Note sparse su una strana guerra

Siamo al quarto giorno di una strana guerra. Evidente la sua natura imperialista e neo-coloniale, abituale la sua copertura ipocritamente «umanitaria», ma insolite le sue modalità, incerti i suoi sviluppi e le sue prospettive future.
E’ una guerra da condannare e da contrastare al pari di quelle alla Jugoslavia, all’Afghanistan, all’Iraq, ma sbaglieremmo se non ne cogliessimo alcune differenze fondamentali.
La condanna dell’azione criminale delle potenze occidentali ha da essere totale, come si usa dire «senza se e senza ma», e soprattutto senza i «né né» del pacifismo che applaude all’Onu, quello alla Vendola per intenderci. E’ questa, fra l’altro, una condizione imprescindibile affinché possa finalmente scattare una mobilitazione che al momento langue come mai in passato.
Ma anche a questo fine può essere utile una messa a fuoco di quanto sta avvenendo. Procederò dunque per punti, senza alcuna pretesa di completezza, giusto per abbozzare alcuni elementi di riflessione.

Almeno fino ad oggi l’aggressione alla Libia non sembra proprio la semplice riproposizione dello schema delle precedenti guerre americane. Nel 1999, nel 2001 e nel 2003, peraltro in contesti geopolitici assai diversi, era chiara la conduzione della guerra, ed erano chiari i suoi obiettivi. Possiamo dire la stessa cosa oggi? Direi proprio di no, a meno che ci si voglia limitare a dire che le potenze occidentali vogliono dominare il mondo e sfruttare le risorse naturali dei paesi che le posseggono. Il che è giustissimo, ma anche abbastanza ovvio. Proviamo allora ad entrare nel merito delle differenze e delle particolarità che rendono quella in corso una strana guerra.

1. A differenza delle guerre precedenti questa non è semplicemente classificabile come guerra americana. Certo, arrivato il momento di dare la parola alle armi, i primi a partire sono stati i missili a stelle e strisce, ma non mi pare che gli Usa abbiano esercitato l’abituale leadership. Le incertezze sul comando dell’operazione, sul tipo di guerra da condurre, sugli obiettivi politici ci parlano quanto meno di una guerra improvvisata. Le esperienze del passato ci hanno abituato a vedere gli Usa nel ruolo di potenza determinata, che mette via via in riga i propri alleati, talvolta un po’ riottosi. Al contrario, nella crisi libica è un fatto che gli Stati Uniti abbiano proceduto a zig zag. Quali le ragioni di un simile comportamento?

2. Probabilmente per gli Usa la Libia non è così importante. Non ha lo stesso peso dell’Iraq, né la centralità strategica dell’Asia centrale. E Gheddafi, per quanto non del tutto affidabile, non era certo in cima alla lista dei nemici dell’America. Ha pesato poi la scarsa conoscenza dei ribelli della Cirenaica. Un inciso: se davvero questi ultimi fossero stati delle semplici marionette nelle mani del burattinaio di Washington, come pensano i complottisti, la sequenza degli avvenimenti sarebbe stata certamente ben diversa.

3. Le convulsioni interne all’armata occidentale non hanno precedenti. Pare che fino a questo momento abbiano operato tre comandi: quello americano, quello francese, quello inglese. Sicuramente il primo è stato più importante degli altri due, ma già questa confusione la dice lunga sul grado di preparazione e pianificazione delle operazioni militari. Operazioni che non a caso sono scattate all’improvviso, quasi dovessero rispondere principalmente ad esigenze di politica interna (vedi il caso di Sarkozy). In queste ore si dice che sia stato trovato un accordo all’interno della Nato. Vedremo, sta di fatto che fino ad adesso si è litigato tra Francia e Stati Uniti e tra Francia ed Italia. E’ un fatto che la Norvegia si sia ritirata dall’alleanza, è un fatto che la Germania abbia sospeso le manovre navali in cui era impegnata nel Mediterraneo.

4. Alla confusione sul piano militare si accompagna quella sul piano politico. L’Unione Africana che sembrava della partita chiede ora la fine delle ostilità, la Lega Araba è in grande imbarazzo. Dalla Russia Putin paragona questa guerra alle crociate, un po’ troppo per chi si è astenuto sulla vergognosa risoluzione 1973 solo pochi giorni fa, ma pur sempre un notevole segnale di insofferenza.

5. Sono tutti impazziti? Ovviamente no, ma questi sono i fatti e bisogna cercare di spiegarli. A me pare che possa esserci un’unica spiegazione, pur sempre parziale: la scommessa su una rapidissima capitolazione di Gheddafi. Se questa fosse avvenuta si sarebbero aperte nuove prospettive per la ridefinizione degli equilibri interni alla Libia, con la conseguente ripartizione del bottino tra i predoni occidentali. Una prospettiva di questo tipo non prevede la consegna del potere agli insorti, né tantomeno una qualsivoglia democratizzazione della società libica, quanto piuttosto un nuovo accordo di potere su base tribale tanto più benedetto dall’occidente quanto più sarà svantaggioso per il popolo libico. Avverrà questa capitolazione? Mi pare lecito dubitarne.

6. Lo schema di quella che Frattini chiama «Nuova Libia» prevedeva, e prevede, una riconciliazione nazionale, basata sul fatto che così come Tripoli non potrà più dettare legge sulla Cirenaica, Bengasi non potrà pretendere di conquistare la capitale. E’ in questo nuovo possibile equilibrio tra debolezze, che esclude Gheddafi ma non il suo clan, che le potenze occidentali vogliono inserirsi per trarne il massimo beneficio, nel settore petrolifero e non solo. Devia da questa impostazione la Francia che ha invece riconosciuto il Comitato provvisorio di Bengasi come il legittimo rappresentante della Libia.

7. Abbiamo già scritto che la pur vergognosissima risoluzione 1973 è stata forzata dagli aggressori, che sono andati ben oltre l’imposizione della «no fly zone». Resta però il nodo dell’azione terrestre, al momento esclusa dall’Onu. Un’esclusione voluta da Russia e Cina, ed accettata dalle potenze occidentali proprio in virtù della scommessa sulla rapida capitolazione del rais. Si tratta di un’esclusione senza precedenti. In Afghanistan i bombardamenti aprirono la strada all’occupazione militare. In Jugoslavia l’azione terrestre non fu necessaria, ma era stata pianificata e comunque l’occupazione del Kosovo arrivò subito dopo il cessate il fuoco. In Iraq, nel 2003, aerei e carri armati si mossero nello stesso istante. Potrà reggere questa esclusione nel caso libico, qualora Gheddafi resista proprio in virtù delle palesi contraddizioni politiche degli aggressori? Difficile crederlo.

8. Mentre i complottisti hard credono che tutte le sollevazioni del Mondo Arabo siano riconducibili alla categoria delle «rivoluzioni colorate», i complottisti soft applicano questa categoria al solo caso libico, basandosi su un diverso tasso di antimperialismo di Gheddafi rispetto a Ben Ali e Mubarak. Purtroppo, quel che era vero fino ad una certa data, non è più vero da lungo tempo, tant’è che Gheddafi (insieme ad Abu Mazen e alla famiglia reale saudita) è stato il più strenuo sostenitore tanto del dittatore tunisino quanto di quello egiziano. Un fatto che spiega, tra le altre cose, l’attuale freddezza dei popoli arabi nello schierarsi contro l’aggressione in corso. Il complotto non c’è stato – viceversa non si spiegherebbe né l’impreparazione degli insorti, né la scarsa pianificazione dell’attacco militare – ma certamente qualcuno in occidente ha pensato di sfruttare la crisi libica per potersi presentare come «liberatore». Anche questo disegno appare però assai debole, visto che le contraddizioni in seno al blocco imperialista hanno acceso un dibattito proprio sulla convenienza economica della guerra per i diversi soggetti in campo, mettendo così in luce l’inconsistenza delle motivazioni «democratiche» ed «umanitarie».

9. Il fatto che ad oggi il caos prevalga, non vuol dire che l’imperialismo sia destinato ad un inevitabile autogol. Un’evenienza che però non possiamo neppure escludere. Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna ed Italia, così come la Nato, sono ormai in gioco. Ben difficilmente potranno uscirne in punta di piedi. Da qui il palpabile nervosismo di queste ore.

10. Sicuramente queste note sparse andranno riviste alla luce di quanto avverrà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, tenendo però fermi alcuni punti: a) la rivolta libica è stato un fatto reale di popolo perlomeno in vaste aree della Cirenaica; b) essa non è stata eterodiretta fin dal principio dalle potenze occidentali, che hanno cercato di inserirvisi solo in un secondo momento; c) per queste stesse ragioni la guerra in corso non era affatto pianificata; d) tuttavia l’attuale confusione nel campo degli imperialisti non significa che l’aggressione si fermerà tanto facilmente; e) per questo occorre lavorare alla più ampia mobilitazione contro la guerra, tanto più in Italia, paese ridotto come non mai al ruolo di portaerei dell’occidente.