Un doveroso chiarimento sulle divergenze tra Vittorio Arrigoni e noi

La giornata di mobilitazione per la “riconciliazione nazionale”, cioè per porre fine alla divisione tra HAMAS e al-Fatah (di conseguenza per stabilire un unico governo in Cisgiordania e a Gaza), si è svolta come previsto martedì, 15 marzo, in alcune località della Palestina occupata, tra cui Gaza. Non circolano ancora informazioni sufficienti per stabilire se essa sia stata un successo, e quale reale impatto essa abbia avuto. Stando agli organi di informazione arabi (e israeliani) le manifestazioni sono state piccole, sia in Cisgiordania che a Gaza — smentendo così le aspettative dei promotori, così come dei loro simpatizzanti occidentali.

 

Di sicuro quella svoltasi a Gaza nella Piazza del Milite ignoto è stata la più numerosa. Non a caso. Non solo la popolazione di Gaza soffre dell’assedio sionista e vive quindi in condizioni decisamente peggiori dei palestinesi di Cisgiordania. Sono confluiti nella manifestazione un malessere crescente verso HAMAS, le sue decisioni e i suoi metodi amministrativi, così come una più generale insofferenza di settori giovanili laici, sia di sinistra che occidentalizzati, verso l’Islam in generale. Alcuni hanno parlato di islamofobia.

Viene fatta circolare la notizia che la polizia di HAMAS avrebbe attaccato brutalmente la manifestazione. Dalle informazioni in nostro possesso gli scontri sono sì avvenuti, ma tra alcuni dimostranti anti-HAMAS e queli filo-HAMAS che hanno raggiunto la manifestazione di Piazza del Milite ignoto con centinaia di bandiere verdi del loro movimento. La qual cosa gli altri hanno cercato di impedire. Si tenga conto che HAMAS ha ufficialmente aderito alla giornata di mobilitazione, accogliendo, se non tutti i punti del Manifesto che la indiceva, l’idea dell’unità, nella forma di una ricostruzione dell’OLP. Proposta che modestamente peroriamo, a condizione che l’OLP si basi sulla sua Carta originaria (che contemplava la liberazione di tutta la Palestina storica) e quindi rifiuti gli Accordi di Oslo (che prevedono invece la creazione di un Bantustan palestinese). In questo, almeno, siamo in perfetta sintonia coi compagni del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, i quali sono un architrave del «Movimento 15 Marzo» — ovvero della composita coalizione che ha indetto la giornata di mobilitazione di ieri.

E’ in questa cornice che va inquadrato lo scambio di opinioni tra noi e Vittorio Arrigoni. Fuori da questo contesto nulla si capirebbe, e le differenze di giudizio annegherebbero nel pettegolezzo. La qual cosa, siamo certi, non interessa nemmeno ad Arrigoni.

Vittorio ci ha accusato di spacciare “bufale” e si è sentito  offeso perché avevamo detto che aveva preso una “cantonata”. In questo modo si è perso di vista l’oggetto del contendere.
Qual’era, a nostro modesto avviso, la “cantonata”? Quella di aver sponsorizzato il Manifesto di un gruppo di giovani di Gaza — GYBO, Gaza Youth Breaks Out — e di aver presentato l’iniziativa, nata su Facebook, come effettiva espressione se non della maggioranza, di gran parte della gioventù palestinese di Gaza. Arrigoni afferma testualmente che: «sono loro i protagonisti della stagione di rinascita delle speranze dei giovani palestinesi».

Chi ne ha voglia può andare a leggere il testo di questo Manifesto lanciato a Gennaio, il cui incipit era tutto un programma: «Vaffanculo HAMAS, vaffanculo Israele, vaffanculo al-Fatah, vaffanculo USA».
Noi non solo non ne condividevamo lo spirito e il senso politico, ma dubitavamo della sua autenticità, visto il linguaggio scurrile. Ecco cosa scrivevamo:

«Il documento, condanna, anzi manda a quel paese, tutti, ma proprio tutti. Israele, HAMAS, Al-Fatah, ovvero gli occupanti e gli assedianti sionisti, i loro lacché dell’ANP-al-Fatah, ma pure HAMAS e tutta la Resistenza palestinese. Tutti messi nello stesso sacco, tutti messi sul banco degli accusati come corresponsabili della tragedia che vive il popolo di Gaza. Il documento chiede la pace e di farla finita con la guerra.
Una posizione politica legittima, ma completamente sbagliata, perché mette sullo stesso piano Sionismo e Resistenza, perché mette sullo stesso piano l’assediante israeliano e le autorità che in una situazione tremenda, unica al mondo, amministrano Gaza. Più che un Appello pacifista, abbiamo un appello che in Italia definiremmo biecamente qualunquista e apolitico. Se questo cosiddetto manifesto rappresenta i giovani di Gaza c’è da mettersi le mani sui capelli. Per fortuna non è così.
Infatti, lo confessiamo, a noi sono sorti fortissimi dubbi sull’autenticità di questo Manifesto, che sembra uscito, non da Gaza, ma da qualche smandrappata riunione no-global italiana. Al di là del contenuto, ripetiamo, inaccettabile, colpisce lo stile occidentalissimo, anzi italianissimo del testo. La scrittura infarcita di così tante parolacce e improperie che chi conosce solo un po’ lo stile linguistico arabo e gli standard comunicativi arabi, stenta a credere che sia farina del sacco di giovani palestinesi
».

Veniamo poi a sapere, dalla stessa replica di Arrigoni, che in effetti il Manifesto era stato pensato e scritto in inglese, non per circolare tra i palestinesi di Gaza o della Cisgiordania, ma solo tra il pubblico europeo. Appunto.

Ma torniamo alla sostanza.
Noi non avremmo mai sottoscritto quel Manifesto perché ne contestavamo il suo contenuto implicitamente islamofobo e apertamente anti-HAMAS, ne denunciavamo il profilo qualunquista, mentre altri ne tessevano le lodi come espressione autentica della migliore società civile di Gaza.
Ci sbagliavamo? Di sicuro non eravamo i soli a sospettare che, gratta, gratta, dietro a GYBO potesse esserci, se non al-Fatah, una delle sue correnti.

Comunque ecco cosa scrive nel suo blog il GYBO, presentando l’Appello:
«We want three things. We want to be free. We want to be able to live a normal life. We want peace. Is that too much to ask? We are a peace movement consistent of young people in Gaza and supporters elsewhere that will not rest until the truth about Gaza and Palestine is known by everybody in this whole world and in such a degree that no more silent consent or loud indifference will be accepted. And if we fail, other groups will take our place, until our voice can’t be ignored anymore».

Che dire? Scopriamo che a Gaza ci sono dei giovani che vogliono una vita normale, che vorrebbero la pace e la libertà e, come sottolineano in altri interventi, poter girare tranquilli per il mondo. Giustissimo, e siamo pienamente solidali con loro. Ma c’è un piccolo particolare, ed è che Gaza è sotto assedio e subisce un’aggressione costante e implacabile da parte dei sionisti. Il piccolo particolare è che Gaza è in guerra contro un nemico mille volte più potente. Non ci piace giocare a fare la realpolitik, ma da che mondo è mondo, un popolo o un paese in guerra e accerchiato, la cui stessa sopravvivenza è minacciata, per di più con una parte decisiva sostanzialmente collaborazionista del nemico, senza contare le spie ad ogni dove, non possono far finta di essere in stato di pace, sono spinti, gioco-forza, a blindarsi, a ricorrere a misure eccezionali, ad un permanente Stato di emergenza.

Qualcuno può negare che sia questa la realtà di Gaza? Ma se è così non è forse sommamente sbagliato mettere HAMAS sullo stesso piano dell’aggressore sionista? Non è forse gravissimamente inammissibile equiparare il nemico assoluto con il movimento che in mezzo a difficoltà inenarrabili tenta di non soccombere? Non è forse miserabile eguagliare la principale forza della Resistenza ad al-Fatah e all’ANP che come è universalmente noto sono arnesi, per di più corrotti e mafiosi, dei sionisti e degli imperialisti? Non è forse vero che l’ANP, in combutta con i sionisti, spesso su loro direttiva, tiene detenuti centinaia di partigiani palestinesi? Non è forse vero che il segretario del FPLP, Sa’adat, prigioniero dell’ANP, venne consegnato dagli ascari di al-Fatah agli sgherri israeliani?

Come è possibile fare finta di non vedere tutto questo? Si capisce quindi perché non solo noi, ma molti altri, hanno condannato il Manifesto del GYBO.

Proprio per rispondere a queste critiche GYBO scrive:
«Molti attivisti rifiutano il nostro movimento e ci considerano come una macchina sionista perché nel manifesto, abbiamo denunciato Hamas – tra gli altri. E’sempre sorprendente vedere quanto le persone sono brave a condannare senza nemmeno provare a capire. Vorremmo ricordare a tutti il nostro obiettivo: sì siamo frustrati e stanchi di essere oppressi, uccisi, umiliati, ci è impedito persino di partire per studiare in altri paesi, sì, tutto ciò’ci spinge a denunciare i partiti politici che ci governano, perché non ci aiutano in niente, noi denunciamo tutti i capi, non SOLO HAMAS. Siamo stanchi di questo status quo, da tutti i lati. Tutti i partiti politici hanno avuto il tempo e la possibilità di PROPORRE il cambiamento, ma non abbiamo ancora visto nulla».

Questi giovani si dicono stanchi, ma di chi è la responsabilità della loro situazione? E, soprattutto, qual è la loro proposta? Con tutto il rispetto, se la gatta non ci cova (e rispettiamo la convinzione di Arrigoni che al-Fatah non ci cova), si tratta di fantastiche e demagogiche stupidaggini.

Stupidaggini talmente “astronomiche” che, pur essendo il GYBO tra i promotori della giornata di protesta del 15 marzo, gli altri si son guardati bene dal farlo proprio. Basta leggere l’Appello che indice la mobilitazione e confrontarlo col Manifesto di GYBO. Anche i sassi se ne rendono conto.

Sorvolando sul linguaggio, puerile e scurrile, nessuna traccia di demagogia e qualunquismo. Abbiamo un Appello che per quanto rivendichi le contestuali dimissioni del governo di HAMAS a Gaza e di quello di al-Fatah a Ramallah (rivendicazione che ci lascia quantomeno perplessi), è politicamente robusto e, come da noi segnalato, confessa la chiara impronta del FPLP il quale, malgrado le difficoltà del rapporto con HAMAS, con HAMAS è alleato nel comune fronte della Resistenza. Non è per caso che HAMAS abbia ufficialmente aderito alla giornata di mobilitazione, mentre ha condannato il manifesto di GYBO.

Speriamo di aver aiutato il lettore a capire nella giusta luce e nelle loro reali dimensioni, le divergenze tra noi e Arrigoni, certissimi che quanto ci unisce, la comune solidarietà con la Resistenza del popolo palestinese, è ben più importante di quanto ci divide, ovvero il giudizio sugli attori della scena palestinese.

Un addendum, per concludere.

La fibrillazione che vive la scena politica palestinese, tra cui la giornata di ieri l’altro, non dipende ovviamente dall’effetto, si fa per dire, cataclismatico, del Manifesto del GYBO (che come detto esprime il disagio del ceto medio palestinese che HAMAS farebbe bene a non sottovalutare), ma da ben altri fattori. L’ANP di Abu Mazen ha unilateralmente indetto per giugno le elezioni amministrative e, per settembre, quelle presidenziali e legislative. HAMAS ha contestato questa decisione unilaterale, invocando un tavolo negoziale per stabilire un percorso e regole comuni prima di chiamare i cittadini al voto. Al-Fatah ha respinto questa proposta e vuole andare avanti comunque. HAMAS ha risposto che in queste condizioni boicotterà le elezioni. Si capisce dunque come mai proprio ora si faccia sentire la richiesta della “riconciliazione”, e da dove venga, anzitutto dal FPLP e da ambienti che non stanno né con HAMAS né con al-Fatah, che vorrebbero partecipare alle elezioni come terza forza indipendente ma che temono che questo loro disegno vada a gambe all’aria se al-Fatah non farà un passo indietro, e se HAMAS non rinuncerà al boicottaggio, visto che in questo caso avremmo elezioni farsa e chiunque vi partecipasse sarebbe accusato di tenere il moccolo ad al-Fatah.