Un attivista di Abnaa el Balad parla dell’impatto della Rivoluzione Araba
Sayed Rian è un ingegnere meccanico e un militante dell’organizzazione antisionista all’interno del territorio occupato nel 1948, che oggi costituisce Israele. Lo abbiamo incontrato al Cairo, dove si è recato come noi per analizzare il movimento popolare egiziano che ha cacciato via Mubarak.
Quale è l’impatto della ribellione araba sul movimento palestinese in Israele?
E’ una grande spinta e dà anima e speranza al movimento. E’ un’ispirazione potente che già sta aiutando la resistenza a crescere. Inoltre rafforzerà le forze più determinate e radicali sia laiche che islamiche.
Alcuni effetti sono positivi, ma non tutti. Primo: Israele non può continuare a punire la resistenza in cooperazione con un’organizzazione palestinese nello stesso modo di prima. Secondo: Israele ha affermato di non negoziare con i terroristi di Hamas. Dato che Fatah ora sta cooperando con Hamas, Israele ha già annunciato la fine del dialogo anche con Fatah. Shimon Peres ha definito la situazione molto triste. Per la resistenza questo è meglio perché spinge il popolo alla lotta. Terzo: sul piano internazionale non sarà così facile isolare Hamas come terrorista.
E c’è un effetto sul movimento per uno stato democratico?
Nessun palestinese vuole due stati. E’ solo per realpolitik che alcuni hanno accettato il progetto, perché si sentono deboli e non hanno speranza. Questo è cambiato con la rivoluzione. La gente ravvisa che c’è una reale possibilità di combattere Israele. Se il movimento avrà successo anche in Siria, ci spingerà più avanti. Quindi il movimento sta crescendo, ma ci vorrà del tempo.
E sulla componente ebraica del movimento?
Il popolo ebraico israeliano in generale continuerà a spostarsi a destra. Non vogliono accettare che stanno perdendo potere. Quindi diventano più radicali contro gli arabi musulmani. Alcuni dicono addirittura che Israele dovrebbe rioccupare l’intera Cisgiordania. Data la crisi della sinistra sionista (che è sempre stata una contraddizione in termini), alcuni di essi stanno cominciando a pensare di unirsi. Ma questa resterà una piccola minoranza.
Cosa pensi degli eventi in Siria?
Il regime di Assad sostiene di stare con la resistenza. Ma in realtà c’è una differenza fra stare con la resistenza e resistere. In tutti questi anni il confine con Israele è stato calmo. La caduta del regime non indebolirà la resistenza per la stragrande maggioranza del popolo siriano che sta con la resistenza. In ogni caso io, come palestinese, non voglio essere la ragione della punizione del popolo siriano. Forse Hezbollah sarà temporaneamente indebolito, ma ciò chiaramente è subordinato rispetto alla spinta tremenda che una vittoria del movimento avrebbe sull’intero mondo arabo. Sul lungo periodo anche la resistenza libanese trarrebbe beneficio da una rivoluzione siriana.
Molti sostengono che ci sarà un bagno di sangue confessionale come in Iraq.
In Siria la rivoluzione è iniziata non perché Assad è Allawi, ma perché è un dittatore. Le differenze confessionali ci possono essere, ma non sono né dominanti né significative per il movimento. Le cose non stanno come in Iraq. Molta gente ha un’idea sbagliata sulla Fratellanza Musulmana. Essi non perseguiteranno i cristiani o la sinistra. Guarda come si muovono qui in Egitto.
Il Cairo
2 maggio 2011
Traduzione di Maria Grazia Ardizzone