In Tunisia continuano le mobilitazioni contro il nuovo governo, raffazzonato in fretta e furia per contenere la protesta sociale nel segno di un’inaccettabile “continuità” con il regime di Ben Ali. Intanto le proteste popolari si vanno allargando nel resto del Nord Africa (Egitto in particolare) e nell’insieme del mondo arabo. Il “contagio” tra i diversi paesi della regione è favorito da sistemi sociali simili nelle spaventose disuguaglianze, da strutture politiche più o meno apertamente dittatoriali, ma anche da una situazione economica disastrosa un po’ in tutta l’area. Un disastro economico e sociale che ha la sua radice nelle politiche ultra-liberiste imposte dall’occidente, attraverso il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale.
Di questo ci parla l’articolo di Michel Chossudovsky che pubblichiamo di seguito.
La Tunisia e i diktat del Fmi: come la politica economica provoca povertà e disoccupazione in tutto il mondo
di Michel Chossudovsky (globalresearch.ca)
Il generale Zine el Abidine Ben Ali, l’ex presidente deposto della Tunisia è definito dai media occidentali, in coro, come un dittatore.
Il movimento di protesta tunisino è descritto distrattamente come l’effetto di un regime antidemocratico e autoritario, che sfida le norme della “comunità internazionale”.
Ma Ben Ali non era un “dittatore”. I dittatori decidono e comandano. Ben Ali era un servo degli interessi economici occidentali, un fedele burattino politico che obbediva agli ordini, con il sostegno attivo della comunità internazionale.
L’ingerenza straniera negli affari interni della Tunisia non è menzionata nei report dei media. Gli aumenti dei prezzi alimentari non erano “imposti” dal governo di Ben Ali. Erano imposti da Wall Street e dal FMI.
Il ruolo del governo di Ben Ali è stato di far rispettare la micidiale ricetta economica del FMI, che in un periodo di oltre 20 anni ha portato al risultato di destabilizzare l’economia nazionale e impoverire la popolazione tunisina.
Ben Ali come capo di stato non ha deciso nulla di sostanziale. La sovranità nazionale era già perduta. Nel 1987, al culmine della crisi del debito, il governo di sinistra di Habib Bourguiba è stato sostituito da un nuovo regime, fortemente impegnato sulle riforme del “libero mercato”.La gestione macroeconomica sotto la guida del FMI era oramai nelle mani dei creditori esteri della Tunisia. Nel corso degli ultimi 23 anni, la politica economica e sociale della Tunisia è stata dettata dal “Washington Consensus”.
Ben Ali rimase al potere, perché il suo governo obbediva ed attuava in maniera efficace il diktat del FMI, al servizio sia degli USA che della Unione europea.
Questo modello è stato seguito in numerosi paesi.
La continuità delle micidiali riforme del FMI richiede una “sostituzione” del regime. L’instaurazione di un burattino politico assicura l’attuazione del programma neoliberista, creando le condizioni per l’eventuale destituzione di un governo corrotto e impopolare che venga rappresentato come causa dell’impoverimento di un’intera popolazione.
Il movimento di protesta
Non sono Wall Street e le istituzioni finanziarie internazionali con sede a Washington, ad essere il bersaglio diretto del movimento di protesta. L’esplosione sociale si è rivolta contro il governo piuttosto che contro l’ingerenza delle potenze straniere nella conduzione della politica di governo.
Dall’inizio, le proteste non sono partite da un movimento politico organizzato contro l’imposizione delle riforme neoliberiste.
Inoltre, vi sono indicazioni che il movimento di protesta sia stato manipolato al fine di creare il caos sociale, e insieme garantire la continuità politica. Ci sono rapporti non confermati di atti di repressione e di intimidazione da parte di milizie armate nelle principali aree urbane.
La questione importante è come si evolverà la crisi? Come sarà affrontato dal popolo tunisino il più grave problema dell’ingerenza straniera?
Dal punto di vista di Washington e Bruxelles, il regime autoritario impopolare è aspramente criticato allo scopo di sostituirlo con un nuovo governo fantoccio. Le elezioni sono previste sotto la supervisione della cosiddetta comunità internazionale, con i candidati pre-selezionati.
Se questo processo di cambiamento di regime viene effettuato per conto degli interessi stranieri, il nuovo governo dovrà senza dubbio garantire la continuità della politica neoliberista, che è servita a impoverire la popolazione tunisina.
Il governo ad interim guidato dal presidente incaricato Fouad Mebazza è attualmente in una situazione di stallo, con una feroce opposizione proveniente dal movimento sindacale (UGTT). Mebazza ha promesso di “rompere con il passato”, senza peraltro precisare se ciò significhi l’abrogazione delle riforme economiche neoliberiste.
Cenni storici
I media in coro hanno presentato la crisi in Tunisia come una questione di politica interna, senza una visione storica. La presunzione è che con la rimozione del “dittatore”e la instaurazione di un governo regolarmente eletto, la crisi sociale finirà per essere risolta.
La prima “rivolta del pane” in Tunisia risale al 1984. Il movimento di protesta del gennaio 1984 è stato motivato da un aumento del 100 per cento del prezzo del pane. Questo rincaro era stato chiesto dal FMI nel quadro del programma di aggiustamento strutturale (SAP) della Tunisia. L’eliminazione dei sussidi alimentari era di fatto una condizione del contratto di prestito con il FMI.
Il Presidente Habib Bourguiba, che aveva svolto un ruolo storico nella liberazione del suo paese dal colonialismo francese, dichiarò lo stato di emergenza in risposta ai disordini:
«Mentre risuonavano gli spari, le truppe della polizia e dell’esercito in jeep e blindati occupavano la città per sedare la “rivolta del pane”. La dimostrazione di forza infine produsse una calma inquieta, ma solo dopo che più di 50 manifestanti e passanti erano stati uccisi. Poi, in una drammatica trasmissione radiotelevisiva di cinque minuti, Bourguiba annunciò che avrebbe riportato indietro l’aumento dei prezzi». (Tunisia: Bourguiba Lets Them Eat Bread – TIME, gennaio 1984)
In seguito alla ritrattazione del presidente Bourguiba, l’impennata del prezzo del pane fu invertita. Bourguiba licenziò il suo ministro degli Interni e rifiutò di rispettare le richieste del Washington Consensus.
L’agenda neoliberista comunque aveva sortito i suoi effetti, portando all’inflazione galoppante e alla disoccupazione di massa. Tre anni dopo, Bourguiba e il suo governo furono rimossi in un colpo di stato incruento “per motivi di incompetenza”, portando all’insediamento del presidente generale Zine el Abidine Ben Ali nel novembre 1987. Questo colpo di Stato non era diretto contro Bourguiba, era destinato a smantellare in modo permanente la struttura politica nazionalista inizialmente istituita a metà degli anni ’50, per poter così privatizzare i beni dello Stato.
Il colpo di stato militare, non solo segnò la fine del nazionalismo post-coloniale che era stato guidato da Bourguiba, ma contribuì anche a indebolire il ruolo della Francia. Il governo di Ben Ali era allineato a Washington piuttosto che a Parigi.
Pochi mesi dopo l’insediamento di Ben Ali’ a presidente del paese, venne firmato un accordo importante con il FMI. Fu raggiunto anche un accordo con Bruxelles sull’istituzione di un regime di libero scambio con l’UE. Un ampio programma di privatizzazioni fu messo sotto il controllo della Banca Mondiale e del FMI. Con paghe orarie dell’ordine di 0.75 euro all’ora, la Tunisia diventò inoltre una sacca di manodopera a buon mercato per l’Unione Europea.
Chi è il dittatore?
Una revisione dei documenti del FMI suggerisce che dall’instaurazione di Ben Ali nel 1987 ad oggi, il suo governo si era attenuto fedelmente alle condizioni del FMI- Banca mondiale, compreso il licenziamento dei lavoratori del settore pubblico, l’eliminazione dei controlli sui prezzi dei beni di consumo essenziali e l’attuazione di un ampio programma di privatizzazioni. La sospensione delle barriere commerciali ordinata dalla banca mondiale portò ad un’ondata di fallimenti.
A seguito di queste dislocazioni dell’economia nazionale, le rimesse degli operai tunisini dall’Unione Europea divennero una fonte sempre più importante di valuta estera. Ci sono circa 650.000 tunisini che vivono oltremare. Le rimesse totali degli emigranti nel 2010 sono state dell’ordine di 1,96 miliardi di dollari, in aumento del 57 per cento rispetto al 2003. Una grande parte di queste rimesse in valuta sono usate per servire il debito estero del paese.
L’aumento speculativo nei prezzi mondiali degli alimenti
Nel settembre 2010, è stata raggiunta un’intesa fra Tunisi ed il FMI, che raccomandava la rimozione delle ultime sovvenzioni come mezzo per realizzare l’equilibrio fiscale:
«Il rigore fiscale rimane una priorità assoluta per le autorità [tunisine], che sentono l’esigenza nel 2010 di continuare con una politica fiscale rigorosa nel contesto internazionale corrente. Gli sforzi sostenuti nell’ultima decade per abbassare il livello del debito pubblico non dovrebbero essere compromessi da una politica fiscale troppo lassista. Le autorità sono impegnate a controllare saldamente le spese correnti, comprese le sovvenzioni…»
http://www.imf.org/external/pubs/ft/scr/2010/cr10282.pdf
Vale la pena notare che l’insistenza del FMI sull’austerità fiscale e la rimozione delle sovvenzioni hanno coinciso cronologicamente con un nuovo aumento nei prezzi degli alimenti sui mercati di Londra, di New York e di Chicago. Questi aumenti dei prezzi sono in gran parte il risultato di operazioni speculative da parte di importanti interessi finanziari e corporativi del settore dell’agribusiness. Sono il risultato di un’autentica manipolazione (non di penuria), e hanno impoverito la gente a livello globale. La corsa nei prezzi degli alimenti costituisce una nuova fase del processo dell’impoverimento globale.
«I media hanno fuorviato l’opinione pubblica sulle cause di questi aumenti dei prezzi, fissando l’attenzione quasi esclusivamente sugli aumenti dei costi di produzione, il clima ed altri fattori che riducono l’offerta e che potrebbero contribuire ad accrescere il prezzo degli alimenti.
Anche se questi fattori possono entrare in gioco, sono di importanza limitata nella spiegazione dell’aumento impressionante e drammatico nei prezzi dei beni. Essi sono in gran parte il risultato di manipolazioni del mercato. Sono in gran parte attribuibili alle operazioni speculative sui mercati delle merci. I prezzi del grano sono stati amplificati artificialmente da speculazioni su grande scala nei mercati a termine di Chicago e di New York. …
La speculazione sul grano, il riso o il mais, si può fare senza nessuno scambio reale di merci. Le istituzioni che speculano nel mercato del grano non sono necessariamente coinvolte nella vendita o nella reale consegna del grano.
Le transazioni possono usare i fondi indicizzati sulle materie prime che sono scommesse sul movimento rialzista o ribassista dei prezzi dei beni. Una “put option” è una scommessa sul ribasso del prezzo, una “call option” è una scommessa sul rialzo. Con manipolazioni concordate, gli investitori istituzionali e le istituzioni finanziarie possono far salire il prezzo e quindi scommettere su un movimento rialzista di una materia prima in particolare.
La speculazione genera la volatilità del mercato. A sua volta, l’instabilità che ne risulta incoraggia l’ ulteriore attività speculativa.
I profitti sono realizzati quando il prezzo sale. Per contro, se lo speculatore gioca al ribasso, vendendo sull mercato, guadagnerà quando il prezzo sprofonda.
Questo recente rialzo speculativo nei prezzi degli alimenti è stato causa di una carestia su scala mondiale senza precedenti». (Michel Chossudovsky)
http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=8877)
Dal 2006 al 2008, c’è stato un drammatico rialzo nei prezzi di tutte le importanti materie prime alimentari, compreso riso, grano e mais. Il prezzo del riso è triplicato nell’arco di cinque anni, da circa 600 $ la tonnellata nel 2003 a più di 1800 $ la tonnellata nel maggio 2008. (Michel Chossudovsky, http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=9191 , per ulteriori particolari, si veda Michel Chossudovsky, ( http://globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=20425 )
Il recente rialzo nel prezzo del grano rientra in un aumento del 32 per cento dell’ indice composito dei prezzi degli alimenti della FAO registrato nella seconda metà del 2010.
«I prezzi in ascesa dello zucchero, del grano e dei semi oleosi hanno portato a un record nei prezzi mondiali degli alimenti a dicembre, superando i livelli del 2008 quando il costo del cibo ha fatto scoppiare tumulti nel mondo e lanciare avvertimenti sui prezzi entrati in “zona pericolosa”.
Un indice mensile delle Nazioni Unite a dicembre superava il picco mensile precedente – del giugno 2008 – per raggiungere il livello più elevato dal 1990. Pubblicato dall’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura con sede a Roma (la FAO), l’indice riporta i prezzi di un paniere di cereali, semi oleosi, latticini, carne e zucchero, aumentato per sei mesi consecutivi». (The Guardian, 5 gennaio 2011)
Amara ironia: in un contesto di aumento dei prezzi degli alimenti, il FMI suggerisce la rimozione delle sovvenzioni allo scopo di raggiungere l’obiettivo dell’ austerità fiscale.
Manipolazione dei dati su povertà e disoccupazione
Un’atmosfera di disperazione sociale prevale, le vite della gente sono distrutte. Mentre il movimento di protesta in Tunisia è visibilmente il risultato diretto di un impoverimento totale, la banca mondiale sostiene che i livelli di povertà sono stati ridotti dalle riforme di liberalizzazione del mercato adottate dal governo del Ben Ali.
Secondo il rapporto sul paese della Banca Mondiale, il governo tunisino (con il supporto delle istituzioni di Bretton Woods) è stato fondamentale nel ridurre i livelli di povertà al 7 per cento (inferiore sostanzialmente a quello registrato negli Stati Uniti e nell’UE):
«La Tunisia ha realizzato notevoli progressi nell’equità dello sviluppo, nel combattere la povertà e nel raggiungimento di buoni indicatori sociali. Ha riportato un tasso di crescita medio del 5 per cento in questi ultimi 20 anni, con un aumento constante nel reddito pro capite e un aumento corrispondente nel benessere della popolazione che registra un livello di povertà del 7%, fra i più bassi nella regione.
L’aumento constante nel reddito pro capite è stato il motore principale per la riduzione della povertà. … Le strade nelle aree rurali sono state particolarmente importanti nell’aiutare i poveri di queste aree a collegarsi ai mercati ed ai servizi urbani. I programmi sulle abitazioni hanno migliorato il livello di vita dei poveri ed inoltre hanno reso disponibile il reddito risparmiato per la spesa in alimenti e articoli non-alimentari, con impatti positivi di attenuazione della povertà. I sussidi alimentari, destinati ai poveri, anche se non in maniera ottimale, hanno tuttavia aiutato i poveri urbani». (Banca mondiale – Tunisia – Country Brief)
Queste stime sulla povertà, senza accennare ad alcuna “analisi” economica e sociale, sono autentiche montature. Presentano il libero mercato come il motore di un’attenuazione della povertà. L’impalcatura analitica della Banca Mondiale è usata per giustificare un processo di “repressione” economica che è stato applicato universalmente in più di 150 paesi in via di sviluppo.
Con il 7 per cento della popolazione che vive nella povertà (come suggerito dalla “stima” della banca mondiale) e il 93 per cento della popolazione coi bisogni fondamentali soddisfatti in termini di alimenti, abitazione, salute e formazione, non ci sarebbe stata crisi sociale in Tunisia.
La Banca Mondiale è attivamente impegnata nella manipolazione dei dati e nella distorsione della difficile situazione sociale della popolazione tunisina.
Il tasso di disoccupazione ufficiale è al 14 per cento, ma il livello reale di disoccupazione è molto più alto. La disoccupazione giovanile registrata è dell’ordine del 30 per cento. I Servizi Sociali, compreso la sanità e la formazione sono sprofondate nell’urto delle misure di austerità economica della Banca Mondiale e del FMI .
Più in generale, «la dura realtà economica e sociale che sta alla base dell’intervento del FMI consiste nei prezzi degli alimenti in ascesa, carestie a livello locale, licenziamenti massicci degli operai urbani e degli impiegati pubblici, e distruzione dei programmi sociali. Il potere di acquisto interno è sprofondato, ospedali e scuole sono stati chiusi, a centinaia di milioni di bambini è stato negato il diritto all’istruzione primaria». (Michel Chossudovsky, Global Famine, op cit.)
Versione originale:
Michel Chossudovsky
Fonte: www.globalresearch.ca
Link:http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=22867
20.01.2011
Versione italiana:
Fonte: http://vocidallestero.blogspot.com/
Link: http://vocidallestero.blogspot.com/2011/01/la-tunisia-e-i-diktat-del-fmi-come-la.html
23.01.2011