«Contro ogni intervento straniero, per l’integrità e l’inviolabilità dei confini della Siria»
Farsi un’idea precisa di quanto accade in Siria è difficile. Da tre mesi, cioè da quando è iniziata la rivolta, le autorità siriane hanno negato ogni visto ai giornalisti stranieri e quelli che già erano nel paese sono stati espulsi. Le notizie che riescono a filtrare sono quelle che cittadini siriani riescono a far uscire da questo paese letteralmente sigillato. E’ evidente che il regime baathista non vuole testimoni scomodi che possano smentire la sua verità ufficiale, che non c’è alcuna rivolta popolare in corso ma solo “atti criminali di piccoli gruppi terroristici”. Per le opposizioni le forze di polizia avrebbero fatto in quattro mesi più di mille morti. Per le autorità i morti sarebbero stati un centinaio, quasi tutti poliziotti “uccisi dai terroristi”.
Sangue a Jisr al-Shughur
Tuttavia, a pezzi e bocconi, alcune notizie riescono a scavalcare il muro del silenzio e della menzogna. L’ultima è quella dei gravissimi incidenti nella cittadina di Jisr al-Shughur, ai confini con la Turchia. Jisr al-Shugur, cittadina nella zona nordoccidentale tra Aleppo e Latakia, è considerata una roccaforte della Fratellanza musulmana, e per questo negli anni ottanta la repressione del governo fu spietata. In queste settimane è stata uno degli epicentri della proteste. Secondo le autorità siriane un commando armato avrebbe teso un’imboscata contro reparti delle forze di sicurezza, “uccidendo 120 poliziotti, mutilandone i corpi e gettandoli nel fiume Assi”.
La versione delle opposizioni è opposta. Proprio perché a Jisr al-Shughur le proteste sono state massicce, il governo ha inviato ingenti forze di polizia per schiacciare la rivolta. Nell’ultima settimana sarebbero stati uccisi 42 cittadini. Di fronte a tanta brutalità ci sarebbero stati alcuni reparti che si sono rifiutati di ubbidire agli ordini di sparare sulla folla, mentre altri si sarebbero dati alla macchia. Così i 120 militari uccisi sarebbero stati liquidati perché passati per la armi dai lealisti.
Scontri tra palestinesi
Nel frattempo martedì 7 giugno, nel grande campo profughi palestinese di Yarmouk, nella periferia di Damasco, ci sarebbero stati violenti scontri armati tra palestinesi che avrebbero fatto circa 15 vittime. Ciò è accaduto durante i funerali dei giovani palestinesi che la domenica precedente erano stati uccisi dalle guardie di frontiera israeliane sulle Alture del Golan. In occasione del 44. Anniversario della sconfitta subita dagli eserciti arabi nella Guerra dei sei giorni del 1967 (e che portò appunto all’occupazione israeliana del Golan, della Cisgiordania e del Sinai). In molti hanno accusato il regime di Damasco di aver inscenato questa iniziativa di protesta per deviare l’attenzione dell’opinione pubblica. Difficile affermare il contrario. Forse ci sbagliamo, ma questa è la prima volta che si è celebrato questo triste anniversario. Infatti, chi ha fornito le truppe per la manifestazione? Il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina-comando generale di Jibril, ovvero, tra le varie organizzazioni palestinesi, quella più notoriamente e strettamente legata al regime baathista siriano.
Secondo alcune agenzie di stampa arabe centinaia di residenti di Yarmouk avrebbero disturbato i funerali, accusando apertamente il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina-comando generale per aver mandato deliberatamente a morire giovani palestinesi per fare un servizio a Bashar al-Assad. Gli scontri si sono subito estesi così che palestinesi inferociti hanno preso d’assalto la sede del FPLP-cg. Sarebbe stata la reazione dei miliziani agli ordini di questa frazione ad avere fatto una quindicina di vittime.
Triste storia. Il FPLP-cg, per quanto da tempo abbia perso gran parte della sua forza, è una componente fondamentale della Resistenza palestinese. Gli strettissimi rapporti col regime siriano gli hanno permesso di mantenere un apparato politico e militare di tutto rispetto. Ma il sostegno siriano non è fornito a gratis. Il FPLP-cg, davanti alle montanti proteste popolari, come Hezbollah del resto, ha assunto una posizione di difesa oltranzista del regime baathista e di Bashar al-Assad. Gli scontri a Yarmouk sono un sintomo infallibile che molti palestinesi non condividono questo appiattimento.
La «Conferenza per il cambiamento» di Antalya
Mentre le proteste continuano le opposizioni politiche al regime non riescono ancora a fare fronte comune. Abbiamo spiegato nell’articolo La rivolta popolare e i suoi veri protagonisti come sia composita e divisa l’opposizione.
Come segnalava Khaled Chatila nell’articolo Forza e limiti della rivoluzione, la Fratellanza musulmana, «è divisa in due correnti principali. Una ha cambiato nome e ha alcuni legami con il regime e cerca negoziati [la corrente di Riyadh Shafka, Ndr]. L’altra ha mantenuto il nome originale e gli obiettivi, nonostante l’appartenenza alla Fratellanza era sanzionabile con la condanna a morte».
L’ala che ha mantenuto una linea di opposizione netta al regime baathista ha un centro politico in esilio a Londra. Il 7 giugno, per bocca del suo portavoce Zuheir Salem Said, ha emesso un comunicato nel quale, oltre alla richiesta di dimissioni di Bashar, si afferma “Noi assicuriamo la pubblica opinione araba e internazionale che la rivoluzione siriana è nazionale e pacifica. (…) L’affermazione del Ministro degli interni di gruppi terroristici armati a Jisr al-Shughur è un pretesto per giustificare la repressione a l’assassinio di innocenti». (AlJazeera.net, 8 giugno)
Nel frattempo la notizia forse più importahte è che ad Antalya, città della Turchia meridionale affacciata sul Mediterraneo, dal 31 maggio al 3 giugno si è svolto, in sordina ma evidentemente sotto gli auspici delle autorità turche e del partito islamico AKP (Partito per la Giustizia e per lo Sviluppo) di Recep Tayyp Erdogan, una conferenza di alcuni esponenti delle opposizioni siriane. Protagonisti principali esponenti della Fratellanza musulmana siriana.
Come sempre i meglio informati sono gli americani, i quali tengono i piedi su più staffe. Da una parte continuano a sostenere Bashar temendo che una volta caduto possa essere rimpiazzato da un regime islamico del tipo di quello di HAMAS a Gaza, e dall’altra mettono in atto le loro tresche per pilotare le opposizioni. Essi hanno già un una loro filiale, il Partito della Riforma (Islah) della Siria di Farid Ghadry, che non a caso ha la sua centrale operativa a Washington, e contatti con le correnti che si rifanno alla “Dichiarazione di Damasco“. Ma questi gruppi non hanno un grande peso. E’ sulla Fratellanza, e su entrambi le sue ali, che essi debbono fare leva.
Sentiamo dunque cosa dicono dall’America sulla Conferenza di Antalya:
«Due amici [eufemismo per indicare probabilmente funzionari del governo USA, Nda] mi hanno informato sui lavori del secondo giorno della riunione dell’opposizione siriana ad Antalya. Entrambi sono rimasti impressionati dalla natura costruttiva della seconda giornata.
I Fratelli musulmani e gli islamisti sono stati sottoposti a forti pressioni per accettare l’idea di un governo laico in cui religione e Stato sarebbero stati separati. Hanno resistito a questo esito per gran parte della giornata ma alla fine l’hanno accettato in extremis. Non abbiamo la dichiarazione o il testo di questa dichiarazione “laica”. Ma la Fratellanza ha accettato di non contestare la separazione tra Stato e religione contenuta nella dichiarazione finale. La pubblicherò appena avrò ottenuto il testo della dichiarazione della conferenza.
Secondo alcuni, Amr al-Azm (figlio di Sadiq) Amr Miqdad (probabilmente della numerosa famiglia di Deraa), e Muhammad al-Abdullah, tutti hanno svolto un ruolo importante nel mediare e facilitare la discussione. Hanno lavorato molto duramente affinché la dichiarazione laica fosse accettata.
I giovani sono stati impressionanti. “Chiunque a Damasco non prenda sul serio questi ragazzi è stupido”, ha spiegato la mia fonte. Non sono vicini al traguardo, ma per un primo incontro il risultato è impressionante. “Molti erano gli argomenti discussi dai giovani, dai nuovi leader e da quelli vecchi, i primi di classe che sono stati in esilio da decenni. I giovani leader non hanno mostrato molta pazienza per le commissioni e i metodi burocratici della vecchia generazione. Essi erano piuttosto occupati a comunicare, a sviluppare le reti tra le città, e non avevano tempo per l’interminabile contrattazione a cui si dedicava la vecchia generazione.
Circa 70 curdi si sono presentati alla riunione, sorprendendo tutti. Anche il numero dei capi tribali era impressionante. Indossavano i loro costumi tradizionali e le kefye.
“Il popolo è stufo di essere trattato come merda. I siriani vogliono essere trattati come veri esseri umani… Il popolo non vuole più dialogare con il regime. Non vogliono più la famiglia Assad.”
Un altro risultato importante della Conferenza di Antalya è stata la costituzione di un Comitato esecutivo. Sono stati eletti 31 membri, nove dei quali saranno a tempo pieno. Due diverse liste di candidati sono state presentate, poi c’è stata la votazione finale. C’è stata un sacco di discussione sui criteri per far parte dell’Esecutivo. Alla fine c’è’ stato il consenso generale.
Quando il Fronte di Salvezza Nazionale venne costituito nel 2006, l’ex-Vice Presidente della Siria Abdal Halim Khaddam ne prese la testa senza una elezione regolare. Non era quindi una opposizione democratica. Quantomeno l’opposizione si sforza di procedere democraticamente.
Un altro aspetto della riunione che è piaciuto alla gente è stato che gli organizzatori della conferenza hanno escluso Farid Ghadary, Abdal Halim Khaddam, e Rifaat al-Assad, perché sono troppo sputtanati. La conferenza ha quindi partorito una dichiarazione che rifiuta ogni intervento straniero e proclamando l’integrità e l’inviolabilità dei confini della Siria. “Tutto deve essere fatto per preservare l’unità della Siria e l’integrità territoriale”, recita la loro dichiarazione.
I convenuti alla Conferenza di Antalya hanno poi emesso una dichiarazione che afferma che gli Alawiti debbono sentirsi al sicuro. Nessuna setta sarebbe stata presa di mira.
Il gruppo di Antalya inizierà proprio domani pagina di Facebook».
(Fonte: Syria Comment : http://www.joshualandis.com/blog/?p=10053)
Per quanto di sospetta fonte ebraico-americana, questo resoconto ci pare significativo. Ma proprio per la natura sospetta della fonte, è doveroso riportare un’altra campana, di sinistra e evidentemente antislamica. Ecco quanto scrive As’ad Abukhalil, professore di scienze politiche dell’Università Stanislaus della California:
«Così i gruppi di opposizione siriani si sono incontrati ad Antalya. Ho seguito da vicino questa conferenza e letto le loro riflessioni e le segnalazioni ricevute al riguardo.
Ci sono esponenti della sinistra siriana che insistono con me che non avrei dovuto ridurre l’opposizione siriana al pidocchioso Khaddam, al pessimo Ma’mun Humsi (uno strumento di Hariri Inc.) o allo schifoso criminale di guerra Rif’at Asad (uno strumento di Casa di Saud ), o anche alla Fratellanza musulmana siriana. Posso accettare i primi tre cavilli, ma non il quarto. Non si può negare che la Fratellanza Musulmana gode del sostegno di gran parte dell’ opinione pubblica siriana. Questo non significa che la sinistra debba sostenere il regime siriano – naturalmente no. Ma sento che mentre siamo obbligati a esprimere l’opposizione al regime repressivo siriano, dobbiamo criticare le tendenze preoccupanti che avanzano nell’opposizione siriana.
I Fratelli Musulmani sono andati alla conferenza di Antalya e hanno accettato la dichiarazione che parla di “stato civile e laico”, Io non mi faccio ingannare. I Rappresentanti degli Stati Uniti ad Antalya (sì, erano proprio lì) hanno premuto per una dichiarazione inclusiva. Questo è esattamente ciò che gli USA hanno fatto nelle conferenze dell’opposizione irachena in esilio prima che la repubblica dell’Ayatollah Sistani fosse istituita in Iraq.
Uno non dovrebbe fare della sua opposizione a un regime particolare (arabo o iraniano) una cambiale in bianco per mandare al potere le opposizioni. Invece, dovremmo criticare quei movimenti di opposizione che tentano di dirottare la rivolta popolare. Per me tutte le diramazioni regionali della Fratellanza musulmana sono cattive: ma quella siriana è di gran lunga una delle peggiori, perché la più opportunista di tutte».
(Fonte: mrzine.monthlyreview — http://mrzine.monthlyreview.org/2011/abukhalil050611.html)
Quanto prima pubblicheremo il testo integrale della Dichiarazione adottata ad Antalya.