«La massa totale di combustibile danneggiata a Fukushima è superiore a quella di tutti i precedenti incidenti nucleari sommati insieme»
Nel giorno del venticinquesimo anniversario di Chernobyl, il buffone nazionale ha tenuto a far sapere che lui l’emendamento al “decreto omnibus” l’ha fatto solo per impedire il referendum. Confessione di un misfatto celato piuttosto male, o tentativo di nascondere una marcia indietro che rappresenta comunque una pesante sconfitta per il governo? Nel comico pasticciaccio del crepuscolo berlusconiano una cosa non esclude l’altra. A maggior ragione è doveroso chiedere a gran voce che il referendum si svolga regolarmente. Al tempo stesso è bene avere chiaro che Fukushima rappresenta un colpo mortale per il partito atomico. Di questo ci parla l’articolo di Angelo Baracca, Ernesto Burgio e Giorgio Ferrari, uscito sul Manifesto del 24 aprile, che pubblichiamo di seguito.
A 25 anni di distanza dall’esplosione del reattore numero 4 di Cernobyl, un altro incidente di livello 7 (il massimo previsto) si è verificato nella centrale di Fukushima e dopo oltre un mese è lungi dall’essere risolto. Si tratta di un colpo mortale per l’industria nucleare, i cui ambiziosi progetti già mostravano il fiato corto, per i costi fuori controllo, la crescente opposizione delle popolazioni (repressa anche nel sangue, come in India), l’insolubile problema delle scorie.
La potente lobby nucleare non si arrende e tornerà con ferocia all’offensiva (questione di vita o di morte: la Francia rischia un tracollo), ma i problemi che ha sulla sua strada non sono facilmente risolubili. Non saranno né semplici, né prive di costi le profonde modifiche che si impongono nella normativa e nei sistemi di sicurezza, dopo un incidente che sconfessa l’atteggiamento supponente manifestato in occasione di Cernobyl: in occidente, si disse, un simile disastro non può succedere perché la tecnologia americana, francese o giapponese è superiore a quella sovietica. Invece è successo e le conseguenze di Fukushima sul futuro dell’energia nucleare saranno più pesanti di quelle di Cernobyl.
Le lezioni tecniche
Secondo la normativa in vigore l’incidente di Cernobyl è catalogato come man-made accident (cioè causato da errore umano); quello di Fukushima tra quelli dovuti a black out e successivo LOCA (perdita di refrigerazione al nocciolo). Ora mentre si può ovviare all’errore umano con relativa facilità, migliorando le procedure e l’addestramento del personale, un incidente come quello di Fukushima comporta la revisione dei criteri di progetto e dei parametri di intervento dei sistemi di emergenza e l’adeguamento delle salvaguardie dei reattori già in funzione ai nuovi standard di sicurezza (come dopo l’incidente di Three Mile Island).
Il reattore numero 4 di Fukushima era in condizioni di incidente zero, essendo in manutenzione da tre mesi, ciononostante si è verificato un incidente grave con danneggiamento del combustibile presente in piscina e conseguente rilascio di prodotti di fissione, essendo le piscine del combustibile collocate all’esterno del contenitore primario.
Il danneggiamento del combustibile irraggiato, presente nelle unità 1-4 di Fukushima, per mancanza di refrigerazione, non ha precedenti nella storia nucleare e non era incluso nella casistica incidentale di riferimento. Conseguentemente andranno rivisti i criteri di progetto delle piscine del combustibile e i relativi sistemi di sicurezza, visto che anche nei reattori di ultima generazione (EPR, AP1000 etc) le piscine del combustibile sono collocate all’esterno del contenitore primario.
Si sono dimostrati inadeguati i metodi di valutazione del rischio, che basandosi su un astratto calcolo di probabilità, non sono in grado di valutare il sistema nel suo insieme, e di prevedere cause «impreviste», comprese le «bizze» della natura, che puntualmente smentiscono modelli e previsioni: la tecnologia nucleare essendo caratterizzata da una complessità enormemente superiore alle altre tecnologie, è fortemente non lineare e intrinsecamente non controllabile. Anche la ridondanza dei sistemi di sicurezza prevista nei nuovi reattori non fornisce una garanzia assoluta (senza contare che in 34 dei 58 reattori francesi si è trovato un difetto nel sistema di emergenza dopo 20-30 anni di funzionamento).
Rilasci radioattivi e salute
Fukushima ha rivelato, si spera una volta per tutte, che le conseguenze «globali» rappresentano il vero rischio di un incidente nucleare, potendo danneggiare per decenni l’intero pianeta (le catene alimentari!). L’incidente di Cernobyl ha coinvolto un solo nocciolo, quello di Fukushima tre noccioli e 4 piscine del combustibile irraggiato: la massa totale di combustibile danneggiato è superiore a quella di tutti i precedenti incidenti nucleari sommati insieme. Se il reattore di Cernobyl è stato coperto con un sarcofago di cemento (che comunque dovrà essere a sua volta coperto da un altro), non è affatto chiaro se e come potranno venire isolati i reattori e le piscine a Fukushima, posto che l’incidente sembra destinato a svilupparsi per mesi o anni (sperando non intervenga un’ulteriore calamità naturale).
Non bisogna, inoltre, dimenticare che gli incidenti rappresentano soltanto i momenti di crisi (a volte catastrofici) di una tecnologia dannosa per l’ambiente e la salute anche in condizioni di funzionamento ordinario: rilevazioni e ricerche epidemiologiche dimostrano, infatti, che i reattori nucleari rilasciano continuamente nell’ambiente isotopi radioattivi, che entrano nelle catene alimentari e vi si accumulano, a volte per decenni. Tre incidenti con fughe di plutonio e trizio, prontamente dichiarati innocui dalle autorità, sono avvenuti in febbraio negli impianti britannici e tonnellate di uranio e plutonio sono finite, in pochi decenni, in mare a Sellafield, La Hague, Tricastin.
Modelli a rischio
La gravità dell’inquinamento radioattivo dell’atmosfera e della biosfera viene minimizzata o occultata. Gli effetti dell’esposizione interna a piccole dosi quotidiane di radionuclidi (per via alimentare, trans-placentale e gametica/transgenerazionale) sono assai maggiori di quelli calcolati sulla base di «modelli di rischio» astratti e rudimentali. Non si tiene nel dovuto conto nemmeno la documentata radiosensibilità delle cellule germinali e staminali, che potrebbe spiegare l’alta frequenza di leucemie infantili segnalata da decenni nei dintorni delle centrali.
Il nucleare si regge (e garantisce lauti affari) solo grazie ai sussidi statali e alla esternalizzazione dei costi scaricati sui contribuenti: il governo giapponese pensa già a come sostenere Tepco per le compensazioni del disastro (compresa una riduzione generalizzata dei salari). La sua eredità di morte rischia di gravare per millenni sulle generazioni future.
* Autori del libro “SCRAM: la fine del nucleare” (Jaca book) in uscita a maggio