualche loro cricca. Doveva essere un cataclisma e invece l’impressione che ne traggo può essere così sintetizzata: “la montagna ha partorito il suo topolino”. In Italia, a dare credito alla portata devastante delle rivelazioni di Wikileaks ci hanno pensato anzitutto i media berlusconiani, Il Giornale in testa, che da tempo parlano di un “complotto per far fuori Silvio Berlusconi”.

Il Giornale temeva infatti che la pubblicazione dei file sarebbe stata devastante, visto che ci si aspettava che Wikileaks avrebbe resi noti chissà quali straordinari segreti. Che la cricca dei berluscones se la facesse sotto dalla fifa lo confermava il Ministro Frattini in persona che si lasciava scappare l’allarmistica dichiarazione per cui «le rivelazioni sarebbero state l’11 settembre della diplomazia mondiale».

Ora, è sempre possibile che le rivelazioni giungeranno a spizzichi e bocconi, per cui le prossime saranno davvero portentose (un insperato soccorso alla fronda antiberlusconiana con i fucili caricati a salve), per cui saggezza vuole di tenersi abbottonati nei giudizi. Tuttavia, a giudicare da quel che abbiamo letto oggi sui giornali, possiamo affermare con tutta sicurezza che quella di Wikileaks si sta rilevando “l’11 settembre delle sòle”. Una bufala oceanica.

Fermiamoci infatti a quanto il personale diplomatico americano residente in Italia trasmetteva a Washington. Che abbiamo? Una collezione raffazzonata di luoghi comuni, di banalità che anche i sassi, in Italia, sapevano già, e con ben più circostanziati dettagli. Non sapevamo forse che Il Cavaliere fa i festini con cocaina e puttane? Non sapevamo forse già che si circonda di affaristi, nani e ballerine? Non sapevamo forse già che è un vanesio per di più incompetente? Avevamo forse il dubbio che ciò che la stampa italiana dice ogni giorno fosse sfuggito ai diplomatici americani? 

Se è per questo, le innumerevoli inchieste a carico di Berlusconi hanno provato, al di la di ogni ragionevole dubbio, che l’Italia ha un Presidente del Consiglio, che si è arricchito grazie alla mafia, usando fondi neri e società offshore, distribuendo mazzette e destra e a manca, portando il sistema della corruzione e del familismo amorale oltre i limiti dell’immaginabile. Per cui, se c’è una cosa che salta agli occhi, è la reticente indulgenza dei dispacci partiti dall’ambasciata americana.

Insomma, l’impressione è che ne sappia di più un italiano medio che gli addetti di Via Veneto il che, sia detto di passata, non depone affatto a favore di costoro, che sembrano infatti, per giustificare i loro lauti stipendi, essersi limitati ad inviare pigramente al Dipartimento dosi omeopatiche della cianfrusaglia antiberlsconiana che impazza sui giornali da quindici anni. Di veri segreti, al netto di ciò che abbiamo letto oggi, neanche l’ombra.

Ci si dirà che il fulcro di tutto è il fastidio americano per la politica estera ballerina del governo, in particolare riguardo ai rapporti con Putin, Erdogan e Gheddafi. Mi stupisco di chi si stupisce. E che forse non lo sapevamo che Washington ha mal digerito il Southstream? O le dichiarazioni filo-russe sulla guerra lampo in Georgia? Le uscite picaresche del cavaliere sul fatto che la Russia sarebbe dovuta entrare nella UE e nella NATO? O le sue odi a Lukashenko, che sarebbe il più democratico dei leader visto che ottiene il 90% dei voti in Bielorussia? Ma sì che lo sapevamo già. E’ tutta roba arcinota, una minestra riscaldata.

Oppure: è forse sorprendente venire a sapere che su ordine del Dipartimento di Stato le ambasciate dovevano spiare Berlusconi, la Merkel o Sarkozy? Gli USA, com’è noto, sono la principale e centrale potenza, mentre i paesi della NATO sono considerati a Washington alla stregua di province dell’Impero. Chi è che cade dal pero venendo a sapere che siamo paesi a sovranità limitata? O che gli americani tengono sotto stretta sorveglianza, non solo i loro nemici dichiarati, ma pure i loro alleati?

Ci ha pensato Edward Luttwak a dire le cose come stanno: «Si vedrà presto che la bomba Wikileaks esplodendo si trasformerà in un palloncino…. I documenti sono segreti d’ufficio, non veri segreti». (Corriere della Sera del 29 novembre) Avete capito? Una bufala, visto che i “veri segreti” «… non vengono trascritti e inviati in giro. Se esistesse una registrazione di una telefonata tra Berlusconi e Putin fatta dai satelliti Nsa non ci sarebbe nessuna trascrizione, né sarebbe riportata verbatim, cioè parola per parola. Di scritto ci sarebbe solo un’analisi per riassunto che resterebbe all’interno di un circuito molto molto più ristretto».

Cosa resta dunque di tutto questo affaire Wikileaks? Quasi nulla, se non l’ennesima conferma che esiste un “quarto potere”, quello dei media, che  ha le sue proprie “regole d’ingaggio”, ovvero le sue proprie modalità per perpetuarsi, restare al centro della scena e, scusate se vi sembra banale, aumentare i propri fatturati, per cui, una tempesta in un bicchiere d’acqua, si deve trasformare in uno tsunami per vendere copie o accrescere l’audience. E’ la società dello spettacolo bellezza! La quale ogni tanto ha bisogno di spettacolari messe in scena, di coupe de theatre, proprio per attirare l’attenzione del pubblico altrimenti disattento e oramai, anche a causa del world wide web, disaffezionato agli screditati media tradizionali.

Se un “complotto” americano per defenestrare Berlusconi quindi c’è,  non sarà certo da un paraculo come Julian Assange che lo verrete a sapere. Lo verrete a sapere il 14 dicembre, quando Berlusconi chiederà nuovamente la fiducia alla Camere. O meglio, lo saprete nelle settimane successive, se la rivolta dei chierici andrà in porto, se saranno evitate le elezioni anticipate e formato un governo del “ribaltone”.

Un “complotto” c’è, con ogni evidenza, ma perché chiamarlo così se è sotto gli occhi di tutti?

da Rivoluzione Democratica