Ieri sera mi è capitato di seguire la trasmissione L’Infedele, di Gad Lerner, su La7. Tutta dedicata a osannare il nascituro governo, con le consuete comparse a fare da contorno, compreso un collegamento con gli studenti della Sapienza in agitazione (maionese accanto all’insalata).
Lerner mette sul piatto lui stesso, in maniera dubitativa, alcuni bocconi di verità. E’ vero che  Monti è “curatore fallimentare” (parole testuali di Luigi Zingales, Il Sole 24 Ore del 13 novembre)? Che dietro di lui ci sono poteri transnazionali, la grande finanza neoliberista? Che l’Italia ha ceduto la sua sovranità nazionale? Il governo è frutto di un colpo di stato tecnocratico?

Ma lo ha fatto per ridicolizzare la tesi di chi appunto sostenga la tesi del golpe e che Monti sia solo un emissario dei poteri forti della finanza internazionale. Come ha fatto a sputtanare la verità e rendere veritiera la menzogna è presto detto. Ha sottolineato come certe posizioni siano comuni alla Lega e all’estrema sinistra, a Sallusti e agli studenti in agitazione. Si delegittima una tesi dal momento che è sostenuta da opposte fazioni politiche, dalla destra populista e dalla sinistra anticapitalista. Un vecchio cinico trucco.

Lerner non ha esitato, per ridicolizzare chi si considera nemico di Monti-Quisling, chi denuncia il golpe bianco, a ficcarci dentro anche l’antisemitismo e il pericolo rosso-bruno —  la solita paracula paranoia sionista.

Ma Lerner, per rendere credibile la commedia, ovvero per sminuire gli argomenti fortissimi di chi denuncia il governo dei banchieri, aveva bisogno di una spalla, di uno che gli reggesse il moccolo e che godesse di autorità a sinistra, per convincere chi è di sinistra a sostenere il nascituro governo dei banchieri. Gad Lerner e Marco Revelli, sembravano Ciccio e Franco.

Questa mattina, su il manifesto, Revelli ha pensato bene di spiegarsi meglio, il perché, testuale “fa il tifo per Mario Monti”. Il titolo è tutto un programma «Bacio il rospo Monti… però», dove il “però” è come le scuse dopo avere fatto un rutto. Sostengo Monti però so che è un liberista; sostengo Monti però so che taglierà le pensioni; sostengo Monti però so che privatizzerà i beni comuni; lo sostengo però già so che è un governo del grande capitale finanziario e demolirà ciò che resta delle conquiste operaie.

Un intellettuale senza intelletto? Non solo questo. Egli è l’ultimo voltagabbana, uno che da sinistra è passato a destra, alla destra vera, quella liberista. Pensate che ai tempi dei tafferugli tra Prodi e Bertinotti, in occasione della caduta di Prodi nell’ottobre 1998, Revelli, in soccorso a Bertinotti, sostenne la tesi delle “due destre”. Allora il Revelli non si fece intrappolare dall’accusa che facendo cadere Prodi si dava una mano a Berlusconi, oggi che non c’è nemmeno più il pretesto del pericolo Berlusconi, fa il salto della quaglia, per dare una copertura da sinistra al golpe bancario. Cossutta e i Comunisti italiani, che fino all’ultimo sostennero Prodi, ci fanno una bella figura.

Il fatto degno di nota non è solo questo. E’ che il manifesto, con un editoriale di Norma Rangeri, gli da manforte, allineandosi, con contorsioni logiche e politiche che fanno addirittura tenerezza per la loro inconsistenza, ai banchieri di Dio.

Il discorso della Rangeri, in linea con il Revelli è davvero eccentrico. Se prima si giustificava il bacio al rospo con l’argomento menopeggista che occorreva vincere Berlusconi, oggi bisogna appoggiare Monti per «depurarsi dal berlusconismo». Non si era mai sentita una simile cazzata.

Una fesseria che la dice lunga, tuttavia, sulla siderale distanza che separa certa sinistra dalla realtà, dal popolo lavoratore, dai giovani. Una sinistra che non ha solo perso la testa, ma il cuore. Come Vendola, che di colpo ha perduto la sua seduzione narrativa. Nessun incantesimo questa volta. Dalla sua bocca solo parole di pietra, in perfetto e peloso stile politicista: «Ci riserviamo un giudizio compiuto e sgombro da preconcetti dopo aver ascoltato il discorso programmatico, da cui l’Italia si aspetta una radicale discontinuità, nel senso dell’equità e della giustizia sociale».

Ci sorge spontanea una domanda: verrà prima il default dell’Italia o quello di questa sinistra di Sua Maestà?

da Sollevazione