Intervista (a cura della redazione romana di Csp) a Marco Rizzo, Segretario Nazionale di Comunisti Sinistra Popolare
L’aggravarsi della crisi – in questa fase incentrata sull’esplosione dei «debiti sovrani» – spinge sempre più ad una riflessione sulla linea politica delle forze anticapitaliste. Finalmente, azzeramento del debito ed uscita dall’Europa non sono più un tabù. Su questi temi pubblichiamo oggi un’intervista di Marco Rizzo.
Durante l’ultimo Comitato Centrale di Csp, hai lanciato una parola d’ordine molto forte: “Fuori l’Italia dall’Unione Europa”. Perché?
È da vent’anni che la sinistra, anche quella di ispirazione comunista, contrappone all’Europa dei mercati che tutti conosciamo una fantomatica “Europa dei popoli”. È ora di trarre un bilancio dei risultati di questa prospettiva: molto semplicemente l’Europa dei popoli non l’abbiamo mai vista e non è possibile realizzarla finché a comandare sono i capitalisti. Siamo stufi di prendere sberle in nome dell’Europa. A cavallo del 2000 abbiamo visto i prezzi dei beni di consumo raddoppiati, da mille lire a un euro: alimentari, servizi, prestazioni essenziali. E la situazione non fa che peggiorare.
Dietro la facciata della moneta unica abbiamo visto solo politiche di riduzione del deficit sulle spalle dei lavoratori, ma che hanno impoverito anche il ceto medio. Quest’Europa è un fallimento, dannosa per i proletari e totalmente inefficace anche rimanendo nelle logiche del capitalismo. Serve qualcuno che, a sinistra – e solo i comunisti possono farlo con grande determinazione – dica una pura verità: l’unica Europa che esiste oggi è quella dei capitali. E noi siamo contro questa Europa. Punto e basta. Vogliamo che l’Italia ne esca. Quanto all’ “Europa dei popoli”, crediamo che questa sia l’Europa delle lotte e del rapporto tra i popoli che subiscono gli effetti della crisi strutturale del capitalismo. Quello che un tempo si chiamava, e che dobbiamo di nuovo chiamare, l’“internazionalismo proletario”.
Ma non temete che questa posizione di forte critica all’Europa sia troppo simile a quella di forze reazionarie, come la Lega Nord?
A ben vedere noi abbiamo una posizione che è esattamente il contrario di quanto sostengono i leghisti. Fanno propaganda contro l’Europa, ma di fatto il loro federalismo porta in direzione opposta, a una maggiore concentrazione di poteri a Strasburgo e a Bruxelles. Lo capisce anche un bimbo: l’esistenza degli Stati nazionali permette un’opposizione alle politiche europee più forte ed efficace di quanto sia possibile con un livello regionale che risponde certamente in maniera ancora più subordinata alle istanze internazionali. Ve lo immaginate il peso del Friuli, dell’Umbria o della Calabria in un contenzioso con l’Unione Europea?
La verità è che questa Europa è contro gli interessi dei suoi popoli e noi non possiamo che ribadirla. Prendiamo il caso della Tav: una cosiddetta grande opera che tra vent’anni permetterà di arrivare venti minuti prima a Parigi, partendo dall’Italia, con una spesa superiore sei volte rispetto all’adeguamento e al raddoppio di capacità dell’attuale linea ferroviaria. Il tutto condito dalla distruzione paesaggistica ed ambientale nonché dai problemi per la salute di chi abita e lavora in Val Susa. Perché, allora si fa? Perché tutti, da Maroni a Fassino, si ostinano a sostenerla, ricorrendo anche a un’intollerabile violenza contro le popolazioni che resistono? Perché di fronte alla sua crisi strutturale, il capitalismo, per mantenersi in piedi, ha bisogno di concentrare profitti e grande criminalità, tangenti e progetti faraonici di totale inutilità sullo stile del “ponte sullo stretto”. Ecco a chi giovano le “grandi opere” dell’Europa.
Intanto, in Grecia, la situazione si fa sempre più grave…
La crisi strutturale del capitalismo, di cui parlavo poc’anzi, si sta manifestando con particolare virulenza: i monopoli delle banche mettono in atto vere e proprie politiche di rapina che oggi colpiscono i lavoratori greci ma stanno già allungando il loro sguardo su altri paesi. Dopo l’Irlanda, la Grecia, il Portogallo a chi toccherà?
Quello che viene messo in campo dall’Unione europea e dalla sua Banca centrale, tra l’altro, non serve assolutamente a “salvare” quei paesi, ma a perpetrare il ricatto e la rapina. Non è un caso se l’erogazione dei prestiti per evitare la bancarotta totale è congegnata in modo tale da poter depredare tutti i beni (in Grecia si sta arrivando ad alienare parte del territorio nazionale, come le isole). E poi qualunque prestito prevede, implicitamente, una restituzione e un carico d’intessi tali da creare un vincolo sempre più alto di dipendenza.
La ricerca scientifica, le innovazioni, le infrastrutture, il cuore dello sviluppo di un paese, vengono duramente colpite e, con esse, l’investimento pubblico che, in nome del pareggio dei conti, deve essere tagliato. In che modo tutto questo dovrebbe garantire un futuro a una nazione? Anche da un punto di vista strettamente capitalistico il paese non potrà essere competitivo. Il risultato di queste politiche senza prospettiva è comunque fallimentare.
Nascondono la polvere sotto il tappeto e fanno pagare al popolo il conto salatissimo della loro crisi, sistemica.
In Grecia esiste un grande movimento popolare che si sta opponendo a questo scempio…
C’è di più: c’è un sindacato forte, il PAME, e un partito comunista, il KKE, in grado di mobilitare milioni di lavoratori e di dare un contenuto serio e progressivo alla lotta. Questa è l’unica strada per dare un altolà ai padroni e dobbiamo e vogliamo riappropriarcene anche in Italia. Solo il Partito Comunista e un sindacato schierato in modo intransigente dalla parte dei lavoratori possono davvero contrastare gli interessi dei capitalisti e avanzare le uniche proposte concrete per un futuro più giusto per i popoli europei. Intanto rifiutiamo di pagare il debito prodotto dai capitalisti, onorando solo il piccolo risparmio e i fondi pensionistici. E poi, di fronte alle ricette fallimentari dei padroni, avanziamo la nostra: nazionalizzazione dei monopoli, delle grandi imprese e delle banche, gestione pianificata dell’economia con partecipazione, protagonismo e controllo da parte dei lavoratori. Ma per fare questo occorre un cambiamento della società in senso socialista. È questa l’unica vera alternativa che può consentire risultati duraturi alle masse lavoratrici contro la miseria e l’imbarbarimento che stiamo subendo giorno dopo giorno.