Roma, 17 febbraio 2011, Nena News (nella foto Ap dal sito guardian.co.uk gli scontri della scorsa notte a Manama) – Scatta la repressione in Bahrein. Cinque morti e 100 feriti è il bilancio parziale della carica, compiuta nel corso della notte dalle forze di polizia contro i manifestanti che erano accampati in Pearl Square, nel centro della capitale Manama, dove da quattro giorni, sull’onda delle rivolte popolari in Tunisia ed Egitto, proseguono le proteste contro il regime della dinastia sunnita dei Khalifa.

Il capo dell’opposizione, Ali Salman, ha detto che l’assalto delle forze di sicurezza contro i manifestanti avrà conseguenze «catastrofiche». «L’attacco è stato una decisione sbagliata, che avrà ripercussioni catastrofiche sulla stabilità del Bahrein», ha avvertito Salman. Soltanto ieri il re, Hamad ben Isa Al-Khalifa, aveva presentato le sue condoglianze alle famiglie di altri due manifestanti uccisi dalla polizia nei giorni scorsi.

«Reclamiamo uno Stato democratico, una monarchia costituzionale nella quale il governo sia eletto dal popolo», ha proclamato Salman, capo del partito Wefaq che ha conquistato 18 deputati all’Assemblea nazionale eletta lo scorso anno tra polemiche e brogli volti a garantire il potere alla minoranza sunnita. Il capo dell’opposizione ha precisato che gli sciiti (il 70% del milione e mezzo di abitanti) non vogliono uno «Stato  religioso» e che in Bahrein «non c’è posto per il modello iraniano della wilayat al-faqih» (la supremazia del giurista e «fonte di imitazione» per i credenti).

Ieri migliaia di persone avevano partecipato alle esequie di uno dei due manifestanti uccisi dalla polizia nei giorni scorsi mentre altre migliaia si sono radunate nel centro di Manama e, imitando i manifestanti egiziani di piazza Tahrir, si sono accampate in tende di fortuna per stabilire un presidio stabile. I funerali si sono trasformati subito in una manifestazione, in cui sono stati scanditi slogan contro il regime e il primo ministro sheikh Khalifa bin Salman al Khalifa, che è alla guida del governo del piccolo regno nel Golfo sin dalla sua indipendenza dalla Gran Bretagna, nel 1971. Nei giorni scorsi, il re aveva anche concesso ad ogni famiglia un bonus di 2.600 dollari. E’ stato inutile come inutili erano state le concessioni tardive del presidente egiziano Mubarak alla folla in Piazza Tahrir. L’opposizione ha capito di poter osare di più e via internet ha chiamato oggi ad una nuova manifestazione di massa, la più grande nella storia di questo piccolo Stato del Golfo, un hub finanziario in cui hanno interessi molti Paesi della regione e che ospita la base della Quinta flotta Usa, a poche miglia dalle coste dell’Iran.

Non sorprende perciò che gli Stati Uniti, ambigui sostenitori della rivolta egiziana, siano «molto preoccupati» per quanto accade a Manama. Il portavoce del Dipartimento di Stato, P.J. Crowley, ha chiesto a «tutte le parti di porre un freno agli incidenti ed evitare ogni violenza». Ma in Bahrein la misura è colma e il momento propizio non farà arretrare le opposizioni che da anni denunciano gravi violazioni dei diritti umani e politici. La scorsa estate, prima delle elezioni, scrittori, accademici e attivisti del «Gruppo del Golfo Arabo» si appellarono al governo per il rilascio di sciiti accusati di «complottare» contro il regime. In quel periodo fece rumore l’arresto di Ali Abduleman, giornalista molto noto tra i blogger della regione. Amnesty ha denunciato nei mesi scorsi la detenzione di almeno 200 dissidenti e punizioni inflitte alle voci critiche della famiglia reale.

da Nena News