Il «Movimento Egiziano per il Cambiamento», meglio conosciuto con il suo slogan Kifaya (Basta), è stato fondato nel novembre 2004 da 300 intellettuali egiziani di varie provenienze ideologiche (nazionalisti, marxisti, islamisti e copti progressisti, antimperialisti) durante una riunione nella sede del partito al-Wasat il cui leader è Abu ‘l-Ala Madi. L’incontro venne programmato per discutere delle opportunità e delle mosse politiche in vista delle allora imminenti elezioni parlamentari del 2005.

I gruppi convenuti istituirono un piccolo comitato di sette membri, e subito dopo svolsero una conferenza a cui parteciparono oltre 500 persone, che si concluse con la creazione del movimento Kifaya. Kifaya non nacque dunque come un partito politico, bensì come un movimento coalizione di forze politiche unite dal comune obbiettivo di porre fine al dominio del presidente Hosni Mubarak, nonché dalla comune opposizione al sionismo, e dalla solidarietà antimperialista verso la causa palestinese e la resistenza irachena ed araba in generale.

Kifaya sin dall’inizio, oltre che con ambienti antimperialisti europei (vedi il Campo) era collegato al Forum Sociale Mondiale (la cui forma organizzativa anzi sembrava aver preso in prestito).

Kifaya chiedeva riforme radicali utilizzando slogan semplici ma potenti: no all’estensione del mandato presidenziale di Mubarak e all’annunciata successione a suo figlio Gamal Mubarak; basta con la pandemia della corruzione nelle istituzioni; cancellare lo stato di emergenza in vigore dal 1981. Kifaya condanna infine l’Alleanza con Israele e la sudditanza verso gli USA.

Il movimento ha organizzato coraggiose manifestazioni non autorizzate sfidando apertamente il regime di Mubarak. E’ stato il primo gruppo a criticare direttamente oltre a Mubarak, la collusione di gran parte delle élites.

Dopo una prima protesta (dicembre 2004) animata da circa 300 attivisti politici sotto alla sede della Corte Suprema, nel centro del Cairo; le proteste si estesero, nel gennaio 2005, in diversi altri punti sensibili della capitale, per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica (sempre accompagnati da una robusta presenza di polizia). Uno di questi momenti fu il presidio in occasione della Fiera del Libro del Cairo, altri ce ne furono nei campus universitari, e in Piazza Tahrir. Nella primavera del 2005 le proteste riuscirono a diffondersi al di fuori del Cairo. Ad aprile, Kifaya riuscì a svolgere manifestazioni anti-regime simultaneamente in quattordici città.

Kifaya è stato il primo movimento in Egitto ad esplorare ed utilizzare massicciamente (nei limiti consentiti) i nuovi social network e le tecnologie digitali come mezzo principale di comunicazione e di mobilitazione. In particolare la crescita del blogging politico in Egitto è stato anzitutto grazie a Kifaya

Anche se Kifaya godette per un po’ dell’attenzione dei media internazionali, i suoi successi sono stati pochi e la sua forza è diminuita notevolmente, impattando, nel 2006, in una crisi interna molto seria.
La dura repressione messa in atto dal regime contro Kifaya (tra cui aggressioni fisiche, arresti e detenzioni senza processo, torture e persino molestie sessuali e lo stupro di manifestanti donne) è stato un fattore cruciale di questa crisi.
Il regime ha anche utilizzato i media da esso controllati per sabotare e sputtanare Kifaya, diffamando e screditando sia il movimento che i suoi dirigenti.

Un altro serio problema che ha impedito la crescita di Kifaya è stata la sua estrema frammentazione ideologica interna, l’incapacità di serrare le fila e, in ultima istanza il dissidio tra componenti laiche e quelle islamiste. La fuoriuscita degli esponenti islamisti dal movimento fu un duro colpo per Kifaya.
Ma il limite più serio di Kifaya era che esso era composto quasi soltanto da intellettuali, di qui anche l’incapacità di penetrare tra larghe fasce della popolazione lavoratrice.

Malgrado la profonda crisi subita, Kifaya resta uno degli attori della scena politica egiziana e un punto di riferimento per le aree più radicali e non-islamiche delle opposizioni. I suoi esponenti di spicco sono in questi giorni protagonisti della mobilitazione per cacciare Mubarak. Il ruolo di spinta avuto dalle élites progressiste egiziane nei primi giorni della rivolta ha infatti riportato sul proscenio diversi esponenti di Kifaya, troppo presto dati per defunti.
Kifaya non ha esitato a criticare altri partiti di opposizione con l’accusa di collaborare con il governo. Ad esempio, Kifaya ruppe con il Tagammu.

Kifaya fu un protagonista nella fondazione, nell’ottobre 2005, del Fronte Unito Nazionale per il Cambiamento, una coalizione formata per coordinare la campagna delle opposizione per le elezioni parlamentari del novembre dello stesso anno. La coalizione — che comprendeva anche membri dei partiti Nuovo Wafd, i nasseristi, al-Wasat, e al-Karama, nonché membri indipendenti della Fratellanza Musulmana — presentò una lista unitaria di 225 candidati sulla base di una piattaforma che rivendicava riforme costituzionali e misure anti-corruzione. 

Anche se Kifaya occasionalmente si è alleata con i Fratelli Musulmani (nel contesto di grandi coalizioni come il Fronte Unito Nazionale per il Cambiamento), la cooperazione diretta con loro è stata difficile. La Fratellanza non aderì alle proteste promosse da Kifaya.
Negli ultimi anni, il Coordinatore di Kifaya, Abdel Halim Qandil ha criticato la Fratellanza, definendola un “dinosauro”, appesantito dalla sua leadership invecchiata.
Kifaya ha anche insinuato che la Fratellanza opportunisticamente collaborò con l’Associazione Nazionale per il Cambiamento al solo scopo di vincere seggi parlamentari nelle elezioni del 2005.

Nel corso di una manifestazione tenutasi nel dicembre 2009, in occasione del quinto anniversario di Kifaya, alcuni dei partecipanti hanno dichiarato il loro sostegno a Mohammed el-Baradei e alla sua petizione per la riforma costituzionale. 

Mentre Kifaya ha pubblicamente appoggiato il movimento di el-Baradei, il Coordinatore e portavoce, Abdel Halim Qandil ha recentemente messo in dubbio l’efficacia della strategia politica di ElBaradei. Kifaya ha boicottato le elezioni parlamentari farsa del novembre scorso.

Alcuni punti della Piattaforma di Kifaya: 

– Rompere il monopolio delle istituzioni da parte del partito al potere, il PND.
– Cancellare lo Stato d’emergenza in vigore da un quarto di secolo.
– Stabilire lo stato di diritto come fonte suprema di legittimità.
– Permettere ai cittadini di scegliere i propri presidente e vice presidente fino ai diversi candidati attraverso elezioni dirette e trasparenti.
– Limitare il mandato di presidente per un periodo non superiore a due mandati.
– Separazione dei poteri legislativo, giudiziario e esecutivo.
– In politica estera netta opposizione agli Stati Uniti e ad Israele.

Kifaya sul web
http://www.harakamasria.org/ (Arabic)
http://www.facebook.com/pages/Kifaya/109659362393788  (Facebook)

Nella foto Abdel Halim Qandil, Coordinatore di Kifaya
Partecipò nel 2004 e 2005 alle manifestazioni italiane
a sostegno della Resistenza irachena.

Questi gli articoli precedenti dell’inchiesta sulle opposizioni a Mubarak:
Prima parte: Il «Movimento Giovanile 6 aprile»
Seconda parte: Il partito «Tagammu»
Terza parte: L’«Associazione Nazionale per il Cambiamento»