Riga ha voglia di Mosca

Lettonia, i filorussi vincono alle urne. Ma il Paese si ribella

Era considerata una delle Tigri baltiche, insieme con Estonia e Lituania. A dieci anni dal crollo del comunismo, con l’ingresso nell’Unione europea, la Lettonia aveva sfoderato una stabilità e un’economia forti tanto da far sembrare le nazioni continentali giganti con i piedi d’argilla. Ma ora, nella repubblica di 2 milioni di abitanti, le cose sono cambiate: la crisi economica si è abbattuta già nel 2009 con enorme violenza, il Prodotto interno lordo è crollato del 18%, e la politica non ha trovato le capacità per far fronte alle nubi che si stagliano all’orizzonte. La conferma arriva dalle elezioni legislative celebrate anticipatamente sabato 17 settembre: un vincitore c’è, il partito di opposizione filo-russo Centro dell’Armonia, che ha conquistato il 30% dei voti. Ma non riuscirà comunque a governare.

A Riga la comunità russa riaccende la voglia di Mosca
Dal voto il Paese si aspettava un moto di slancio per ritornare a ruggire: ci vorrà invece ancora qualche tempo per raddrizzare il timone.
La situazione è complicata, tra il malcontento degli elettori per la diffusa corruzione e l’influenza degli oligarchi che condizionano pesantemente politica ed economia. Il trionfatore alle urne è stato il Centro dell’armonia, partito filo-russo il cui risultato non sta solo nei numeri (30%) – di gran lunga superiori alle più rosee previsioni dei sondaggi – ma anche e soprattutto nel messaggio implicito.

Il rovesciamento
A 20 anni dall’indipendenza da Mosca, complice anche la bassa affluenza al voto (56%, in discesa di una decina di punti), in Lettonia la minoranza diventa infatti maggioranza, almeno in parlamento. Non è una maggioranza assoluta, per cui ci vorrebbero più di 30 seggi alla Seima (il parlamento), ma sempre relativa e storica.
Nel Paese i lettoni sono quasi il 60%, mentre la comunità russa rappresenta circa il 27%. In pratica, su una popolazione di poco più di 2 milioni di abitanti, 1,5 milioni sono lettoni e solo 600 mila russi.
La maggior parte di questi si concentra a Riga ed è da qui che è arrivata la grande spinta per il successo del Centro dell’Armonia (Ca). Nella capitale oltre il 40% degli elettori ha votato per la formazione, lasciando agli altri le briciole da dividersi.
Il sindaco della città, Nils Usakovs, è anche il leader del partito e il candidato per la poltrona di primo ministro. Dopo la vittoria ha annunciato di voler condurre trattative per la formazione della nuova maggioranza parlamentare e del nuovo governo, ma non sarà cosa facile.

La lotta dell’ex capo di Stato contro gli oligarchi
Il partito filo-russo non è infatti mai prima d’ora arrivato al potere e le diffidenze, soprattutto da parte della destra nazionalista, sono molte. Prima che la Lettonia possa avere una nuova guida, si apre dunque una difficile fase di negoziazioni. Su cui pesa la stanchezza dei lettoni nei confronti degli oligarchi e della corruzione crescente.

Un gioco a due
Poca forza nei negoziati avranno in ogni caso gli sconfitti, il premier uscente Valdis Dombrovskis, che con il suo partito conservatore Unità ha quasi dimezzato i voti (17%), e l’Unione dei verdi e degli agricoltori guidata dall’oligarca Aivars Lembergs (12%). E anche l’Alleanza dei nazionalisti, il quinto partito entrato in parlamento superando senza problemi la soglia di sbarramento al 5% dovrà stare a guardare.

La grande coalizione
Un ruolo fondamentale avrà invece l’ex presidente Valdis Zatlers, che con la sua formazione nuova di zecca – il partito della Riforma – si è piazzato dietro il partito filorusso (20%), ed è considerato accanto a Usakovs il vincitore della tornata elettorale.
Secondo gli osservatori, Zatlers potrebbe formare un’alleanza di centro-destra, ma alcuni non escludono una sorta di grande coalizione proprio con il Centro dell’armonia.
Proprio l’ex capo di Stato, d’altra parte, aveva promosso la scorsa primavera la consultazione popolare che aveva aperto la strada allo scioglimento dell’assemblea parlamentare e alle elezioni anticipate.

La crisi con gli oligarchi
La scintilla erano stati gli scontri con il trio dei magnati della finanza formato da Lembergs, potente sindaco di Ventspils, Andris Skele e Aivars Slesers.
Quando la Seima lo scorso maggio si era rifiutata di levare a quest’ultimo l’immunità parlamentare dopo le ennesime accuse di corruzione, Zatlers aveva reagito per dare un taglio allo strapotere oligarchico, con il sostegno massiccio dei lettoni (oltre il 90 % ha votato sì al referendum).
Ma il parlamento gli ha rapidamente presentato il conto e alle presidenziali di giugno ha eletto, tra polemiche infinite, il suo rivale Andris Berzins, supportato anche dal Centro dell’armonia.
I giochi sono però cambiati e si fanno adesso nella nuova Seima: il balletto delle trattative a Riga è insomma appena iniziato.

da Lettera 43