Intervista di Giorgio Bocca al Manifesto
«Con che diritto noi dobbiamo andiamo a bombardare i libici? Non sono d’accordo». È l’ennesimo «non sono d’accordo con la guerra» che Giorgio Bocca pronuncia. Lo raggiungiamo alla notizia delle prime bombe sganciate in Libia dai caccia francesi. Bocca non ha bisogno di presentazioni. Classe 1920. Gli tocca commentare un’altra guerra, quella scoppiata ieri sera in Libia, a cent’anni esatti da quella italiana contro Tripoli. L’ultima guerra prima che lui nascesse.
Non è d’accordo con la missione dell’Onu in Libia?
No. Muammar Gheddafi fin qui stava al potere. I ribelli si sono rivoltati contro di lui. Noi che parte dobbiamo fare? Questo è una domanda a cui non saprei rispondere. Ma noi che parte stiamo facendo? In questo momento solo una: quella dei ricchi e potenti che vogliono mettere le mani sul petrolio libico. E non andiamo a raccontarcela diversamente.
Le Nazioni unite non dovrebbero organizzare la difesa degli insorti libici minacciati e uccisi dalle rappresaglie di Gheddafi?
Quando Israele attacca i palestinesi non si muove nessuno. Né mi pare che l’Onu si convochi in tutta fretta. Quella di oggi è chiaramente la reazione degli stati ricchi che su Gheddafi si sono improvvisamente ravveduti. Era il capo di una nazione. C’è stata una ribellione. Lui ha tutto il diritto di contrastare la rivoluzione che sta cercando di cacciarlo dal potere.
Per Gheddafi difendersi è legittimo?
Come è legittimo per i ribelli rivoltarsi. Ma noi che c’entriamo?
L’Italia non dovrebbe intervenire?
L’atteggiamento italiano è vergognoso. Prima Silvio Berlusconi parla di «amico libico», gli bacia la mano. Poi, oggi, vista la mala parata, fa l’antigheddafi. Alla fine ha ragione il raìs a dire che siamo traditori.
Scusi, difende Gheddafi?
Gheddafi è tutt’altro che raccomandabile. È un dittatore ridicolo. Basta vedere i suoi vestiti, i capelli tinti, la sua voglia di apparire giovane. È un Berlusconi del medio oriente. Ma fino a due mesi fa arrivava in Italia accolto dalle fanfare. Quindi proprio noi siamo gli ultimi titolati a criticarlo, figuriamoci attaccare la Libia. Per ragioni di coerenza. Siamo stati i suoi migliori alleati e compagni d’affari. La Juventus, addirittura, gli ha venduto una parte della società.
La posizione del governo è ipocrita?
È un governo voltagabbana.
Anche l’opposizione, almeno quella in parlamento con poche eccezioni, è d’accordo a che l’Italia partecipi all’intervento militare.
Perché condivide la logica dei più forti. Il principio è: per essere considerati potenti della terra bisogna ogni volta schierarsi col potente di turno. Oggi i ricchi e potenti hanno deciso che la Libia è diventata un ostacolo. Così l’hanno scaricata. E hanno fatto tutto a una velocità impressionante.
Per la verità sono gli insorti libici a voler tirar giù Gheddafi. La comunità internazionale dice di volerli difendere. Ha un’opinione sui ribelli del consiglio di transizione di Bengasi?
No, per me sono degli sconosciuti. Ma a quanto leggo dalle cronache, sono degli sconosciuti un po’ per tutti. Anche per quelli che fanno il tifo per loro.
Impressiona che dopo cent’anni esatti l’Italia torna in guerra in Libia?
Impressiona molto. Ma quello che impressiona di più è che finora abbiamo sentito tanti bei discorsi sul valore della pace. C’è voluto niente per tornare in guerra.
di Daniela Preziosi (il manifesto del 20/03/2011)