In molti ci sono cascati. Secondo Peacereporter, giusto per fare un esempio, Obama sarebbe il «buono», visto che avrebbe chiesto ad Israele di ritirarsi sui confini del 1967. Hamas sarebbe invece il «cattivo», dato che non avrebbe colto le novità del discorso obamiano, reclamando di ritornare al 1948.

Premesso che le forze della resistenza palestinese hanno tutto il diritto di reclamare tutta la loro terra, resta da chiedersi quanto la posizione americana sia davvero cambiata. A chiarirlo ha provveduto lo stesso inquilino della Casa Bianca, intervenendo all’assemblea dell’Aipac  (American Israel Public Affairs Committee), massima espressione della potente lobby sionista d’oltreoceano.
«La mia proposta non contiene niente di nuovo», questa la candida ammissione di Obama. E, quasi a volersi scusare con Netanyahu, ha anche aggiunto di essere stato «frainteso».

Ora, non c’è dubbio sul fatto che esistano diverse esigenze tattiche tra Usa e Israele. Per la superpotenza globale il Medio Oriente è uno degli scacchieri – anche se quello più importante – in cui si gioca la partita del potere a livello planetario. Per lo stato sionista il Medio Oriente è tutto. Questa banale differenza spiega le diversità di toni e di linguaggio, ma quando si va a stringere gli Usa non mollano mai Israele neppure di un millimetro.

E’ sempre stato così, ed Obama non fa eccezione.
Vediamo allora le precisazioni del presidente americano di fronte all’Aipac.
«Per definizione gli israeliani e i palestinesi negozieranno una frontiera diversa da quella che esisteva il 4 giugno 1967». «Per definizione»! Altro che richiesta ad Israele di ritirarsi sui confini antecedenti l’occupazione del 1967!

La giustificazione di questa formulazione truffaldina è ancora peggiore: «questa è una formula che consente alle parti di considerare i cambiamenti avvenuti negli ultimi 44 anni, tenendo conto delle nuove realtà demografiche e dei bisogni delle due parti».
Ovviamente questa frase è stata accolta dall’ovazione dei falchi dell’Aipac, che non hanno avuto particolari difficoltà a comprendere a quali esigenze demografiche si riferisse Obama: quelle dei coloni.

Obama, che ha ribadito che lo stato palestinese dovrà essere, oltre che amputato, anche disarmato, non si è scordato di confermare il pieno appoggio militare ad Israele affinché mantenga una netta supremazia nella regione. Altro che «due popoli, due stati», come blaterano i nostrani «pacifisti»! Qui si garantisce il diritto ad armarsi ancora a chi ha già le atomiche, mentre si vorrebbe imporre il disarmo totale ad uno stato palestinese che così rimarrebbe sempre esposto alle aggressioni ed alle minacce dei sionisti.

In ogni caso, e questo svela completamente l’imbroglio, Obama ha detto all’Aipac che gli Usa opporranno il loro veto in sede Onu per impedire il riconoscimento dello stato palestinese. Dove sono allora le novità della posizione americana sulla Palestina? Una posizione che neppure prende in esame il diritto al ritorno nella propria terra per milioni di profughi?

A questo punto chi può dare torto alla reazione di Hamas? Giustamente, uno dei suoi dirigenti di punta, Mahmoud al-Zahar, ha dichiarato che: «Il piano di Obama non è diverso da quello di George Bush. Ora lui fa riferimento ai confini del 1967 come se fossero sacri, ma chi ha detto che noi li accetteremo e che non vogliamo discutere dei confini del ’48?». «Obama parla di scambio di terre, ma la questione dello scambio dei territori esula da Gerusalemme. Lui vuole dare Gerusalemme agli israeliani e a noi solo il cinque per cento della Palestina storica, che originariamente era la nostra terra, e questo è solo un trucco».

Ecco che cos’è la proposta di Obama: un trucco, che c’è e si vede.