Intanto anche Amnesty International denuncia la disumanità dello Stato di Israele

Come informa Infopal: «Non si arresta la campagna per la Terza Intifada. Dal social network “Facebook” si lancia un altro appello con il quale si invita a tentare nuovamente di raggiungere le frontiere con la Palestina occupata, il prossimo venerdì, 20 maggio».

Le marce previste per domani si muoveranno dal Libano, dalla Siria, dalla Giordania e dall’Egitto, mentre – come già avvenuto domenica scorsa – altre manifestazioni si terranno in Cisgiordania, a Gaza e nei Territori occupati nel 1948 (l’attuale Stato di Israele).

Ci chiedevamo, tre giorni fa, se questa rinnovata capacità di lotta del popolo palestinese segni davvero l’inizio di una nuova Intifada. Molti sono i segnali che vanno in questa direzione, ed il fatto che i negoziati con Israele non siano mai veramente iniziati,  non solo ha costretto l’Anp all’accordo del Cairo con Hamas, ma ha anche reso evidente come l’unica strada sia quella dell’apertura di una nuova stagione di lotte contro l’occupazione sionista.

Mentre domani verranno ricordati anche i caduti della repressione israeliana del giorno del 63° anniversario della Nabka, è uscito anche il rapporto annuale di Amnesty International (vedi http://www.imemc.org/article/61264) che denuncia duramente la disumanità dello stato sionista.

Il rapporto si occupa dell’assedio di Gaza, del sistema giudiziario, degli insediamenti, della distruzione di case, della tortura e dell’uso massiccio della forza, delle libertà di circolazione e di parola. L’assedio di Gaza viene definito come una «violazione del diritto internazionale umanitario», che ha provocato anche la morte di numerose persone che non hanno avuto la possibilità di curarsi in ospedali fuori dalla Striscia.

Amnesty International, dopo aver denunciato l’attacco alla Freedom Flotilla dello scorso anno, si sofferma sulle conseguenze del muro costruito da Israele. Secondo questa ricerca, a fine 2010 risultava completata la costruzione del 60% dei 700 Km previsti, con un tracciato che per oltre l’85% passa all’interno dei territori occupati nel 1967. Il rapporto segnala come questo muro separi migliaia di palestinesi dalle loro fonti d’acqua e dai terreni agricoli, mentre con l’estensione degli insediamenti i coloni sono ormai 500mila.

Dopo aver ricordato la distruzione delle case e la totale negazione del diritto per i palestinesi ad un «alloggio adeguato», Amnesty rileva come tutte le uccisioni di civili da parte di soldati israeliani (1510 nel 2006-2009, esclusa l’operazione “Piombo fuso” che ne ha provocati altri 1.400), sono rimaste impunite.

Il rapporto condanna infine l’ampio uso della detenzione amministrativa. La legislazione consente infatti ai militari  israeliani di imprigionare  i palestinesi  senza accusa né processo per lunghi periodi. Amnesty International dichiara inoltre che esistono accuse documentate di torture contro i detenuti palestinesi, compresi i minori, che continuano ad essere praticate e coperte.

I dati di Amnesty, certo non nuovi ma non per questo meno significativi, mostrano la realtà dell’oppressione del popolo palestinese. Una realtà che chiunque può facilmente osservare e comprendere. Una realtà che chiama alla lotta: in Palestina per una nuova rivolta generalizzata, in tutto il mondo ed anche nel nostro Paese per la costruzione di una solidarietà più ampia e profonda per la vittoria di una causa che ci riguarda tutti.