Manovra del governo, correità delle opposizioni: qual è il vero nocciolo della questione?

Non perdonateli perché sanno quello che fanno

Le giravolte del governo, le reiterate “correzioni” alla manovra, i tira e molla tra questa e quella cosca politica, stanno facendo salire il tasso di sfiducia e di ribrezzo verso non solo verso il governo ma pure verso i politicanti dell’opposizione. E’ un bene questo? Sì che è un bene! Tuttavia….
Tuttavia questa idiosincrasia diffusa, aiutata dai media, rischia di sbandare, di andare fuori bersaglio. L’idea che si fa strada, alimentata dalla stampa mainstream, è che la classe politica è composta di arruffoni, incapaci e azzeccagarbugli. E’ vero? ma certo che è vero, e anche su questo blog lo abbiamo da tempo segnalato, sottolineando lo iato tra la catastrofe verso cui è diretto il paese e la totale inadeguatezza della classe politica istituzionale.

Perché questa considerazione rischia di portare fuori pista? Perché essa, implicitamente, in maniera indiretta, fa passare un messaggio ideologico,  pericoloso e deviante. Cosa intendono i media, anche di sinistra, quando censurano e screditano i politicanti? Ma è chiaro: essi non sono abbastanza coraggiosi, abbastanza determinati, abbastanza coerenti, nell’adottare politiche efficaci per contrastare il debito pubblico. Così gli italiani, condividendo l’attacco ai  politicanti mezze tacche, senza accorgersene, iniziano ad assuefarsi all’idea che pagare il debito pubblico sia non solo un dovere politico, ma una specie d’obbligo sacro e inviolabile. Purtroppo anche la sinistra, pure quella antagonista, si presta a questo gioco, e non ha la minima capacità di raccontare un’altra storia, di usare un altro linguaggio.

Se non rovesciamo questo piano ideologico del discorso, tutto funzionale alla cosca degli economicanti, dei banchieri e dei confindustrianti, non andremo lontano. Senza accorgercene stiamo tutti facendo la guerra per il Re di Prussia.

E’ sul piano sostanziale che occorre invece denunciare con durezza estrema governo e opposizioni, la classe politica, poiché solo mettendo a fuoco, nella polemica pubblica, la sostanza della questione, ciò a cui tutto attorno ruota, che le forze antagoniste possono sperare di giocare un ruolo, di svolgere davvero la funzione che esse pretendono. E qual è questo piano sostanziale? Il perno a cui tutto il resto ruota? Ci si dirà: ma è la questione del debito pubblico. Bene!

Allora il punto focale d’attacco ai politicanti è che essi tutti, pur facendo finta di azzannarsi se sia più lecita o congrua questa o quella misura, essi tutti sono d’accordo: i saldi indicati dalla Bce e da Bankitalia vanno rigorosamente rispettati, la politica economica draconiana imposta dai “mercati” va rigorosamente rispettata, pagare il debito è un dovere assoluto. Sono cioè non solo servi del capitalismo finanziario, sono i loro esattori, coloro che i ricchi inviano tra i poveri a riscuotere il pizzo. 

Se questo è il nocciolo della questione, indicandolo con forza, noi otteniamo tre risultati decisivi: (1) aiutiamo i cittadini a comprendere come realmente funziona il sistema nel suo complesso, che finanza speculativa, rendita parassitaria e capitale a interesse sono le forze dominanti; (2) che il governo e i partiti sono nulla di più che Comitati d’affari di queste forze, il cui compito istituzionale è raggirare l’opinione pubblica affinché non solo subisca la rapina sociale, ma non reagisca ad essa: (3) che c’è un’alternativa radicale ma ragionevole e realistica per porre fine allo psicodramma collettivo del debito: cancellarlo!

Un discorso “estremista”? Ma sono i fatti ad essere “estremisti”. E i fatti, falliti tutti i patetici tentativi di rattoppare la crisi, si incaricheranno di dimostrare che solo una sollevazione di popolo, positiva e ragionevole, potrà e dovrà evitare la catastrofe. Una catastrofe che i ricchi non temono, che in cuor loro anzi auspicano, perché consapevoli che il loro sistema dovrà toccare il fondo della crisi per risorgere. Quando le masse saranno ridotte alla fame, e saranno quindi disposte a vendersi per quattro soldi, a sgobbare nelle loro officine per tornare a sciamare nei loro supermercati: questa sarà la resurrezione del capitale.