In risposta a Claudio Grassi sulla situazione italiana e la sinistra

Per una qualche ragione il mio indirizzo è finito nella rubrica di Claudio Grassi, esponente di spicco del Prc, nonché Fds. Sta di fatto che regolarmente ricevo notizia ogni volta che Grassi aggiorna il suo blog. Ogni tanto lo leggicchio, vincendo la nausea per il suo grigio stile letterario burocratico, e la repulsione per il suo politicismo intollerabile. Questa volta ha passato il segno. Mi riferisco al suo intervento del 15 giugno intitolato «… E chi la ferma più questa rivoluzione».
Ci voleva poco a capire che la “rivoluzione” di cui trattasi sarebbe il processo messosi in moto dalle elezioni amministrative e dai referendum. Infatti leggiamo:

«La verità è che il Paese sta cambiando. La forza e l’intensità di questo vento sono così grandi che probabilmente sarà necessario del tempo per capire fino in fondo cosa sta succedendo.Nel frattempo, questo è il momento per essere felici e per cercare di trarre dal voto alcune indicazioni utili per il futuro. La prima cosa che vorrei dire è che questa vittoria, come e ancora più di quella dei ballottaggi, è la vittoria di un popolo che decide e partecipa autodeterminandosi rispetto alla politica per come oggi è rappresentata. C’è uno scarto profondo tra la politica e questo nuovo attivismo. È stata la vittoria dei comitati, dei milioni di cittadini che hanno firmato, che si sono impegnati, dei tantissimi giovani che hanno conosciuto nel nostro Paese, proprio con questa campagna referendaria, per la prima volta l’impegno. Dobbiamo capire in fretta quello che sta succedendo nel rapporto tra la società e la politica»

Non so chi, su questo blog, tempo addietro, aveva parlato di quanto nefasta fosse l’eredità dell’ingraismo sulla sinistra “radicale” (che sta per sistemica) italiana. Qui siamo in presenza di un distillato chimicamente puro di ingraismo. Ogni volta che dalla società civile viene un sussulto, che dico sussulto, un flebile fremito, ecco che l’ingraiano, notoriamente affetto da sindrome depressiva bipolare, passa dal più funereo pessimismo all’esultanza più radiosa. Solo pochi mesi fa eravamo nella notte della ragione, alle prese con un popolo prigioniero del Caimano, ora staremmo vivendo addirittura una “inarrestabile rivoluzione”.

Era una panzana l’analisi precedente, lo è ancora di più quella successiva. Usare il sostantivo “rivoluzione” per descrivere lo spostamento elettorale a sinistra di alcune centinaia di migliaia di elettori non può essere definita che una coglioneria bell’e buona.

Non è tuttavia su questa schizofrenica lettura della realtà che voglio attirare l’attenzione dei nostri lettori , bensì su quello che mi pare sia l’aspetto più peculiare dell’ingraismo. Ed è questo, che una volta saltato da una analisi sociale a quella opposta, esso ci propina il solito spartito, sempre la stessa pallosa e mediocre soluzione: la sacra unità delle sinistre. Sentiamo:

«Noi vogliamo che si torni al voto, nel più breve tempo possibile e siamo disponibili, come abbiamo più e più volte ripetuto a costruire un Fronte Democratico con Pd, Sel e Idv per battere le destre e ad aprire immediatamente un confronto programmatico. Scoprendo le carte con molta onestà, consapevoli che su questioni rilevanti ci sono posizioni diverse, ma con la volontà di costruire un’alternativa a Berlusconi e con la convinzione che ci sono questioni su cui la Federazione della Sinistra intende dire la sua. (…) Nonostante le differenze – che sarebbe sbagliato nascondere – come avvenne con Prodi nel 2006, la nostra disponibilità al confronto deve essere immediata. L’errore più grave che potremmo commettere, a maggior ragione dopo questi risultati referendari e elettorali, che hanno suscitato grandi aspettative di cambiamento, è lasciare che gli altri ci mettano in un angolo.
Dobbiamo evitare che si consolidi un’alleanza di centrosinistra chiusa nel recinto Pd-Idv-Sel e che la Fds venga considerata fuori gioco e inessenziale. (…) Sull’onda straordinaria del risultato di questi referendum che, come i ballottaggi, segnalano una voglia di cambiamento vero, non dobbiamo esitare un attimo a proporre la nostra offensiva unitaria. Con il Pd, Idv e Sel per costruire la coalizione capace di battere Berlusconi e con Sel e Idv per trovare punti in comune da far pesare nella discussione programmatica nella coalizione.
Certo, il rischio che dopo questi splendidi risultati, nel centro sinistra si torni a ragionare e a operare come nulla fosse successo, è sempre presente e noi dobbiamo stare molto attenti a non farci fagocitare, a mantenere una nostra autonomia e una nostra capacità critica. Ma c’è anche un altro rischio speculare a questo che va evitato. Quello di tirarsi fuori, di arroccarsi e di isolarsi, condannandosi alla marginalità e alla ininfluenza. Anche questa è una forma di subalternità che va combattuta».

Oh Grassi! ma come, dici che una rivoluzione è in atto e ci riproponi la solita minestra riscaldata dell’unità col Pd? Siamo seri! Ammesso e non concesso che la formuletta dell’unità delle sinistre possa essere una soluzione alla crisi drammatica che attraversa il paese, che forse il Pd è il vecchio Partito comunista italiano? Ma di quale sinistra vai cianciando? Non sono forse passati vent’anni da quando il Pci si è definitivamente trasformato in un partito del capitale in tutto e per tutto?

Si può morire una seconda volta? Evidentemente sì. Il Prc aveva già lasciato le penne con Prodi e poi nell’operazione Arcobaleno. Due sberle talmente enormi che il partito conobbe una guerra civile interna e la scissione con Bertinotti e Vendola. Adesso ci risiamo, tutto come prima, come se nulla fosse successo. Pronti a riportare al governo il Pd che bombarda la Libia, amico di Israele e dell’Impero americano. Pronti a riportare al governo il Pd delle privatizzazioni, delle liberalizzazioni (anche dell’acqua pubblica), delle leggi sul precariato, di quelle a favore del sistema bancario. Pronti a riportare al governo il Pd che ubbidisce più di Tremonti ai dettami dei liberisti Bce e Unione europea, e che quindi non ha altro da proporre alle masse che decenni di sacrifici per onorare i possessori del debito pubblico (ovvero la finanza speculativa mondiale). Il Pd che ha voluto la precarizzazione del lavoro e che ha abbracciato l’offensiva programmatica di Marchionne.

“Confronto programmatico”? Ma de che?

Invece di sparare cazzate, dilla tutta! Confessa che siete pronti a tutto pur di riottenere qualche scranno in Parlamento e quindi tirare a campare come parassiti. E se riuscirete a tirare a campare è proprio perché in questo paese non è in atto alcuna rivoluzione, e nemmeno una autentica sollevazione popolare. Quando questa arriverà sarete seppelliti. Un atto dovuto dopo esservi suicidati per due volte.

da Sollevazione