«Digiamo che sparo… cazzate» – Quando l’Esercito deve difendersi dal Ministro della difesa
«In genere i politicanti turlupinano l’opinione pubblica, i loro propri elettori anzitutto. In Italia si può assurgere a Ministri, destra o sinistra che sia, solo se si è, nel mentire, primi della classe. La questione La Russa è che il pittoresco soggetto le fa di tutti i colori per imitare il suo padrone Berlusconi, ma essendo che gli sta, in fatto di menzogne ed eloquenza, sotto di diverse spanne, passa da una figuraccia all’altra. Verrebbe da chiederne le dimissioni. Ma non lo facciamo, a noi va bene così. A imperialismo straccione, ministro pagliaccio»
Dunque: il caporalmaggiore Matteo Miotto è stato ucciso il 31 dicembre scorso in uno scontro a fuoco durante un attacco della Resistenza ad una Fob — Forward operative base, a 18 chilometri dalla base ISAF-NATO denominata Ice — nella valle del Gulistan, ai confini con la turbolenta provincia dell’Elmand, una zona in gran parte in mano alla Resistenza, e dove i soldati italiani dispongono appunto (in comproprietà con gli americani a cui debbno ubbidire) di alcuni avamposti, un giorno sì e l’altro no sottoposti al fuoco nemico.
Le zone sotto il controllo della Resistenza.
Per Ignazio Che Russa… tutto va per il meglio
La prima versione sulla dinamica dei fatti è nota, c’è stata data per bocca dello stesso eccentrico Ministro della Difesa: “Matteo è stato ucciso da un colpo di un cecchino isolato”. Era una patetica bugia. Verremo a sapere la verità alcuni giorni più tardi, esattamente sette giorni dopo. Il Miotto è stato ucciso nel corso di un violento scontro a fuoco, ovvero durante un attacco proprio contro la base italiana. «Miotto è stato ucciso durante uno scontro a fuoco al quale egli stesso ha attivamente partecipato. Erano in due sulla torretta di guardia e sparavano a turno: uno sparava e l’altro si abbassava. Proprio mentre Matteo si stava abbassando è stato colpito da un cecchino che ha puntato un fucile di precisione ex sovietico degli anni ’50, un Dragunov, reperibile anche al mercato nero di Farah». [La Russa, gennaio, Il Messaggero del 6 gennaio].
Subito dopo, a giustificarsi per la nuova versione dei fatti, il Ministro ha aggiunto: «Questa parte della notizia nelle prime ore non mi è stata comunicata, non è stato ritenuto importante. Mi sono arrabbiato coi militari che non me l’hanno detto. (…) la notizia non è stata data subito perché è il riflesso di un vecchio metodo, di cercare di indorare la pillola della realtà dei fatti». [Il Sole 24 Ore, venerdì 7 gennaio]
Morale della favola: La Russa non solo ha giocato allo scaricabarile, addossando ai comandi dell’esercito la responsabilità di aver detto il falso, li ha altresì accusati di averlo fatto per “indorare la pillola”, ovvero per abbindolare la pubblica opinione su come stanno effettivamente le cose in Afghanistan, ovvero che i soldati italiani, in nome della pace, sono coinvolti ogni giorno in una guerra a tutti gli effetti.
….E per Ignazio Che Russa “i nostri procedono a riconsegnare il territorio agli afghani”
All’accusa di lesa Maestà, la risposta dei Comandi dell’esercito non si è fatta attendere. Essi l’hanno rovesciata addosso al Ministro in persona, dato che, prove alla mano, essi hanno dimostrato di aver prontamente e esaurientemente informato il Ministro sulla dinamica reale dei fatti. Sbugiardato in tal clamorosa maniera il Ministro ha dovuto subito fare marcia indietro, correggendo in maniera che rasenta il comico la sua affermazione: «Mi sono un po’ arrabbiato con me stesso, perché non ho potuto dare immediatamente alla famiglia e all’opinione pubblica italiana tutte le in formazioni». (Sic!) [Il Messaggero del 7 gennaio]
Dato che Ignazio Che Russa ha pisciato nuovamente fuori dal vaso, in quattro e quattr’otto, il 5 gennaio, è dovuto correre a Canossa, ovvero sul luogo del misfatto, nella sperduta provincia del Gulistan.
Indorare la pillola… Il fatto è che il primo indoratore di pillole è proprio il Ministro della Difesa, in questo spalleggiato da tutto il baraccone politico romano, Napolitano in primis, visto che continuano a giustificare la “Missione italiana” e quella internazionale, come “Missione di pace… per liberare il paese dal terrorismo”. Quante volte abbiamo sentito questa solfa? Ma oramai, per quanto cloroformizzata, la cosiddetta “opinione pubblica” non abbocca più. Ci sono tuttavia voluti centinaia di morti ammazzati, tra cui decine italiani, affinché ciò fosse possibile (e dice che le schioppettate non servono!).
Ora che la guerra è sotto gli occhi di tutti, ora che tutti sanno che l’Italia, in barba alla sua Costituzione è coinvolta in un conflitto armato nelle vesti di paese occupante, dalla pillola rosa siamo passati alla pillola blu. Dalla pillola soporifera a quella eccitante. Sentite cosa ha affermato il Ministro Che Russa proprio durante la sua escursione fulminea del 5 gennaio: «Ci attaccano perché stiamo restituendo zone di territorio agli afgani. È il lupo ferito che cerca di reagire. (…) Qui siamo in una zona dove i nostri soldati sono riusciti a riconsegnare fette di territorio agli afgani, creando aree di sicurezza attorno ai villaggi. Proprio per questo ai confini di queste zone di sicurezza le minacce sono quotidiane. Evidentemente se non disturbi chi era abituato a spadroneggiare in queste zone, a costituirvi basi terroristiche, non succede niente; se poi vai effettivamente a consegnare agli afgani zone liberate è chiaro che il lupo ferito cerca di reagire». [Il Messaggero, 7 gennaio]
Matteo Miotto non è compreso nel conto, che giunge sino al 20 dicembre 2010
Più che pillola eccitante, pillola esilarante: “Stiamo riconsegnando il territorio agli afghani”. “Ma de che?”
Prima i soldati italiani presentati come crocerossine. Poi, visto che nessuno ci crede più, e si deve ammettere che le “crocerossine” armate fino ai denti sono impegnate in combattimenti quotidiani, si ricorre alla più classica propaganda fascista di guerra, quella di cantare vittoria mentre si prendono sonore legnate. A menzogna si aggiunge menzogna. La realtà è che l’avanzata della Resistenza (che il territorio se lo prende davvero) è costante, e a nulla sembra servano i miliardi di dollari che vengono spesi e le decine di migliaia di soldati in più che Obama ha inviato da quando è diventato Presidente, l’uso del terrore a suon di bombe droniche contro i civili inermi. Basta guardare le tabelle n.1, 2 e 3 per capacitarsene (i dati sono quelli ufficiali dei comandi militari alleati ISAF-NATO).
Il primo a rendersi conto della brutta aria che tira per gli occupanti, viste le traversie del suo viaggio (con sicuro biglietto di andata e ritorno) è ovviamente proprio La Russa. Sentiamo. Viaggio d’andata: «Il ministro ha visitato la base “Ice”, presidiata dagli alpini del Settimo reggimento di Belluno (quello di Miotto), e del 2° reggimento Guastatori. La Russa è giunto nel Gulistan da Herat a bordo di un elicottero CH 47, scortato da elicotteri d’attacco Mangusta. Massime le misure di sicurezza. Dopo l’incontro con i militari italiani, La Russa è ripartito da Herat per l’Italia intorno alle 10 di questa mattina». [Il Messaggero del 7 gennaio]
Viaggio di ritorno: «Nello stesso arrivo ad Herat, alle 19,30 del 5 gennaio, il pilota dell’Aeronautica comandante dell’Airbus 319 CJ decide, per motivi di sicurezza, di fare l’ultima mezz’ora di volo al buio: l’aereo di stato giunge sulla pista con tutte le luci spente, interne ed esterne». [Il Sole 24 Ore, 7 gennaio]
In genere i politicanti turlupinano l’opinione pubblica, i loro propri elettori anzitutto. In Italia si può assurgere a Ministri, destra o sinistra che sia, solo se si è, nel mentire, primi della classe. La questione La Russa è che il pittoresco soggetto, le fa di tutti i colori per imitare il suo padrone Berlusconi, ma essendo che gli sta, in fatto di menzogne ed eloquenza, sotto di diverse spanne, passa da una figuraccia all’altra. Verrebbe da chiederne le dimissioni. Ma non lo facciamo, a noi va bene così. A imperialismo straccione, ministro pagliaccio.