Com’era stato annunciato da Maroni, lo Stato ha mostrato i muscoli in Val di Susa. Il brutale attacco poliziesco di questa mattina contro i presidi No Tav era facilmente prevedibile. Il trasversalissimo partito delle grandi opere non poteva restare inerte, specie dopo la chiusura della partita sul nucleare.
Mentre scriviamo è in corso a Bussoleno l’assemblea popolare del movimento No Tav. Sarà questa certamente l’occasione per fare il punto sulla situazione. Come è stato detto giustamente dai protagonisti di questa lotta, il movimento ha perso una battaglia non certo la guerra. La pioggia di lacrimogeni sui manifestanti della Val di Susa mostra uno Stato violento ma tutt’altro che convincente.
L’abituale litania delle dichiarazioni a sostegno delle «forze dell’ordine», la stucchevole condanna della «violenza», laddove ci si riferisce sempre e soltanto a quella (presunta) dei manifestanti, mai a quella delle forze di polizia, questa volta appaiono ancor più insopportabili del solito. Ma è proprio in queste dichiarazioni che ritroviamo il partito unico dell’ordine e del capitale.
Se per Berlusconi l’attacco è stato necessario, perché altrimenti «si rischiava di restare fuori dall’Europa e questo è inaccettabile», se per il ministro Matteoli «la Tav è una priorità dello Stato», la cosiddetta «opposizione» non è stata da meno. Bersani ha provato ad articolare un po’, ma il risultato è stato solo comico: «Sì alla riduzione dell’impatto dell’opera, ma no al blocco dei cantieri». Insomma, il Pd sta con Maroni e con le cariche della polizia. Se interpretare il Bersani-pensiero non richiede sforzo alcuno, ancora più esplicito il solito Casini: «Bisogna andare avanti con la Tav. L’Italia non può perdere un’opera fondamentale per l’economia del Nord. Noi siamo con le forze dell’ordine. Sono inaccettabili gli attacchi dei manifestanti».
Su quanto sia «fondamentale» quest’opera i No Tav hanno già detto tutto, dimostrando proprio la sua inutilità, oltre che la sua dannosità dal punto di vista ambientale. Il fatto è che i padroni del vapore la vogliono. Il capitalismo in crisi ha bisogno delle grandi opere così come il drogato aspetta la dose quotidiana. E’ il partito del business quello che reclama la Tav. La cifra in ballo è sui 20 miliardi, ed è a quelli e soltanto a quelli che pensa la Marcegaglia quando dichiara che: «La Tav è un’opera fondamentale per lo sviluppo dell’Europa». Addirittura dell’Europa! Ma va là…
Il fatto tragicomico è che il grosso di quei 20 miliardi andranno a gravare sulle casse dello Stato, proprio mentre il governo è all’opera per tagliare ancora una volta salari, pensioni e diritti sociali. Tutto il nostro sostegno dunque alla popolazione della Val di Susa, non solo contro la repressione – a proposito, chiamiamo le cose con il loro nome, altro che «uso sproporzionato della forza» come dice con un linguaggio intollerabile la sinistra «politicamente corretta», quasi come se un uso un po’ più «proporzionato» fosse invece accettabile. Tutto il nostro sostegno alla battaglia per fermare la Tav, un progetto che calpesta una valle intera in nome del business.
Una lotta difficile, ma che è possibile vincere.