Dove cercare i mandanti dell’assassinio di Arrigoni

Chi abbia avuto modo di sfogliare i quotidiani di questa mattina e provi anche solo un generico sentimento di vicinanza all’uomo Vittorio Arrigoni, non fosse che per la sua tragica morte, deve aver provato un moto di sdegno. Come rispettando il medesimo copione, quasi all’unisono, la maggior parte dei commentatori si sono dati ad un’opera, davvero ignobile, di sciacallaggio. Come iene si sono avventati sul corpo di Vittorio, per sfigurarlo, per insozzarne la memoria. Né pietà né dolore nei loro commenti, ma una vera e propria opera di killeraggio. Per questo è tanto più importante non solo il moto di solidarietà e vicinanza con Vittorio, ma che la famiglia Arrigoni lo difenda in modo intransigente, e abbia chiesto che il suo corpo torni via Egitto e non sfiori nemmeno il suolo israeliano.

Venendo meno alla stessa ipocrita tradizione cattolica per cui al capezzale del corpo del morto se ne rispetta la memoria, malgrado le malefatte che abbia eventualmente compiuto in vita, la più parte dei giornalisti si è impegnata invece a dileggiare l’immagine di Vittorio, facendolo passare come un altruista scemo, un idealista stolto che cercava la “bella morte”, la morte eroica, mentre ha incontrato la morte più brutta e orrenda. “Non è caduto per mano dei suoi nemici, ma dei suoi amici”, degli stessi “barbari palestinesi” per cui il suo cuore stupidamente pulsava. Questa è la malefatta che lo sciame di pennivendoli sionisti non perdona a Vittorio Arrigoni: aver abbracciato la causa palestinese.

La qual cosa, in verità, non ci stupisce. Non si diventa sionisti di punto in bianco, ma solo dopo avere introiettato un manicheismo al contrario, dopo avere rinnegato il Dio cristiano dell’amore e del perdono, per abbracciare quello ebraico della vendetta e della punizione implacabili. Negli abissi del sionismo resta pur sempre la diabolica narrazione per cui non solo c’è un unico Dio, questo Dio aveva un unico popolo prediletto, quello ebraico appunto, a cui tutto può esser perdonato proprio in quanto prescelto e predestinato. Per questo Israele può fottersene dei biasimi dell’opinione pubblica mondiale, delle condanne delle Nazioni unite, delle convenzioni internazionali. La pretesa sionista di rappresentare l’avamposto della missione civilizzatrice del capitalismo, non è altro che la trasfigurazione secolarizzata di quel patto sacro quanto maledetto.

La cosa che più fa incazzare il branco degli sciacalli è che la maggior parte degli amici di Vittorio Arrigoni, ovvero della causa palestinese, sospetta che il mandante dell’assassinio non sia in realtà un qualche gruppetto di salafaiti jihadisti alla disperazione, ma proprio Israele. “Come osate insinuare una tale assurdità?”, esclamano i pennivendoli. E invece osiamo, osiamo eccome! Come se fosse la prima volta che Israele, sotto o non mentite spoglie, realizza omicidi mirati. Chi scrive non ama di solito fare dietrologia, né è affetto dalla sindrome del complotto. Né tira frettolose conclusioni sulla base dell’aleatorio cui prodest.

Che Arrigoni non avesse a simpatia l’islam salafita-jihadista, è testimoniato dalle cose che scriveva e faceva. Per la verità, nell’ultimo periodo, non faceva mistero di non avere a simpatia nemmeno HAMAS. Ma Vittorio era anzitutto un nemico irriducibile del sionismo, era una fastidiosa spina nel fianco di Israele. Non senza una certa spavalderia denunciava quotidianamente i crimini israeliani, più volte aveva messo il suo corpo come scudo a protezione dei palestinesi. Da tempo diversi siti e blog sionisti israeliani l’avevano preso di mira, addirittura minacciato di morte.

Ma stiamo ai fatti.
Ora sappiamo con assoluta certezza che Vittorio è stato ucciso ben prima dell’irruzione nel covo delle forze di sicurezza di HAMAS. Se ne deve dedurre che il sequestro era una messa in scena, che il vero obbiettivo era la sua eliminazione.

Dal video si capisce che Vittorio è stato pestato a sangue: quale sequestratore, se intende davvero ottenere uno scambio di prigionieri, ha interesse a torturare il suo ostaggio ed a mostrare la sua crudeltà al mondo? Resta una macabra rappresentazione, come una minaccia, un monito della fine terribile che spetta a tutti gli occidentali coraggiosi come Vittorio.

Il video diffuso mostra evidenti tagli, è in realtà un montaggio. Dopo i primi fotogrammi, nei quali si vede Vittorio sospirare in modo soffocato, vengono gli altri, in cui la sua testa è tenuta su per i capelli. Come se prima stesse esalando l’ultimo respiro, e dopo fosse già morto.

Veniamo all’ultimatum di trenta ore. Come si può porre un limite temporale tanto esiguo se davvero si pensa ad uno spinoso e complesso scambio di prigionieri? Anche questo ci conduce alla convinzione che il sequestro fosse solo una messa in scena: un ultimatum impossibile da rispettare per quindi giustificare una sentenza di morte già scritta.

Infine alla rivendicazione. I sequestratori hanno chiesto la liberazione di Abu al-Waleed al-Maqdisi, il leader del gruppo jihadista-salafita “Gruppo per il Monoteismo e il Jihad”*. Una delle sigle usate dai salafiti di Gaza, e che fanno capo all’organizzazione Jund Ansar Allah (guidata dallo sceicco Abdel Latif Moussa, ora prigioniero di HAMAS), nota per aver ingaggiato nell’agosto del 2009 un furibondo scontro a fuoco con HAMAS. E’ un fatto che Jund Ansar Allah ha negato ogni responsabilità per l’azione di cui è restato vittima Arrigoni.

Ce n’è abbastanza per ritenere poco credibile che questa azione sia stata organizzata dai jihadisti-salafiti, per quanto fanatici essi siano, per sospettare che i veri mandanti siano invece da ricercare in una delle intelligence israeliane le quali, com’è noto, non fanno mistero di avere non solo spie a decine a Gaza, pure di avere infiltrato gruppi palestinesi, non soltanto quelli islamisti più turbolenti, il tutto allo scopo di creare zizzania tra le file della Resistenza e, anzitutto di minare l’egemonia di HAMAS.

A chi giova quindi l’assassinio di Arrigoni se non anzitutto ai sionisti? E’ solo un caso che questo gesto criminale avvenga alla vigilia della partenza della Freedom Flotilla 2? E’ tanto assurdo sospettare che quest’assassinio sia un avvertimento e una minaccia alla solidarietà internazionale con la causa palestinese? E non è sorprendente che i media sionisti, con appresso quelli occidentali, usino all’unisono, senza alcuna increspatura, questo efferato assassinio proprio per sputtanare la mobilitazione per Gaza e azzopparla?

* Molti ieri (tra cui noi – ndr) sono incorsi nell’errore di dire che Abu al-Waleed al-Maqdisi fosse prigioniero degli egiziani, in quanto accusato degli attentati compiuti nel Sinai. In realtà egli, latitante a Gaza, è stato arrestato da HAMAS nei mesi scorsi

da Sollevazione