Londra, 12 giugno. La Friends Meeting House gremita, più di 500 persone sono accorse ad ascoltare Arundathi Roy, la famosa scrittrice indiana che da anni ha sposato la causa delle popolazioni tribali Adivasi in difesa dei loro diritti, della loro terra, della loro vita. La gente in sala rifletteva la composizione di una città che più multietnica non si può, non solo inglesi, tante persone dal sub continente, non solo indiani, bensì dal Bagladesh, dallo Sri Lanka, dal Pakistan, dal Nepal.
Noi conoscemmo la Roy in occasione del Mumbay Resistance Forum, che si svolse nel gennaio 2004 accanto e in alternativa al Social Forum Mondiale. Non a caso era dalla parte degli antimperialisti, visto che il principale sponsor indiano del Social Forum di Mumbay, era il Partito Comunista Indiano (marxista), proprio quello che al governo nello stato del Bengala, inviava polizia ed esercito a schiacciare le rivolte contadine contro le espropriazioni forzate di terra per fare posto a stabilimenti della TATA e di altre multinazionali.
Ma veniamo al discorso della Roy, che ha parlato subito dopo il rappresentante di maoisti nepalesi e dell’anziano ma sempre combattivo intellettuale svedese Jan Myrdal.
La Roy ha denunciato come genocida la politica seguita dal governo indiano verso il popolo Adivasi, portando un sacco di esempi sulla politica brutalmente repressiva, non solo contro la guerriglia maoista, ma contro tutte le forme di resistenza di queste popolazioni contro la sistematica spoliazione attuata dalle multinazionali col pieno sostegno del regime. «L’India è la più grande democrazia del mondo», così i media occidentali descrivono il paese, ma la Roy ha ricordato che in India vota si e no il 20% della popolazione, ed ha parlato chiaramente delle due Indie: quella della classe media, tanto amato dai media occidentali, e quella dei poveri, 850 milioni di indiani che vivono con 50 centesimi di dollaro al giorno. Roy ha anche detto che se non fosse una famosa scrittrice, ella sarebbe sicuramente in carcere da tempo, assieme alle migliaia di compagni ingiustamente detenuti, assieme a coloro che resistono come possono ad uno dei più potenti stati di polizia del mondo, impegnato in una guerra interna condotta su più fronti: contro gli Adivasi e i maoisti che li sostengono, contro il popolo del Kashmir, contro il popolo del Talengana, contro i popoli del Nagaland e degli stati orientali.
Sugli Adivasi la Roy ha spiegato la causa primaria delle loro inaudite sofferenze, il fatto che i giacimenti più ricchi di minerali necessari al capitalismo globalizzato si trovano proprio nel sottosuolo delle loro zone. Lo Stato indiano ha un piano per sfollarne centinaia di milioni, un cosiddetto “piano di urbanizzazione” che dovrebbe appunto spopolare zone grandi quanto l’Italia tutta intera. E per costringere all’esodo queste popolazioni lo Stato non esita ad impiegare ogni arma in suo possesso, esercito, truppe speciali, milizie irregolari, arresti e deportazioni in massa. “Questo è un vero e proprio genocidio!” ha esclamato la Roy proprio riferendosi a quanto l’ONU considera genocidio, la quale ha più volte insistito sulla legittimità della resistenza armata dei maoisti, e della natura antimperialista e anticapitalista della loro battaglia.
Al suo discorso è seguito un ampio dibattito. Molte domande sulla resistenza degli Adivasi, sul ruolo dei maoisti, ed infine sul cosa fare per dare forza alla campagna internazionale di solidarietà.
L’incontro di Londra è stato promosso dallo ICAWPI, che sta per Campagna Internazionale Contro la guerra al Popolo dell’India. Ed è anche per verificare la possibilità di sostenere questa Campagna, che ci siamo recati a Londra. Abbiamo così discusso coi rappresentanti dell’ICAWPI e con la Roy medesima sulle cose che potranno e dovranno essere fatte. La Roy si è detta pienamente disponibile a venire in Italia, nel contesto di una inclusiva campagna europea, di cui quella londinese vuole essere solo la prima tappa. Dopo l’estate dovrebbe infatti svolgersi un incontro di tutti gli organismi europei che si sono detti pronti a costruire il più ampio movimento di solidarietà con la Resistenza del popolo Adivasi.