Il racconto-denuncia di un giovane tunisino

La Brigata di solidarietà con la Rivoluzione tunisina dell’Associazione Volontariato e Resistenza “SUMUD”, il giorno 4 ottobre 2011 ha raggiunto la città di Kasserine, nella zona “ombra” del centro sud della Tunisia. Una regione caratterizzata da una profonda depressione economica a dispetto delle più note lussureggianti mete turistiche del paese. Arrivati in città la Brigata è stata avvicinata da un giovane tunisino, appena rimpatriato da Lampedusa. Un giovane di circa 20 anni che ha sentito da subito il bisogno di raccontarci la sua storia.

Kasserine di fatto è nota, oltre che per aver visto il sacrificio di un gran numero di martiri nella rivoluzione del 14 gennaio scorso, per essere la città da cui partono la maggior parte dei migranti, che dalla costa tunisina s’imbarcano per l’Italia. Abbiamo preso accordi per un’intervista approfondita, del resto il giovane tunisino ci dice d’essere stato coinvolto negli scontri del 20 Settembre, proprio a Lampedusa e abbiamo quindi avvertito il dovere di raccontare la vicenda dal suo punto di vista.

Il giorno dell’intervista ci sediamo ad un tavolo del caffè dove lavora Maher, questo il suo nome, al termine del suo turno di lavoro come cameriere. Ci presentiamo e gli chiediamo se vuole che gli rivolgiamo delle domande dirette o se preferisce raccontare liberamente la sua storia. Sceglie la seconda opzione e, come prevedibile, è un fiume in piena.

Maher inizia a parlare: “La prima cosa che vi voglio dire è che qua in Tunisia ho sempre sentito parlare di Associazioni di volontariato italiane che nei CPT (Centri di permanenza temporanea), accolgono e assistono i migranti, ma una volta lì non ho visto niente di tutto questo, solo polizia.” “Alla televisione tunisina il Presidente Essebsi elogia continuamente l’operato dei CPT italiani e mai mi sarei potuto immaginare di andare incontro ad una simile ingiustizia.”

“Sono partito il 10 Settembre su di un peschereccio e sono rimasto in mare aperto per oltre 18 ore, finché la guardia costiera non ci ha intercettato a largo di Lampedusa. Il mio gruppo è stato subito portato nel CPT  dell’isola e lì siamo rimasti all’incirca per 10 giorni insieme ad altri 1500 migranti, alcuni dei quali si trovavano lì da oltre 20 giorni. Le condizioni della struttura sovraffollata erano malsane, i maltrattamenti della polizia  erano all’ordine del giorno, mi hanno fatto saltare anche un dente a forza di botte, anche il cibo che ci davano era deteriorato e aprivano le docce solo per pochissimo tempo. Esasperati, abbiamo quindi provato ad organizzare una protesta ma è stata soppressa con i lacrimogeni.”

“Dopo qualche giorno ci siamo riorganizzati in una rivolta, abbiamo dato fuoco alla nostra prigione e, una volta fuggiti, ci siamo recati nel centro dell’isola per dare vita ad una manifestazione di oltre 1500 persone ma la polizia ci ha caricato e disperso. Alcuni di noi sono stati portati all’interno di uno stadio mentre altri, tra cui io, sono ritornati al centro della città per un presidio, mentre militari e poliziotti  ci accerchiavano.”

“Nel pomeriggio è arrivato il prefetto e ci ha intimato di andarcene, subito dopo abbiamo anche subito la provocazione di un cittadino comune di Lampedusa che ha iniziato a tirarci contro delle pietre, alcuni cittadini tentavano di allontanarlo mentre altri lo sostenevano e si univano ai tafferugli. E’ stato in quel momento che il capo della polizia ha chiamato la carica. Militari, poliziotti e Guardia di finanza hanno avanzato con manganelli e taser elettrici con violenza disumana, mentre la maggior parte degli abitanti continuavano la sassaiola e ci minacciavano addirittura con dei coltelli.”

“Durante gli scontri, un ragazzino di Tunisi, Jbal Lahmer, è stato buttato giù da un muro alto 3 metri. L’attacco era a sorpresa e noi, disarmati, ci siamo riparati nei pressi di un vicino ristorante, usando le sedie come protezione. Alcuni del nostro gruppo hanno preso una bombola del gas e si sono recati nel vicino distributore di benzina minacciando di darsi fuoco, siamo stati di nuovo dispersi: un gruppo è scappato e un altro è stato accerchiato. Io mi trovavo tra i fuggiaschi, siamo scappati lungo la spiaggia sotto i colpi di una fitta sassaiola, a questo punto molti erano i feriti che noi cercavamo invano di aiutare, perché venivano comunque raggiunti dalla polizia che non ci dava tregua. Riesco a scappare e, insieme ad altri, raggiungo le colline ma, il giorno seguente, le forze dell’ordine riescono a catturarci e a scortarci al CPT, questa volta senza violenza.”

“Una volta tornati al centro veniamo perquisiti, ci vengono tolte cintole e stringhe e veniamo privati degli effetti personali, come ai carcerati. Ci hanno fatto entrare in circa 500 in un angusto spazio, adulti e minorenni, mentre altri sono stati subito espulsi dall’isola e rimpatriati. Per 2 giorni, chiusi là dentro, abbiamo orinato nelle bottiglie e mangiato sul posto nella sporcizia. A seguito di alcune proteste ci hanno finalmente fatti uscire e solo dopo l’intervento di alcuni giornalisti che scattavano foto, la polizia ci ha riportato negli alloggi originari.” “Passate altre 2 ore di detenzione la polizia ha portato circa 100 migranti all’aeroporto di Palermo con un aereo militare e dal porto sono stati imbarcati su un traghetto, su cui sono stati trattenuti per altri 2 giorni, quindi divisi di nuovo e portati su di un’altra nave.” “Alla fine il gruppo dei rivoltosi è stato suddiviso su tre navi diverse, io ero sulla seconda nave, dove ho aspettato per altri 3 giorni, in condizioni igieniche precarie. Anche le condizioni sanitarie non erano monitorate adeguatamente, i feriti erano molti e c’era un solo medico.” “Infine siamo stati tutti condotti, uno ad uno, su un aereo e rimpatriati alla volta di Tunisi.”

Dopo aver ascoltato con attenzione l’odissea di questo ragazzo abbiamo voluto rivolgerli alcune domande e veniamo a scoprire che il viaggio verso l’Italia gli è costato 2000 dinari (ca. 1000 euro). Maher aggiunge che la Rivoluzione in Tunisia è stata giusta ma a Kasserine non è cambiato niente, altrimenti lui, come altri, non sarebbero mai partiti.

da Sumud