Si è tenuta ieri a Roma l’assemblea promossa dall’appello «Contro l’Europa delle banche! Noi il debito non lo paghiamo! 5 punti contro il governo unico delle banche in Italia e in Europa».
L’assemblea è stata molto partecipata. Circa mille persone hanno affollato per l’intera mattinata il teatro Ambra Jovinelli, per prendere parte ai lavori, aperti dalla relazione di Giorgio Cremaschi e terminati con l’approvazione del documento conclusivo, che potete leggere più sotto.
Cremaschi ha sviluppato i punti dell’appello anche alla luce delle ultime novità, come la pubblicazione della lettera di agosto della Bce ed il lancio del Manifesto della Confindustria. Per il relatore «la lettera della Bce va respinta al mittente». Questo è il punto davvero discriminante: «chi sta con Trichet e Draghi e chi sta contro». La proposta politica è quella della nascita di «uno spazio politico pubblico», dal quale dovrebbe prendere vita il movimento «No debito».
Essendo tra i sottoscrittori dell’appello non possiamo che essere soddisfatti della riuscita dell’assemblea. Una riuscita non soltanto numerica. L’assemblea ha infatti segnato un punto politico fondamentale: il no al debito, con quel che ne consegue. Tra queste conseguenze, ovviamente, la netta opposizione a qualsiasi governo delle oligarchie finanziarie, come quello che potrebbe prendere il posto di Berlusconi sulla base dei diktat della Bce. Opposizione netta, dunque, al centrosinistra ed alle sue politiche. Su questo, la relazione di Cremaschi è stata chiara, criticando l’idea che «basti un po’ più di equità», magari con una patrimoniale a «compensare» il nuovo attacco selvaggio alle pensioni.
Ora si tratta di lavorare seriamente per arrivare davvero alla nascita di un movimento in grado di incidere nello scontro politico e sociale che si apre. Affinché ciò sia possibile occorre superare due limiti, per la verità piuttosto evidenti nell’assemblea di ieri.
Il primo riguarda la proposta. L’obiettivo della cancellazione del debito deve andare di passo con quello dell’uscita dall’euro. Le due cose stanno insieme, ed una senza l’altra non si regge in piedi. Ignorarlo sarebbe suicida. I tempi e le modalità dell’assemblea non hanno certo favorito un confronto su questo punto, ma – a parte l’intervento di un giovane compagno di “Comunisti – Sinistra popolare” – questo nodo è stato rimosso dalla discussione. Un errore che dovrà essere rapidamente superato.
Il secondo limite riguarda la costruzione del movimento, ed il rischio che prevalga una logica da “intergruppi”. Ieri questo pericolo è stato evocato per esorcizzarlo, ma chiunque abbia partecipato non può non averlo avvertito nel carattere un po’ troppo da “passerella” di molti interventi. Non parliamo soltanto di un problema di metodo. La questione è infatti anzitutto di sostanza: qui non si tratta di costruire un movimento per gestire qualche manifestazione; se l’iniziativa ha un senso, si tratta invece di costruire un movimento (o comunque lo si voglia chiamare) capace di diventare il luogo dell’opposizione sociale e politica nel nostro Paese. Il problema dei problemi è dunque quello di suscitare un vero risveglio di massa, la qual cosa richiede metodi, linguaggi e proposte adeguati alla situazione attuale.
Su questi aspetti vogliamo segnalare il brillante intervento di Ezio Gallori, il leader storico dei macchinisti delle Ferrovie. Dopo aver ripercorso la sua lunga storia di sindacalista, prima nella Cgil, poi «mi sono messo in proprio», Gallori ha proposto una riflessione per nulla banale sulla funzione attuale dello sciopero. In sintesi questo il suo ragionamento: se in passato lo sciopero era l’arma decisiva, oggi non è più così. Oggi, affinché gli scioperi abbiano un senso, «bisogna che abbiano un’altra melodia, quella della rivolta».
In ogni caso un passo avanti è stato segnato. Ora il prossimo passaggio sarà quello della manifestazione del 15 ottobre. Un appuntamento nel quale ci ritroveremo tutti dietro lo striscione «Noi il debito non lo paghiamo».
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Il documento finale dell’assemblea del 1° ottobre
Noi partecipanti all’assemblea del 1° ottobre a Roma: “Noi il debito non lo paghiamo. Dobbiamo fermarli” ci assumiamo l’impegno di costruire un percorso comune.
Tale percorso ha lo scopo di affermare nel nostro paese uno spazio politico pubblico, che oggi viene negato dalla sostanziale convergenza, sia del governo sia delle principali forze di opposizione, nell’accettare i diktat della Banca Europea, del Fondo Monetario Internazionale, della Confindustria e della speculazione finanziaria. Vogliamo costruire uno spazio politico pubblico, che rifiuti le politiche e gli accordi di concertazione e patto sociale, che distruggono i diritti sociali e del lavoro. Vogliamo costruire uno spazio politico pubblico nel quale si riconoscono tutte e tutti coloro che non vogliono più pagare i costi di una crisi provocata e gestita dai ricchi e dal grande capitale finanziario e vogliono invece rivendicare sicurezza, futuro, diritti, reddito, lavoro, uguaglianza e democrazia.
Vogliamo partire dai cinque punti attorno ai quali è stata convocata questa assemblea
1. Non pagare il debito, far pagare i ricchi e gli evasori fiscali, nazionalizzare le banche.
2. No alle spese militari e cessazione di ogni missione di guerra, no alla corruzione e ai privilegi di casta.
3. Giustizia per il mondo del lavoro. Basta con la precarietà. Siamo contro l’accordo del 28 giugno e l’articolo 8 della manovra finanziaria.
4. Per l’ambiente, i beni comuni, lo stato sociale. Per il diritto allo studio nella scuola pubblica.
5. Una rivoluzione per la democrazia. Uguale libertà per le donne. Parità di diritti per i migranti. Nessun limite alla libertà della rete. Il vincolo europeo deve essere sottoposto al nostro voto.
Ci impegniamo a portare i temi affrontati in questa assemblea diffusamente in tutto il territorio nazionale, costruendo un movimento radicato e partecipato. Così pure vogliamo approfondire i singoli punti della piattaforma con apposite iniziative e con la costruzione di comitati locali aperti alle firmatarie e ai firmatari e a chi condivide il nostro appello. Intendiamo organizzare una petizione di massa sul diritto a votare sul vincolo europeo.
Nel mese di dicembre, a conclusione di questo percorso a cui siamo tutti impegnati a dare il massimo di diffusione e partecipazione, verrà convocata una nuova assemblea nazionale, che raccoglierà tutti i risultati e le proposte del percorso e che definirà la piattaforma, le modalità di continuità dell’iniziativa, le mobilitazioni e anche eventuali proposte di mobilitazione e di lotta.
Intendiamo costruire un fronte comune di tutte e tutti coloro che oggi rifiutano sia le politiche del governo Berlusconi, sia i diktat del governo unico delle banche. Diciamo no al vincolo europeo che uccide la nostra democrazia. Chi non è disposto a rinviare al mittente la lettera della Banca Europea non sta con noi. Questo fronte comune non ha scopo elettorale, ma vuole intervenire in maniera indipendente nella vita sociale e politica del paese, per rivendicare una reale alternativa alle politiche del liberismo e del capitalismo finanziario. Questo fronte comune vuole favorire tutte le iniziative di mobilitazione, di lotta, di autorganizzazione che contrastano le politiche economiche liberiste. Questo percorso si inserisce nel contesto dei movimenti che, in diversi paesi europei e con differenti modalità e percorsi, contestano le politiche di austerità e la legittimità del pagamento del debito a banche e imprese.
Su queste basi i partecipanti all’assemblea saranno presenti attivamente anche alla grande manifestazione del 15 ottobre a Roma sotto lo striscione “Noi il debito non lo paghiamo”.