Breve resoconto della quinta conferenza di sostegno all’Intifada (prima parte)

dai nostri inviati – Tehran, 3 ottobre

Invitati dagli organizzatori, di buon grado abbiamo accettato l’invito a partecipare alla Quinta Conferenza internazionale di sostegno all’Intifada palestinese, svoltasi sotto il patrocinio delle autorità della Repubblica Islamica dell’Iran e, in particolare del suo Parlamento.

La Prima conferenza si svolse nell’ottobre del 1991, in opposizione alla Conferenza di Madrid, che sull’onda degli Accordi di Oslo, sancì definitivamente la svolta di al-Fatah verso una pace negoziata con Israele. Da allora le autorità della Repubblica islamica dell’Iran hanno tenuto ferma la condanna della politica negoziale seguita dalla direzione dell’OLP e da Arafat, mentre deciso è stato il sostegno alla Resistenza, in modo particolare a Jihad Islamica ed HAMAS.

Da allora le relazioni tra l’Iran e le formazioni islamiche della Resistenza palestinese si sono sempre più rafforzate e questa Quinta Conferenza ne è stata la riprova. HAMAS e Jihad Islamica erano rappresentate ai massimi livelli, a conferma di legami solidi e strettissimi.

La Conferenza, iniziata sabato mattina tra imponenti misure di sicurezza, si è aperta, sotto la presidenza dello speaker del Parlamento iraniano Larijani, con il discorso della Guida suprema Ali Khamenei. Un discorso articolato, di ampio respiro strategico, fermissimo nel ribadire la posizione iraniana di sostegno alla Resistenza palestinese e di netto rifiuto della politica “Due popoli due Stati”.

Khamenei ha affermato: “Noi chiediamo la liberazione della Palestina, non di una parte della Palestina. Ogni iniziativa che implichi la disintegrazione della Palestina va nettamente rigettata”.  
Una critica esplicita della mossa di Abu Mazen di chiedere all’ONU il riconoscimento formale di uno Stato Palestinese indipendente. Infatti Khamenei ha affermato: “La soluzione due popoli due stati, che sta dietro alla richiesta di riconoscimento della Palestina come membro a pieno titolo della Nazioni Unite non è altro che una capitolazione al sionismo, poiché implica contestualmente il riconoscimento dell’entità sionista di Israele”. Una condanna piena quindi della politica di al- Fatah e del Presidente Abu Mazen.

Khamenei ha ribadito la soluzione proposta dalle autorità iraniane: “Noi non peroriamo, né una classica guerra degli eserciti musulmani contro Israele, né di buttare a mare gli immigranti ebrei, né mediazioni delle Nazioni unite. Noi proponiamo di svolgere un referendum al quale partecipino i palestinesi, in cui, il popolo, come ogni altra nazione, possa esercitare il suo diritto all’autodeterminazione”. Una linea che ci ha ricordato, molto da vicino, l’universalmente nota posizione di Lenin sul problema, appunto, dell’autodecisione delle nazioni.

Khamenei ha poi concluso, rispondendo ad Obama: “L’Occidente è ad un bivio, o si decide a riconoscere i diritti dei palestinesi, oppure subirà gravissimi colpi in un futuro non lontano… Il Presidente degli Stati Uniti ha affermato che la sicurezza di Israele è la sua linea rossa.
(…) Questa linea rossa sarà attraversata dalle nazioni musulmane che come mostra la caduta degli usurpatori in Egitto e Tunisia, si sono risvegliate. Ciò che minaccia i sionisti non sono i missili iraniani o i gruppi della Resistenza. La vera minaccia, che non potrà mai essere vinta, é la forte volontà degli uomini, delle donne e dei giovani dei paesi musulmani, che sono stanchi degli Stati Uniti, dell’Europa e dei loro servi. Tuttavia, se il nemico darà seguito alle sue minacce i missili porteranno a compimento la loro missione”.

Sulla stessa linea di pieno sostegno alla Resistenza palestinese e di rifiuto di ogni compromesso con l’entità sionista, tutti gli altri oratori intervenuti nella giornata di sabato, provenienti da più di settanta paesi del mondo, ma in gran parte della regione mediorientale. Interventi più sfumati solo da parte dei rappresentanti dei diversi Parlamenti arabi, alcuni dei quali hanno svolto prolusioni all’insegna del più peloso dei linguaggi diplomatici. Tuttavia, la  presenza anche ai massimi livelli istituzionali di paesi come Qatar, Kuwait, Oman, per non parlare di Indonesia, Malesia, Vietnam, Sudan, Algeria, Pakistan, Libano, ecc., mostra la forza, politica e diplomatica dell’Iran, che è andata crescendo negli ultimi anni, a dispetto dell’ostracismo messo in atto dagli Stati Uniti e dai suoi alleati.

La giornata di sabato si è conclusa col vibrante e per nulla reticente discorso di Khaled Meshal, dell’Ufficio politico di HAMAS, a cui la sala ha tributato un prolungata ovazione.
Meshal ha anzitutto ringraziato le autorità iraniane per la promozione della Quinta conferenza di sostegno alla causa palestinese: ” Se l’Iran non fosse così forte non avremmo mai potuto svolgere incontri come questo”. Ha cosi continuato: ” Solo la Resistenza potrà liberare la Palestina e portare alla fondazione di uno Stato palestinese. Questo è dimostrato dal fallimento di tutti i tentativi negoziali venuti avanti da Oslo in poi”. In piena sintonia con Khamenei, Meshal ha ribadito la posizione di Hamas: ” Tutta la Palestina deve essere liberata non qualche brandello… Gerusalemme sarà la capitale…non riconosceremo mai l’entità sionista”.

Meshal si e’ poi soffermato sulle recenti vicende interne al popolo palestinese, in particolare ai rapporti con Abu Mazen e al-Fatah: “Le divergenze tra noi non debbono bloccare il processo di riconciliazione. Non condividiamo la richiesta di riconoscimento avanzata da Abu Mazen, ma ciò non ci spingerà a tornare indietro davanti al compito di unire tutti i palestinesi. Abu Mazen dovrà pur riflettere sul fatto che americani e sionisti hanno respinto la sua mossa, che la Resistenza è la sola via. Ci auguriamo che i fratelli di al-Fatah così come le altre forze palestinesi faranno ogni sforzo per raggiungere l’unità”.

Un discorso che ha sorpreso alcuni per il suo carattere “sfumato”. Ci penserà Haniye, il giorno dopo, in collegamento video da Gaza, a ribadire con estrema fermezza la condanna senza appello della linea negoziale di Abu Mazen. L’unità sì ma non ad ogni costo.