I governi vanno e vengono, la crisi resta
Che Berlusconi fosse bollito e il suo fosse oramai un governo-zombie, lo andiamo dicendo da mesi. Oramai siamo al conto alla rovescia. Mentre scriviamo non si fa che discutere se il centro-destra otterrà o meno la maggioranza nel voto di martedì 8 novembre. E’ probabile, in virtù di sofisticati regolamenti parlamentari, che il voto consegni al governo una maggioranza tecnica ma gli tolga quella politica. In parole povere: il Rendiconto passa (non sul maxi-emendamento, si voterà domani, come erroneamente hanno scritto certi giornali), ma solo grazie alle astensioni, sancendo così lo sfaldamento del centro-destra.
In questo caso Berlusconi sarebbe obbligato a recarsi al Quirinale rassegnando le dimissioni. Napolitano, come da prassi, darebbe avvio alle consultazioni, mandando avanti un esploratore istituzionale (di norma il Presidente del Senato) per verificare se esista, in entrambe le Camere, una maggioranza politica per formare un governo “guidato da una personalità che abbia un’alta credibilità internazionale” — ovvero Monti: uomo ben accetto agli euro-oligarchi.Una cosa è certa, un’altra molto probabile. La prima è che non si potranno tirare per le lunghe le consultazioni, la seconda è che un governo Monti difficilmente potrà sperare di durare fino alla fine della legislatura, che esso durerà i mesi che ci separano dalle elezioni anticipate.
C’è una data minacciosa alle porte che mette fretta alla letargica e bizantina casta politica italiana: lunedì 14 novembre. Che succede il 14 novembre è presto detto: c’è la prossima asta di titoli di stato. Il Ministero dell’Economia deve collocare una decina di miliardi. Saranno piazzati tutti? E a quale rendimento? Mentre scriviamo siamo già prossimi al 7%, la soglia considerata il limite oltre il quale il default è possibile. Autorevoli analisti ritengono che l’asta del 14 riceverà pochi sottoscrittori, che gli acquisti da parte della Bce non eviteranno il “margin calls”, la soglia del default appunto. Ciò è considerato altamente probabile non solo perché il cosiddetto fondo-salvastati (ESFS) non è decollato (per l’arcigna resistenza tedesca), ma anche perché il G20 non ha approntato alcun cordone sanitario per evitare il collasso italiano.
Sintomatica la risposta dei mercati finanziari dopo il flop del G20, e dopo che l’Italia è stata posta sotto sorveglianza speciale da parte del FMI (tanto per capirci, al pari di paesi come la Mauritania, il Libano o Gibuti): lo spread italiano è immediatamente aumentato di quasi 40 punti base, attorno a quota 465. E questa mattina il rendimento dei Btp è salito al 7%. Le grandi banche mondiali, i fondi hedge, gli assicurativi, i fondi pensione, insomma i grandi detentori dei titoli italiani, continuano a vendere i nostri tioli, preferendo acquistare quelli tedeschi malgrado questi ultimi, al netto dell’inflazione, diano un rendimento addirittura negativo.
L’Italia non può permettersi che il 14 ci sia un patatrac. Uno straccio di governo dev’essere quindi messo su in quattro e quattr’otto. Che sia Monti o chi per lui a presiederlo. L’importante è che giunga un forte e inequivocabile segno di discontinuità. Una discontinuità con Berlusconi che non sia solo di facciata. Monti o chi per lui deve presentarsi alla camere, per dirla tutta, davanti al Tribunale supremo dei mercati finanziari, annunciando misure draconiane, per quanto diluite in un arco di due tre anni, di irreversibile rientro dal debito.
Un programma di medio periodo di lacrime e sangue per il popolo lavoratore, che sarà edulcorato da una tassa patrimoniale così da fare credere che questa volta “anche i ricchi piangono”. Un insieme di provvedimenti che saranno a loro volta demagogicamente presentati come le tanto attese “misure per la crescita”. Un rivestimento, insomma, per fornire un alibi alle forze di centro-sinistra, che saranno l’architrave — come già del resto avvenne in tutti i momenti apicali della crisi italiana — dell’operazione.
Un governo che sarà comunque di breve durata e che dovrà traghettarci verso elezioni anticipate, dopo le quali verrà la legislatura di lacrime e sangue, di cui il Pd sarà spina dorsale.
E’ quindi possibile che non solo di qui alle elezioni, ma per un po’ di tempo anche dopo, la partita si giocherà tutta nel campo da gioco occupato dai partiti sistemici, di sinistra-centro-destra, che non avremo grandi conflitti sociali.
Li avremo tuttavia. E per l’incrocio di due fattori: i primi effetti dei programmi di macelleria sociale, di cui la “manovra d’agosto” è solo il primo capitolo, e per l’approfondirsi della recessione economica, che causerà un’ondata di ristrutturazioni se non di fallimenti aziendali e un’impennata della disoccupazione.
La decisione della Bce di ridurre il tasso d’interesse è la sanzione ufficiale che siamo in recessione. Tanto più significativa, questa decisione, perché è un’autosmentita, quasi clamorosa, di tutte le precedenti previsioni della stessa Bce, che fino a pochi mesi fa scommetteva sul “consolidamento della crescita” e quindi per due volte aveva alzato il tasso di interesse temendo…. il surriscaldamento dell’economia — sic!
Che quindi si giochino pure la loro partita, i partiti sistemici e le loro appendici. La partita seria, sarà quella che verrà subito dopo. Inizierà quando le masse popolari si metteranno in movimento e conquisteranno il centro della scena. Chi avrà più filo da tessere tesserà.