Berlusconi e l’euro: violato un fasullo tabù
Davanti ad un consesso prestigioso, gli stati generali del commercio estero italiano, ieri Silvio Berlusconi, che per chi se lo fosse scordato non è solo il Primo ministro ma il capobastone del Pdl, ha pronunciato una stoccata contro l’euro che ha suscitato un vero e proprio pandemonio.
I media mainstream, quelli la cui proprietà è in mano ai ristretti gruppi oligarchici per cui l’Unione europea è un dogma intangibile e l’euro un totem più sacro di Gesù, gli stanno dando addosso come mai prima. Finché lo dicono piccole minoranze politiche, o economisti “sfigati” passi, se lo dice Berlusconi è un peccato mortale.
Ma cos’ha detto esattamente Berlusconi? Sentiamo: «L’euro non ha convinto nessuno, è una moneta strana, non c’è una banca di riferimento e non ha un governo unitario l’economia. È un fenomeno mai visto, ecco perché c’è un attacco della speculazione e risulta problematico collocare i titoli del debito pubblico».[Corriere della sera]
Il Corriere, guarda un po’, ha tuttavia censurato la frase di Berlusconi, omettendo furbescamente questa “frasetta”: «…perché non é [la moneta, Nda ] di un solo Paese ma di tanti che però non hanno un governo unitario né una banca di riferimento. È una moneta strana, attaccabile dalla speculazione internazionale» [Il sole 24 Ore]
Bene! Bravo Berlusconi! Sette più!
Egli ha dato voce a quello che tanta parte della stessa borghesia italiana pensa, all’opinione di tanti semplici cittadini, quello che gli stessi poteri oligarchici sanno bene ma non dicono e vorrebbero non si dicesse: che la fondazione dell’Euro è stato il più grande azzardo della storia economica europea, che esso è destinato al fallimento. A conferma di quanto andiamo dicendo da tempo, che l’euro non sopravviverà a questa crisi sistemica del capitalismo occidentale, e che salvarlo è un’impresa vana.
L’affermazione di Berlusconi non è solo una battuta estemporanea. Secondo me è ciò che egli pensa davvero. Del resto, Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del Partito Democratico, uno dei demiurghi della moneta unica, in camera caritatis, così scriveva: «Si era anche detto: facciamo la moneta unica e la confluenza tra le economie seguirà. Ricordo lunghe discussioni avute con Jacques Delors nel ’91-92 quando si cominciava a ipotizzare la creazione di una moneta unica. Delors, e più modestamente io, sapevamo benissimo che sarebbe stato necessario che le varie nazioni europee accettassero di cedere sovranità a favore di un’unificazione politica monetaria e di budget delegata a Bruxelles. Ma eravamo consapevoli che, poiché la politica non era matura per questa idea, la soluzione migliore era prendere il toro per le corna: adottare la moneta unica nella convinzione che la politica sarebbe seguita, che gli stati sarebbero stati costretti a far convergere le loro politiche monetarie e fiscali. Sbagliato, nessuna convergenza si è verificata, anzi alcuni indicatori mostrano un allargamento delle distanze iniziali». [Il Sole 24 Ore, 11 dicembre 2010]
E’ qui spiegato, in poche e concise parole, che dietro la fondazione dell’euro non c’era solo un’idea dirigistica e tecnocratica, che l’euro è stato imposto alla “politica”, alle nazioni e ai popoli, in ossequio agli interessi della grande finanza europea.
Il titolo dell’articolo in questione era programmatico: «Due euro meglio che niente», segno che anche nei ristretti cenacoli delle classi dominanti c’è la consapevolezza che il progetto euro è fallito, e che una maniera per uscirne, prima che sia troppo tardi va trovata, magari con due euro invece che uno. Un anno è passato, la crisi si è approfondita, e si vede che fare marcia indietro mettendo tutti d’accordo è impossibile. Si è visto, a solare conferma del fallimento dell’euro, che Germania e Francia, proprio loro, sono i paesi che non vogliono fare ulteriori cessioni di sovranità.
Abbarbicate all’euro restano oramai, veramente, solo le sinistre borghesi, qui in Italia il Pd, con le sue appendici “radicali”. Alcuni giorni fa è stato diffuso un appello per salvare l’euro a tutti i costi, ovvero per istituire un Ministro del tesoro europeo e per fare il salto verso una vera e propria entità statale europea (la stessa posizione, sostanzialmente, della “sinistra radicale” italiana: “cambiamo l’Europa per cambiare l’Italia”) firmato da tipi come Joska Fischer, Daniel Cohn-Bendit, Emma Bonino et similia. Degno di nota che l’appello in questione sia stato ideato lanciato da… George Soros! Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei…..
De Benedetti e Soros confermano però che Berlusconi ha ragione: o l’Europa passa allo stadio di un’unità politica statuale, per quanto federale oppure l’euro è segnato. Ma questo non è un passo avanti, è un salto vero e proprio, un salto mortale che proprio Germania e Francia, non vogliono fare.
Il “piccolo” particolare è che se l’euro viene giù rischia sul serio di crollare tutto l’edificio imperialistico, di qui la pervicacia dei poteri oligarchici nel tentare di salvarlo ad ogni costo, a costo di gettare interi popoli alla fame. Le classi dominanti sono quindi in pieno impasse, sono divise, lacerate, incapaci di prendere decisioni definitive.
Premonizioni
Sotto un potente e fulmineo fuoco incrociato, Berlusconi ha dovuto fare marcia indietro, Era appena uscito dall’assise in cui ha pronunciato le sue fatidiche parole, che egli diffondeva questo dispaccio: «Come al solito, si cerca di alzare pretestuose polemiche su una mia frase interpretata in maniera maliziosa e distorta. L’euro è la nostra moneta, la nostra bandiera».
Questa rettifica nulla toglie al fatto che un tabù è stato violato, che finalmente, grazie all’uomo più inviso alla sinistra, la questione euro sì euro no, è finalmente messa all’ordine del giorno. La crisi si acuirà, il panorama politico verrà terremotato, in molti dovranno riposizionarsi, altri costretti a fare capriole e salti mortali.
In questo quadro si inscrive la questione di che fine fa il berlusconismo. In un articolo del 25 settembre scorso, «LA RIVOLTA REAZIONARIA DELLA BORGHESIA», sul tema della sorte del blocco sociale berlusconiano-leghista a trazione padana, scrivevamo:
«Escludo che l’attuale cricca di trafficanti che guida l’ectoplasma sia in grado di giocare in anticipo il tutto per tutto, la carta del “default” e dell’uscita dall’euro. Ma se essa lo facesse, sarebbe una mossa spettacolare quanto efficace. Sarebbe una mossa che otterrebbe il consenso del suo blocco sociale, che non è composto da imbecilli, ma da borghesi che non vogliono farsi portar via dallo Stato i loro beni per tenere in piedi l’euro. Che non possono accettare di morire per salvare la vita all’Unione europea».
Le affermazioni di ieri di Berlusconi indicano che questa possibilità, non è esclusa, che Berlusconi e Bossi, in caso di decomposizione del loro governo, potrebbero giocarsi la carta dell’uscita dall’euro, dando un’identità forte ad un movimento reazionario di massa e lasciando alla sinistra aggrapparsi al cadavere. Per questo c’è urgente bisogno che si sollevi una forza politica di massa che perori l’uscita dall’euro, che è nei fatti, legandola ad una prospettiva di fuoriuscita dal sistema.
Non dire quindi gatto se non ce l’hai nel sacco.
«La palese sconfitta elettorale del beluscon-leghismo [elezioni amministrative di maggio 2011, Nda] non è tuttavia un crollo. Non c’è il disfacimento del blocco sociale che sorregge l’alleanza. La crisi economica e sociale ha solo scalfito questo blocco, che infatti tiene. Attenti a non scambiare il tramonto del fenomeno politico del berlusconismo col tracollo dell’ectoplasma sociale sottostante. Se le nostre analisi sono giuste questo blocco reazionario di massa è più vivo che mai e l’alleanza di centro-destra ne è solo la forma politica momentanea e larvata. La forma definitiva che potrà prendere lo decide il decorso della crisi economica e sociale». [DAL TRAMONTO DI BERLUSCONI ALL’AURORA DELLA RIVOLTA SOCIALE]