Minacce, tentativi di sabotaggio e – soprattutto – grandi pressioni sioniste e americane sul governo greco per fermare la flottiglia

In queste ore, in Grecia, fervono i preparativi per la partenza della Freedom Flotilla 2 verso Gaza.
Com’era facile prevedere, la pressione dei sionisti e degli Stati Uniti sul governo di Atene, per impedire la partenza delle navi, è fortissima. L’ha ammesso lo stesso portavoce del ministro degli Esteri greco, Gregory Delavekouras, che ha rinnovato l’invito ai propri cittadini a non imbarcarsi.

 

Solo nei prossimi giorni sarà possibile capire come vorrà comportarsi il governo Papandreu, sottoposto ad evidenti pressioni da parte dell’Unione Europea, collegate alla drammatica situazione finanziaria del paese. Quel che è certo è che si sta tentando in tutti i modi di rendere difficile la partenza della flottiglia.

 

Come riferisce Angela Lano da Atene: «Alcune barche, per esempio, sono soggette a “ispezioni igieniche” particolarmente accurate, che ne stanno ritardando il carico; altre sembra siano state oggetto di “sabotaggi”; altre ancora hanno ricevuto “provvidenziali” denunce e sono momentaneamente “bloccate”…». Insomma, ogni mezzo è buono per ottenere il risultato per il quale Israele si è mobilitato da mesi.

Come sempre i sionisti godono del pieno appoggio americano. Non solo la Clinton ha ribadito che la Freedom Flotilla non potrà raggiungere Gaza, ma il portavoce della Casa Bianca, Victoria Nuland ha affermato che: «Qualunque cittadino statunitense oserà sfidare questi moniti, sappia che sarà passibile di procedimento penale”. E per non lasciare dubbi la Nuland ha parlato esplicitamente di «carcere».

Alle minacce si aggiungono le notizie sui tentativi di sabotaggio. L’hanno denunciato, oggi, gli organizzatori della flottiglia che hanno reso noto che alcuni individui sono stati colti in flagrante durante un’ispezione ad una delle navi. I sabotatori sono riusciti a fuggire. Episodi di questo genere si erano verificati anche lo scorso anno prima della partenza da Cipro.

Se il quadro delle iniziative politiche, giuridiche, burocratiche e militari contro la flottiglia non deve certo stupire, non si possono invece negare le difficoltà legate alla mancata partenza della Mavi Marmara che della Freedom Flotilla 2 avrebbe dovuto essere il simbolo. L’assenza della Mavi Marmara non è dovuta ai motivi ufficialmente dichiarati. C’è stata invece una fortissima pressione del governo di Ankara, a sua volta fortemente pressato da Israele e Stati Uniti. Si è trattato, in tutta evidenza, di una decisione politica legata al nuovo quadro mediorientale; una decisione che indebolisce il movimento di solidarietà con la causa palestinese e per la fine dell’assedio di Gaza.

Vedremo quel che accadrà nei prossimi giorni, ma – vista la delicatissima situazione greca – c’è da chiedersi se la scelta di far partire il grosso della flottiglia proprio da quel paese, sia stata saggia. Noi abbiamo sempre pensato che sarebbe stato meglio diversificare i punti di partenza, per coinvolgere più paesi (tra cui l’Italia) ed aumentare così la capacità di mobilitazione e risposta nel momento in cui fosse emersa la volontà politica di bloccare le navi.