Pubblichiamo qui sotto un istruttivo spaccato sulle diseguaglianze sociali in Siria, cresciute a dismisura nell’ultimo periodo di aperture liberiste, in barba alla Costituzione siriana che proclama il paese «socialista e basato sulla pianificazione». L’enorme divario tra ricchi e milionari da una parte, e la maggioranza povera della popolazione, anzitutto delle zone rurali, è senz’altro una delle cause che ha portato alla rivolta scoppiata il 18 marzo nella città meridionale di Daraa.

Il divario tra ricchi e poveri in Siria

Nella primavera del 2008 il vice primo ministro siriano Abdullah Dardari disse in un’intervista che i ricchi stavano diventando più ricchi e i poveri stavano migliorando la propria situazione, e che il fenomeno della disparità tra le classi stava crescendo. Sembra che, a quattro anni dalle affermazioni di Dardari, le cose non siano cambiate, poiché il divario tra ricchi e poveri è cresciuto, e continua ad aggravarsi malgrado tutte le cose che sono state dette circa le politiche governative miranti alla redistribuzione del reddito, al raggiungimento di una giustizia fiscale, ed al compimento di progressi sul fronte della lotta alla povertà.

La realtà del divario esistente fra ricchi e poveri può essere toccata con mano osservando la posizione occupata e la vita condotta da ciascuna di queste due componenti della società siriana. Secondo un rapporto sulla povertà e la giustizia distributiva in Siria, preparato dalla Commissione statale per la pianificazione in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) nel 2008, la povertà complessiva (la percentuale di popolazione al di sotto della soglia di povertà) è abbastanza diffusa in Siria, comprendendo il 33,6% della popolazione. Ciò significa che circa 6,7 milioni di siriani sono da considerarsi poveri, e che all’interno di questo gruppo già di per sé numeroso il 12,3% della popolazione, pari a circa 2,4 milioni di siriani, vivono in uno stato di estrema povertà.

Il rapporto ha fatto luce sulla distribuzione geografica della povertà in Siria, mostrando che la regione nordorientale è la più povera. La regione costiera è invece quella relativamente meno povera. In generale, la povertà in Siria si concentra nelle regioni rurali. I poveri delle campagne costituiscono il 56% di coloro che si trovano in una situazione di estrema povertà, e il 50% dei poveri che compongono la popolazione totale. Ciò significa un netto aumento della povertà nelle zone rurali rispetto alle città.

A questo quadro ben delineato della situazione dei poveri in Siria non corrisponde tuttavia un quadro altrettanto chiaro della situazione dei ricchi, che in maggioranza si concentrano nelle città, soprattutto a Damasco e Aleppo. La prima è la capitale e il centro decisionale della Siria, mentre la seconda è il centro delle attività economiche più importanti – soprattutto per quanto riguarda l’industria e l’artigianato – molte delle quali tendono verso l’attività sommersa. Il fenomeno dell’attività sommersa è dovuto non soltanto a ragioni tradizionali e storiche, ma anche al fatto che essa è favorita dal quadro giuridico e pratico della Siria contemporanea. Lo confermano i dati relativi alle attività economiche praticate dagli imprenditori e dagli uomini d’affari siriani, a cui contribuiscono in grande misura società e imprese familiari la cui registrazione non è assoggettata a criteri di trasparenza. Ciò permette ai proprietari delle imprese di non registrare a proprio nome tutte le società che possiedono, e agli esportatori di non esportare i prodotti attraverso società intestate a proprio nome. A ciò si aggiunga la sovrapposizione e la mancanza di specializzazione delle attività economiche, compresa la mobilità tra l’industria, il commercio e l’agricoltura. Molti uomini d’affari tendono a gestire attività in nero per evadere le tasse ed anche per evitare di dover pagare uomini influenti che si impongono come partner e protettori degli imprenditori. Completano il quadro la corruzione, le tangenti, e la complicità di ambienti del ministero delle finanze, che favoriscono l’economia sommersa e impediscono che emerga un quadro chiaro della distribuzione della ricchezza nel paese.

Malgrado la scarsa chiarezza del quadro complessivo, vi sono fatti che chiariscono alcuni aspetti della situazione dei ricchi in Siria. Uno dei fatti più importanti è che l’11° piano quinquennale (2010-2015) ha coinvolto il settore privato nel processo di sviluppo, con investimenti nei settori dell’energia e delle infrastrutture (strade, porti, gestione idrica) per un valore stimato di 1.000 miliardi di lire siriane (più di 22 miliardi di dollari). Ciò significa un contributo del settore privato di circa 200 miliardi di lire siriane all’anno, usufruendo dei vantaggi offerti dal governo – in particolare la concessione al settore privato di facilitazioni agli investimenti che consentono agli imprenditori di realizzare enormi guadagni, spesso evadendo il fisco. Parte di questa evasione fiscale riguarda l’evasione dell’imposta sul reddito da parte dei ricchi. Circa il 60% di essi non sono assoggettati all’imposta sul reddito, secondo quanto confermano dati ufficiali.

Le esenzioni fiscali da un lato, e l’evasione fiscale dall’altro, riducono al minimo il contributo dei ricchi al bilancio pubblico dello Stato, che si basa soprattutto su risorse locali di cui le tasse costituiscono una quota importante, secondo quanto afferma lo stesso primo ministro. Ma questa situazione non è commisurata alla quota che i ricchi consumano della spesa pubblica complessiva. Secondo dati ufficiali, il 20% della popolazione più ricca consuma il 54% della spesa complessiva, mentre il 20% della popolazione più povera consuma appena il 7% della spesa complessiva in Siria. Se il 10% della popolazione più ricca consuma il 29,9% della spesa complessiva, il 50% dei cittadini appartenenti alle fasce più basse della popolazione non supera il 25,3% della spesa.
Questa discriminazione tra ricchi e poveri si traduce nel divario che li separa per quanto riguarda le proprietà, lo stile di vita, il livello dei consumi, l’istruzione, la sanità, ecc..

Questo divario è il risultato delle politiche economiche adottate dai vari governi in Siria, che hanno spinto fasce consistenti della popolazione verso la povertà, spesso in conseguenza di pratiche equivoche che negli ultimi cinque anni hanno favorito un’economia chiusa e monopolistica, la diffusione dell’economia sommersa, lo sperpero del denaro pubblico, e la realizzazione di guadagni attraverso attività illecite come il contrabbando e il traffico d’armi e di stupefacenti.
Questo divario si riflette in ambito politico: mentre i ricchi hanno un’elevata capacità di influenzare  gli orientamenti e le decisione delle autorità, e addirittura vi è una commistione fra questi due ambienti, i poveri sono soggetti passivi delle decisioni del governo e non vi prendono parte in alcun modo. Analogamente, l’accesso dei ricchi ai servizi, all’istruzione, alla sanità, agli alloggi ed alla cultura è molto superiore a quello dei poveri.
Tutto ciò significa che qualsiasi tentativo di favorire l’uguaglianza e la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica deve partire dalla lotta alla povertà che esclude coloro che ne sono vittime dalle posizioni e dalle possibilità a cui hanno accesso i ricchi.

Fayez Sarah è un giornalista e attivista siriano; risiede a Damasco
30/03/2011

da Medarabnews